I volontari della Giovanni XXIII hanno raggiunto il crocevia centrale da cui partono i profughi diretti in Europa. Il Presidente Ramonda: «Revochiamo la decisione di fornire armi all'Ucraina»
«Leopoli si è rivelata un immenso campo profughi a cielo aperto, una città completamente paralizzata dalla presenza di decine di migliaia di persone arrivate da tutto il Paese. Nella stazione ferroviaria una folla immensa si accalca senza sosta attorno ai vagoni. In tutta la zona sono ormai del tutto esauriti i posti letto negli alberghi e nelle strutture ricettive; è pressoché impossibile trovare luoghi per rifocillarsi e un gran numero di madri, sole con i propri bambini, si trovano a dormire per strada al freddo in condizioni disumane». È il racconto dei volontari dell'Associazione di Don Benzi, che oggi hanno raggiunto la città ucraina, con l'intento di valutare i bisogni della popolazione e di lavorare all'attivazione di corridoi umanitari. Per sostenere le azioni della Comunità Papa Giovanni XXIII è stato attivato un sito web, emergenze.apg23.org
L'appello per la pace
L'appello per la pace in Ucraina è stato diffuso dall'associazioe, che ha lanciato una raccolta fime: «Nessuno, nemmeno gli uomini più importanti del mondo, hanno il diritto di fare la guerra», esordisce il documento. «Abbiamo visto i risultati della guerra con i nostri occhi», continua: i volontari dell'associazione di Don Benzi sono presenti attraverso il corpo di pace Operazione Colomba in terre di conflitto di varie parti del mondo.
Il Presidente dell'associazione di Don Benzi ha dato la disponibilità dell'organizzazione per l'accoglienza dei profughi dall'Ucraina. Molte delle richieste che arrivano riguardano l'accoglienza di mamme insieme ai loro bambini.
Intanto una delegaazione dei volontari è partita da Rimini alla volta di Leopoli, cittadina ucraina a una cinquantina di chilometri dal confine, per avviare i progetti di accoglienza.
Alla follia della guerra rispondiamo preparandoci ad accogliere i profughi ucraini nelle nostre case famiglie, famiglie accoglienti nell'Europa dell'est, nel nord Europa e in Italia . la Comunità Papa Giovanni XXIII continua a condividere la vita con gli afflitti della terra.
In molte città italiane le manifestazioni per la pace: a Napoli una lunga bandiera arcobaleno è stata portata in corteo questo pomeriggio nel centro per iniziativa del Comitato cittadini napoletani contro la guerra.
«Questi eventi non solo stanno cambiando l'assetto geopolitico del mondo a un prezzo altissimo, le vite di tanti innocenti, ma stanno cambiano anche noi stessi. Io stesso da questa mattina non sono più io, c’è qualcosa in me che mi fa sentire di aver perso, prima ancora che la guerra abbia fine».
Così la testimonianza di un missionario della Comunità Papa Giovanni XXIII in una città della Russia: «Stiamo vivendo questo momento con sgomento, incredulità e apprensione ma soprattutto con sofferenza. Le città in cui è presente la nostra comunità si trovano tutte in un raggio inferiore ai 500 km dalla zona di conflitto e per sicurezza oggi il governo ha chiuso tutti gli aeroporti nelle città in cui viviamo».
«Per il momento nel territorio russo — continua — non si ravvisano particolari pericoli ma non sappiamo come si svilupperà la situazione. Viviamo l' oggi con gli impegni quotidiani e senza cedere alle paure di quello che potrà succedere domani. Siamo preoccupati per noi e per le nostre famiglie e preghiamo il Signore perché ci preservi e ci protegga dal seme dell' odio e della divisione».
«Pregate per la pace, per noi e per queste genti che fino a qualche anno fa si chiamavano fratelli, pregate per le vittime di questo e di tutti i conflitti armati, per i profughi e per i capi di stato perché pongano fine a tanto dolore».
Preparati al peggio
Voci di altri missionari che arrivano dalla Russia: «Sono chiusi tutti gli areoporti del Sud, tra cui Volgograd, Astrakhan,Rostov eccetera. Le radio invitano i civili a fare scorte di cibo e acqua». Mentre arriva l'annuncio dell'attacco militare voluto da Putin e che ha come bersaglio reale i tentativi di occidentalizzazzione dell'Ukraina, cresce la tensione fra la popolazione russa. Lo raccontano i missionari della Comunità Papa Giovanni XXIII che vivono ad un migliaio di chilometri da Kiev: «I cittadini stranieri iniziano ad essere presi di mira, da un popolo che facilmente risponde ai richiami nazionalisti».
Ad alcuni cittadini russi (fra cui quelli nati nel '91, come è avvenuto nelle case famiglia dell'associazione di don Benzi) sono arrivate le lettere che chiamano alla riserva: non possono lasciare il Paese perché potranno essere mandati in qualunque momento al fronte.
Nelle città di Taganrot e Volgograd sfollati dall'Ucraina sono accolti per ora in alberghi.
Così scrive Mirella Zanon, dal 2006 al 2019 responsabile di una casa famiglia ad Astrakhan in Russia: «Ieri la Russia ha festeggiato una delle ricorrenze principali, eredità della Seconda Guerra mondiale: la giornata del Difensore della Patria, detta anche festa delle forze armate russe.
Oggi, quasi logica conseguenza, Mosca intraprende la sua marcia su Kiev: iniziano bombardamenti su Odessa, viene chiuso lo spazio aereo. Popoli fino a ieri fratelli ora vengono spinti ad odiarsi, nel nome del gas, nel nome del potere, nel nome del denaro».
Inascoltati gli appelli alla pace arrivati da leader religiosi, politici, e dalla società civile (leggi l'appello della Rete Pace Disarmo italiana) della confinante Europa. Papa Francesco ha chiamato ad un grande digiuno collettivo nella giornata del 2 marzo.
«Si apre poi la questione degli sfollati: la Russia è un Paese in cui già le fasce più fragili della popolazione vivono un'emergenza abitativa preoccupante», chiude Mirella Zanon che per anni ha incontrato persone senza fissa dimora in Russia.
Ed azzarda un'analisi: «L’Ucraina saluta probabilmente le sue ultime ore da stato sovrano».