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1 Aprile 2019

I nostri RAGAZZI dove andranno

Il Rapporto Toniolo 2018 sulla Condizione Giovanile in Italia ha coinvolto circa 3000 giovani fra i 20 e i 35 anni. Mette in discussione l'idea stereotipata di ragazzi — amebe.
I nostri RAGAZZI dove andranno
Il mondo cambia sempre più in fretta, si sà. E cosa comporta questo per le giovani generazioni? Sapranno i ragazzi del 2020 adattarsi con gioia ed efficacia agli sviluppi tecnolocici ed antropologici, o subiranno tutto quanto con frustrazione?
Per trovare una chiave di lettura sul dove stanno andando i giovani di oggi è lettura obbligata questo libretto giallo di circa 250 pagine. Racconta il mondo dei giovani attraverso interviste ad un campione di circa 3000 ragazzi da tutta Italia, provenienti dalle più diverse classi sociali. Ecco riassunte in una slide grafica le loro risposte.


Vediamo insieme di scoprirne di piú

Come stanno i giovani italiani?

Le interviste condotte dell'Istituto Giuseppe Toniolo mettono in luce una grande apertura al cambiamento: i ragazzi sono naturalmente restii a riesumare i vecchi fossili del passato. La ricerca, alla domanda sullo stato di salute della gioventù italiana, invita a rimanere sereni: i giovani mostrano buoni livelli rispetto a tutti gli indicatori utilizzati per misurare il benessere, sia per quanto riguarda l'aspetto soggettivo, psicologico, che per quanto riguarda l'aspetto sociale, le relazioni.

Hanno un maggior livello di soddisfazione di vita i giovani che più gradiscono le regole sociali, e quelli con maggior empatia e capacità di comprendere l'altro (caratteristica che trova maggior radicamento nel Sud Italia).

Si segnala che le giovani donne italiane sono più aperte al cambiamento e meno conservatrici dei coetanei maschi, termometro di una rincorsa ad una parità di genere che ancora non è del tutto compiuta.

Scuola e università: qual è il punto?

La maggior parte degli intervistati riconosce l'utilità formativa della scuola, senza risparmiare le richieste di miglioramento. In primo luogo emerge (in tutta Europa ma in Italia in particolare, con il 62% del campione) la richiesta di rendere meno rigidi e più personalizzati i percorsi di studio. Bene il numero di ore richieste dallo studio, ma resta alta l'attenzione sulla richiesta di diminuire i compiti per casa: in testa su questo si pone la Spagna (58% del campione); l'italia è sul 49,4%.

I giovani italiani sono soddisfatti della propria scuola, ma si aspettano cambiamenti nella direzione di: una scuola didatticamente più dinamica, organizzativamente più flessibile, più ricca di proposte, con un più ampio respiro internazionale ed una maggiore apertura al mondo del lavoro.

Gli italiani sono anche severi nei confronti dei propri insegnanti, che accusano di non saper adeguatamente motivare gli studenti allo studio.

La ricerca Toniolo pone poi l'accento sull'orientamento: come fanno gli italiani a scegliere la scuola superiore? E l'università? Sono molto importanti le attività proposte dalle scuole e dagli enti; un ruolo molto importante nel proseguio degli studi resta l'accompagnamento della famiglia. L'11% in più degli italiani rispetto allo studio 2017 ha iniziato ad usare il web per scegliere l'università.

Nonostante questo resta una quota (il 26,8%) di giovani che non ha ancora la minima idea di cosa vorrebbe fare da grande, o che non si sta nemmeno ponendo il problema. Il dato di chi ha le idee chiare in Italia (22,5% del campione) è fra i più bassi d'Europa.

Quali competenze servono ai giovani per trovare lavoro?

I dati ISTAT segnalano un grave calo del tasso di occupazione per i giovani fra i 18 e i 29 anni, che crolla dal 47,5% del 2008 al 36,5% del 2016, calo ben più grave di quello che si registra per le altre fasce d'età. Il Report Toniolo si interroga su quali siano le competenze e le capacità che possono aiutare i giovani ad uscire dall'impasse. Su un campione di 2883 giovani italiani il 72,9% risponde molto o moltissimo alla domanda "quanto credi di possedere le seguenti caratteristiche?" per quanto riguarda l'onestà e la correttezza. Il 60,7% mette la crocetta sulla capacità di lavoro autonomo e il 59,6% sulla capacità di pensiero critico. Il 61,7% sulla capacità di lavorare in gruppo. Fanalino di coda è la capacità di leadership, scelta dal 40,7% dei giovani. 

Incrociando i dati emerge che i lavoratori autonomi brillano per autocontrollo e senso di responsabilità, e che questi brillano (in media del 6,3% in più rispetto alle altre categorie) per l'entusiasmo messo nelle proprie azioni.

Punto di forza resta la famiglia: se i genitori hanno la laurea aumentano tutti i fattori positivi.  Crisi nera invece per chi è disoccupato da più di 24 mesi, che vede il suo senso di autostima in tutti i settori crollare a picco.

Da segnalare una visione positiva del sé e della vita maggiormente diffusa nel Centro-Sud Italia, fattore che in generale aumenta col titolo di studio. Dallo studio emerge anche che il possesso del titolo di studio universitario è una delle chiavi di successo nella capacità di confronto con le persone che la pensano in modo diverso; allo stesso modo la marginalizzazione rispetto al mercato del lavoro comporta un crollo delle capacità di relazioni ed empatia con il prossimo.

Giovani generazioni e partecipazione politica

Molte analisi confermano la stretta relazione fra la partecipazione politica e l'attività di volontariato, e questo è vero soprattutto per i giovani appartenenti alle classi sociali più marginali.

E i sindacati, per i giovani, sono morti? Per oltre il 60% dei giovani sì: li ritengono inutili, o strumenti che sono stati utili in passato. Fra chi ancora crede nel sindacato, i ragazzi che hanno seguito solo la scuola dell'obbligo tendono a dare più importanza al sindacato come istituzione che tutela il proprio posto di lavoro; chi ha un titolo di studio chiede all'istituzione del sindacato la capacità di migliorare le condizioni di lavoro in generale.

I giovani non si riconoscono nemmeno nei partiti tradizionali: il 40,7% del campione costituisce il partito dei disaffezionati alla politica: non hanno dato la sufficienza a nessun partito e sono ad alta possibilità di astensione dal votare. Solo il 35,1% del totale dei giovani intervistati ha espresso una chiara intenzione di voto. La disaffezione apparte trasversale alle diverse tipologie di occupazione e distribuita omogeneamente nelle zone geografiche; da segnalare, fra i disaffezionati alla politica, una discreta prevalenza femminile (45,2% contro il 36,3% dei maschi).

La sfiducia nei confronti delle istituzioni riguarda un po' tutti i settori, anche per quanto riguarda quelle religiose. «La sfiducia non è solo politica, ma complessiva, conseguenza di un disagio più profondo che corrode il senso di appartenenza sociale», scrive il report.

Hate speech: i giovani cadono nella rete

Motivo del disprezzo su intenet, in Italia, tristemente, è la diversità: al primo posto (30,7%) i giovani assistono ad aggressioni per motivi religiosi, al 24,1% per le origini straniere.

Per quasi due terzi di ciascun campione nazionale in Europa l'hate speech (i messaggi d'odio che circolano nella rete) è una grave aggressione dell'altro, e questo è vero in particolare per gli italiani (il 67,2% degli intervistati del bel paese).

Quanto spesso le giovani generazioni assistono a comportamenti violenti online? Proprio in Italia i giovani sembrano essere maggiormente esposti ai messaggi di violenza, con il 23,8% di loro che assiste a messaggi violenti tutti i giorni o quasi.

E cosa fanno i ragazzi quando si imbattono in messaggi violenti all'interno della rete? Se dal vivo tendono a sentirsi impotenti di fronte alla violenza, mostrandosi incapaci di reagire, su internet l'atteggiamento cambia: il social network provoca l'intervento attivo e una reazione.
I ragazzi italiani sono i più propensi ad intervenire aiutando la vittima: il 55% contro un modesto, ad esempio, 24,8% degli inglesi.

Eppure così facendo, anche se questo non sta scritto nel report Toniolo, provocano l'aumento della circolazione dei messaggi negativi: gli algoritmi automatici di Facebook e degli altri social network premiano infatti i post che provocano maggior dibattito. L'atteggiamento corretto quando si assiste a messaggi d'odio sulla rete è quello più scontato: ignorarll. E preoccuparsi di proporre altrove modelli positivi. Probabilmente su questo i giovani vanno aiutati.

Immigrati: ecco i giovani cosa ne pensano realmente

Nel provare a comprendere il pensiero dei giovani italiani rispetto al tema dell'immigrazione, argomento da prima serata probabilmente per tutto il 2019, c'è da distinguere fra stranieri regolari e non. Se per i primi va segnalata fra i giovani una gran tranquillità di fondo, è anche vero che per i non regolari i livelli di preoccupazione sono più bassi che nel passato.

Se nel 2015 la percentuale di giovani italiani che si dichiarava abbastanza o molto d'accordo sulla capacità degli immigrati di aumentare l'insicurezza era del 66,6%, nel 2017 questo atteggiamento è sceso al 57,6%.  Analogamente cresce di un 8% (al 40,4%) la percentuale di chi considera positivamente l'apporto degli immigrati al patrimonio culturale del Bel Paese.

Nello spostare il confronto sul tema dei migranti regolari, il benvenuto agli stranieri migliora ulteriormente: dal 57,6% di preoccupati si passa ad un modesto 33,8%; la vita culturale migliora del 58%. L'ottimismo è trasversale per sesso, regione e provenienza sociale degli intervistati, e migliora in media fra i giovani con un titolo di studio più elevato.

Giovani e fertilità

Cosa consigliare alle coppie che non hanno figli? Le risposte date da un campione di 2256 persone fra i 20 e i 35 anni mostrano un grande interesse delle giovani generazioni per questo tema fortemente legato all'affettività e alla relazione di coppia. Circa il 40% degli intervistati ha conosciuto persone che hanno fatto ricorso a tecniche di fecondazione omologa; i dati mostrano come i giovani siano propensi a consigliare l'adozione, rispetto alle tecniche di fecondazione assistita. Questo sia riguardo alle coppie eterosessuali che omosessuali.


I maschi più che le femmine suggeriscono alle coppie fertili, od omosessuali, di investire più sul rapporto di coppia rispetto all'avere figli; per le ragazze invece il diventare mamma è importante, occasione di realizzazione personale soprattutto se il figlio è naturale o adottato.
Il non avere dei figli in nessun modo è correlato in tutte le statistiche riportate dall'Istituto Toniolo ad una bassa stima di sé.

Le nuove generazioni non credono più

La sensibilità religiosa dei giovani e degli adolescenti, nell'anno del Sinodo, è caratterizzata da un forte soggettivismo. Il rapporto con le comunità religiose è accettabile solo nella ricchezza delle relazioni, piuttosto che nel dover fare.

Le ragazze che si riconoscono nella religione cattolica sono il 10% in più dei ragazzi; il Sud Italia su questo fronte batte il Nord per 8 punti percentuali. Poco più di un giovane su dieci dichiara di prendere parte ad un rito religioso di qualunque tipo almeno una volta a settimana; i questionari misurano una forte discrepanza fra il numero dei ragazzi che si definiscono cattolici da quelli che effettivamente partecipano alla vita della comunità cristiana; il 60% degli intervistati dichiara che potrebbe vivere senza alcun riferimento religioso senza che questo incida in alcun modo nella propria vita, ma addirittura il 44,9% ritiene le religioni un ostacolo alla convivenza pacifica, il 41,7% le ritiene un ostacolo allo sviluppo umano. 

ragazzi riuniti in  gruppo di lavoro
Lavori di preparazione al sinodo dei giovani, tavolo di confronto


«Molti sono gli interrogativi esistenziali che i giovani si pongono, in una ricerca confusa che appare talvolta, più che ricerca di Dio, ricerca di sé e di un'armonia interiore che non sanno dove trovare», scrive il report, sposando il pensiero che in realtà i ragazzi siano alla ricerca di una trasformazione dei culti, che siano indirizzati verso una maggiore autenticità e modalità meno formali, e più personali, di vivere la fede.

Papa Francesco costituisce un caso particolare: i giovani ne avvertono il fascino. Forse una Chiesa rinnovata, dopo l'approfondimento dei Padri Sinodali, potrà riaprire un dialogo più fecondo con le nuove generazioni.