Parte a
Bologna una raccolta di
aiuti umanitari per i migranti accampati lungo la
Rotta balcanica. Verranno consegnati a
Bihać, nel nord della
Bosnia verso il confine con la Croazia,
entro il mese di marzo all’Associazione Emmaus Bosnia.
Alcuni volontari, impegnati con i migranti a Lesbo e ad Atene dove è presente la Comunità Papa Giovanni XXIII, hanno raccolto il loro grido d’aiuto ma anche quello di tanti giovani bolognesi (soprattutto gruppi scout): i quali chiedono di “rimboccarsi le maniche” e di “andare in aiuto con i propri corpi”. Una sete di cammino di verità e di vita -si potrebbe dire- per liberarsi dalla prigione virtuale in cui li rinchiude ormai da 1 anno il lockdown sanitario.
A promuovere l’iniziativa -insieme alla Parrocchia della Beverara e all’associazione Percorsi di Pace- il
Portico della Pace, il libero coordinamento di associazioni comunità gruppi movimenti e singoli cittadini formatosi da qualche anno a Bologna: ‘artigiani in cerchio’ che hanno a cuore l’impegno nel campo della pace, della giustizia e della solidarietà.
Si calcola oggi in 9.000 la presenza dei migranti in Bosnia (65.000 transitati dal 2018, in fuga soprattutto da Siria Iraq Pakistan e Afghanistan) per tentare ‘the Game’. Ma è tutt’altro che un ‘gioco’ l’ingresso via terra in Unione Europea, un vero Calvario costellato di respingimenti, violenze e torture, sequestri e distruzioni di beni personali ad opera delle polizie balcaniche. Con l’ipocrita ammissione del Governo italiano, che ha “ri-ammesso in Slovenia” oltre 1000 persone nel 2020 -un trend in crescita del 400% dal 2019- in nome di un vecchio accordo bilaterale con quel Paese definito ‘sicuro’. Quando non si vuole vedere in faccia la realtà, le foto e i video che girano sui social, le inchieste giornalistiche di Avvenire e ora delle principali testate giornalistiche.
Ma ancora più invisibili, tra quei 9.000 figli ultimi e diseredati del Mondo, sono gli oltre 3.000 rimasti fuori dai pochi campi strapieni, accampati all’addiaccio nei boschi o negli squat (case e fabbriche abbandonate). In attesa di ritentare the Game, non appena l’inverno allenterà il morso.
E’ incontro a loro che cammineranno i piedi dei giovani protagonisti di questa iniziativa.
Non per l’avventura di un giorno da vivere sull’onda delle emozioni o nel sogno di grandi imprese.
Ma con l’umiltà e la serietà di provare a costruire dal basso un gesto semplice: uscire dalla trappola dell’egoismo e andare incontro a chi chiede aiuto, cibo vestiti e medicine per sopravvivere.
Per costruire un ponte tra Bologna e Bihać, su cui poi andare e tornare.
Per coltivare riferimenti relazioni e amicizie.
Per incontrare la società civile “dall’altra parte”, e tessere insieme una comunità senza muri né confini violenti.
Una società civile di cittadini partecipi e responsabili, che chiedono all’Unione Europea e ai loro Governi di smettere di voltarsi dall’altra parte, ed essere all’altezza dei compiti per i quali li hanno eletti: prima di tutto rispettare la vita la dignità e i diritti umani di chi chiede aiuto all’Europa.
Non sono altro che famiglie, bambini donne e uomini che hanno visto nell’Europa dalle “radici cristiane” la speranza di un futuro, di una vita possibile.