Attraverso le 10 lettere raccolte in questo libro e indirizzate alle persone incontrate in questi anni, l'autore traccia un percorso che invita tutti, in particolare i giovani, a mettersi al fianco dei poveri e degli esclusi, per fare il pieno di gioia.
È arrivato in libreria “La matematica dell’amore”, un libro che riesce a toccare le corde più profonde dell'essere, coinvolgendo il lettore nelle storie commoventi di tante persone messe ai margini dalla società.
«Fin da ragazzo volevo essere felice veramente – confida Luca Fortunato, autore del libro -. Ho visto che in tante esperienze il mio cuore si riempiva al massimo fino al 60%. Avevo una bella famiglia, tanti amici, eppure in me rimaneva un’insoddisfazione di fondo. Poi ho fatto amicizia con alcune persone fragili, che noi pensiamo che non abbiano niente da dare, e ho provato un’emozione fortissima: il mio cuore esplodeva di felicità. Voglio raccontare a tutti questo segreto, perché tutti lo possano sperimentare».
Attraverso 10 lettere indirizzate alle persone incontrate in questi anni, l’autore traccia un percorso che invita tutti, in particolare i giovani, a mettersi al fianco dei poveri e degli esclusi, per fare il pieno di gioia.
Luca Fortunato, che gestisce la Capanna di Betlemme a Chieti, una struttura che accoglie persone fragili, spiega così la motivazione che lo ha spinto a scrivere il libro e il perché di quel titolo così particolare:
«Ricordo che era inverno, fuori c’erano 3 gradi e io stavo accompagnando in strada un gruppetto di ragazzi tra i 16 e i 18 anni che mi avevano chiesto di unirsi all’unità di strada. Sul marciapiede, con quel freddo che ti entrava nelle ossa, vidi Marco, un uomo sulla cinquantina che avevo già incontrato qualche volta. Se ne stava lì, con la sua coperta che sembrava troppo leggera per quell’aria così pungente e troppo corta per coprire quel cartone adibito a letto.
Facendo attenzione a non spaventarlo, mi abbassai e gli sfiorai la gamba per svegliarlo, chiamandolo per nome. Come aprì gli occhi, tra le lacrime, ci ringraziò perché non ci eravamo dimenticati di lui e perché gli avevamo portato la cena.
In quell’istante mi girai e guardai quei giovani che erano con me: in modo del tutto naturale si erano inginocchiati in cerchio attorno a Marco, avevano preso i panini e stavano iniziando a condividere la cena con lui.
È un fatto matematico, se metti insieme un giovane, un povero, un disabile, è matematico che ti scoppi il cuore di gioia.
Luca Fortunato
Mi colpì come di fronte a quel corpo infreddolito, martoriato, sofferente, quei ragazzi non erano riusciti a fare a meno di mettersi in ginocchio. Pochi minuti prima, quando eravamo in chiesa per fare un momento di preghiera, quei ragazzi erano distratti e davanti al crocifisso non percepivano nulla.
Davanti a quel Cristo martoriato, flagellato, abbandonato non erano riusciti a non inginocchiarsi. Anche chi non sa niente di religione, e magari non ha nemmeno incontrato Dio, davanti al povero percepisce una potenza, sente la presenza di Cristo nel senzatetto, nel disabile, nel povero, nell’abbandonato, nel rifiutato.
Queste persone scartate, ai margini della nostra società, hanno una doppia potenza: quando il povero scopre che il Cristo ha scelto di immedesimarsi in lui, nascendo nella povertà, nell’emarginazione, nello scherno arrabbiato di una società che si rifiuta di guardarlo, in quel momento si accorge di non essere invisibile agli occhi di Dio, ma di essere stato scelto da lui. Quando avviene questa consapevolezza, nel povero esplode la meraviglia: «Solo lui, solo Dio mi può capire» e il suo cuore viene pervaso da una luce potentissima.
Dall’altro lato un giovane che non è interessato a nessun Dio, che è anticonformista, eppure non può fare a meno di mettersi in ginocchio davanti al povero.
Tornando a casa alcuni di quei ragazzi mi dissero che sentivano un fuoco dentro, come qualcosa che gli ardeva nel cuore.
Le persone a cui manca qualcosa e che noi chiamiamo povere, in realtà hanno qualcosa da dare che tutti gli altri non hanno. Manca sempre una componente che solo uno di questi fratelli che ho citato possono regalare, quasi sempre inconsapevolmente.
Mi colpì come di fronte a quel corpo infreddolito, martoriato, sofferente, quei ragazzi non erano riusciti a fare a meno di mettersi in ginocchio.
Luca Fortunato
È il miracolo della moltiplicazione, il miracolo del povero. Di fronte a queste persone quello che ci viene chiesto, oltre ai servizi materiali che servono, ma che rischiano di essere come un pane amaro, è fare prossimità. Quando riusciamo a dare tutto noi stessi, quel pane amaro, che altrimenti rischia di lasciare spazio solo a una solitudine esistenziale, si trasforma in pane dolce, che sfama, diventa presenza, partecipazione: è attraverso la relazione noi-loro che si crea una vera comunione.
Ad ognuno di noi viene chiesto, in ogni dove, di attuare questa prossimità. La presenza non è un dato che deve rientrare in qualche statistica, non è qualcosa da contabilizzare in un foglio Excel, è qualcosa che c’è o non c’è, che si può sentire e percepire realmente.
Quando la prossimità si fa concreta, avviene il miracolo del povero: quella persona, quel fratello così solo, escluso, dimenticato diventa capace di fare un miracolo per me, che in quel momento mi trovo ad essere presenza per lui e posso dare a lui qualcosa, non perché io sia migliore, ma solo perché sono più fortunato. È un fatto matematico, se metti insieme un giovane, un povero, un disabile, è matematico che ti scoppi il cuore di gioia. Non è vero solo per le persone sensibili o quelle brave. No! Tutti abbiamo la delega alla carità, non solo quelli sensibili».
Come acquistare il libro La matematica dell'amore
Il libro può essere acquistato presso le migliori librerie, oppure può essere ordinato online presso lo shop di Apg23, oppure telefonando direttamente all'editore Sempre (0442 25174) dal lunedì al venerdì in orario d'ufficio.
Luca Fortunato, originario di Barletta, è un educatore professionale e coordinatore di comunità socio-sanitarie educative. Nato nel 1981, inizia a fare volontariato a 11 anni nel suo paese e anche presso l’Unitalsi di Barletta, dove ha accompagnato gli ammalati in pellegrinaggio a Lourdes per 17 anni di fila.
Nel 2005 conosce don Benzi e poco dopo parte per lo Zambia, dove per un anno vive un’esperienza di volontariato con la Comunità Papa Giovanni XXIII. Nel 2006 inizia a lavorare in una struttura per disabili e nello stesso anno entra a far parte della Comunità di don Benzi. Dal 2008 fino al 2014 è il responsabile di una casa di pronta accoglienza in provincia di Cuneo. Nel 2009 apre una Capanna di Betlemme, sempre in provincia di Cuneo e nel 2014 accetta di diventare responsabile della Capanna di Betlemme a Chieti, dove vive e condivide la vita tutt’ora.
L’incontro con persone disabili ha forgiato tutta la sua vita, fin dalla giovinezza.
Ogni anno fa incontri di formazione per centinaia di giovani sul senso della vita, sulla prevenzione alle dipendenze, portando la propria testimonianza e questa scoperta eccezionale: se vuoi avere il cuore pieno di felicità, basta mettersi a fianco di persone disabili o emarginate. Provare per credere!