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25 Aprile 2025

25 Aprile: quella Resistenza fatta senza fucili

Lei era solo una bambina, ma testimonia la speranza e il coraggio della Resistenza
25 Aprile: quella Resistenza fatta senza fucili
Foto di Archivio ANPI Nazionale
L'ombra del fascismo e del nazismo venne spazzata via dalla Resistenza Italiana ottant'anni fa. Oltre i caduti e gli spari, lontano dai fucili, c'era chi resisteva come meglio poteva. Questa è una storia tramandata dalla campagna Veneta di cui nessuno ha mai scritto, una storia di chi ha mostrato coraggio e ci ha donato speranza.
Ottant'anni fa la Resistenza liberò l’Italia da una lunga oppressione. Ma quell’ombra non proveniva soltanto dall’esterno, dalla feroce invasione delle SS e della Wehrmacht tedesche; essa era anche un’opprimente ombra interna: il fascismo della Repubblica Sociale Italiana. In vent’anni il fascismo ha scavato nella costituzione italiana e ha oscurato con la paura i diritti del popolo e la democrazia. Ma alla fine la resistenza vince sempre. Il 25 Aprile del 1945 quel buio, quelle ferite, quel sangue trovarono sollievo in una nuova Italia, fondata su pace e libertà. I Partigiani italiani che hanno perso la vita negli anni della Resistenza sono stati più di 50mila, ma storicamente è complesso determinare con precisione il vero numero delle vittime, tra soldati e civili, donne e uomini, uccisi, torturati o deportati nei Lager – tra quest'ultimi anche il mio nonno paterno, che, liberto dagli alleati, non parlò mai di quello che visse e che vide. 

La resistenza senza armi, una storia dimenticata dai libri 

Oggi però, oltre a ringraziare chi ha sacrificato la vita lottando per la speranza di un’Italia libera, non vorrei parlare solo di guerra e caduti. Oggi vorrei raccontarvi della resistenza lontana dai combattimenti d’armi e dalle stragi, più modesta e apparentemente silenziosa. È la resistenza delle campagne dimenticate dai testi di storia, dove il ricordo passa solo attraverso il racconto, da una generazione all’altra. Nel profondo Veneto pianeggiante, dove l’organizzazione della Resistenza partigiana era debole, le persone resistevano a loro modo. Quindi vorrei raccontare di quella resistenza combattuta e trasmessa attraverso le armi più potenti che tutti possiamo usare: il coraggio e la parola.
Donne partigiane italiane che festeggiano, indossano la spilla con la stella rossa, simbolo della Resistenza partigiana.
Foto di Archivio ANPI Nazionale
 
Agnese Rossini aveva solo 10 anni il 25 aprile del 1945, viveva a Bonavigo (provincia di Verona) con la sua famiglia, in una casa di campagna. Lei la guerra e la violenza fascista le ha vissute attraverso gli occhi di bambina. Tuttavia i ricordi di quegli anni sono rimasti impressi nella sua mente e nel suo cuore: la paura e la cattiveria delle milizie nere, che arrivavano a saccheggiare le case, la resistenza della sua famiglia antifascista, l’incarcerazione di sua zia, Maria Rossini, partigiana di Bonavigo che fu imprigionata e torturata dalle squadre fasciste veronesi (una tra le 4653 partigiane italiane a cui capitò lo stesso). Immersa in tutto questo, Agnese non salvò l’Italia e non lottò con le armi, ma il suo ruolo fu ugualmente importante.


Io lo so bene, perché Agnese Rossini per me era nonna Gianna, madre di mia madre, e lei, fin da quando ero bambina, mi raccontava, con tutte le sue emozioni, il coraggio, la speranza, e la paura di quegli anni che le segnarono l’infanzia.
Mi raccontava di quando la incaricavano di portare messaggi con dei biglietti, perchè i bambini sfuggivano più facilmente ai controlli. Mi raccontava di quando Zia Maria restò imprigionata per mesi, perchè faceva parte della Resistenza insieme al fidanzato (a cui spararono per strada all'età di 23 anni). Mi raccontava di quel giorno in cui i soldati fascisti entrarono a casa sua, vestiti di nero, e puntarono una pistola alla fronte di suo nonno Simone. Pretendevano le loro provviste e la loro obbedienza. Ma lui mantenne lo sguardo fisso su quella camicia nera e iniziò a gridargli di andarsene, poi alzò la mano tesa e ferma davanti a sè e gli disse «Guarda, io sono fermo mentre a te tremano le mani».
Ecco il coraggio che vince la paura. Ecco che davanti alla Resistenza, davanti alla speranza, la paura con cui le camice nere volvano soffocare il popolo italiano, torna a loro indietro. E le loro mani tremano. Quella pistola non sparò, perché poche parole avevano vinto contro la sua violenza.
Alcune foto conservate dalla mia famiglia: la famiglia di Agnese a Bonavigo (VR), a cavallo tra anni '30 e '40 (Agnese è una delle due bambine in basso a sinistra), il ritratto del nonno Simone; la zia partigiana, Maria Rossini, con le due figlie maggiori di Agnese, anni '60; il ritratto di Agnese da giovane appena dopo la guerra.
Foto di Anna Marconcini

Nelle nostre mani: il ricordo, il coraggio e il dono della libertà da proteggere

Molti civili impugnarono i fucili, molti però non lo fecero e resistettero in altri modi, in molti morirono in ogni caso, anche in quelle pianure dimenticate dai libri di storia. Il ruolo di tutti gli italiani che resistevano senza armi, come Gianna e la sua famiglia, non è stato solo quello di portare messaggi, o aiutare i partigiani, dargli da mangiare quando restavano nascosti nei fossi di campagna, ma è stato anche quello di rifiutarsi di essere complici e, dopo la liberazione, di trasmettere il ricordo, di trasmettere il significato della libertà e la responsabilità che essa porta.
Gianna compì il suo dovere, trasmise tutto questo alle sue figlie e poi ai suoi nipoti. Ci insegnò che la libertà è un dono che va protetto e che il coraggio vince sempre, anche quando il buio sembra coprire ogni cosa, lei lo aveva visto con i suoi occhi. 
Il fiore del partigiano è il Papavero. Simbolo degli ideali e del sangue versato dalla Resistenza, ma anche una denuncia per le troppe morti della guerra, nei campi di battaglia.
Oggi tocca a noi farci veicolo di un messaggio, tocca a noi essere fieri di mantenere viva la loro storia, la loro speranza e la loro voce attraverso la nostra.
Vincendo contro la paura nera del fascismo, i partigiani hanno conquistato la libertà e ce l’hanno donata. Nelle nostre mani, adesso, c’è anche la responsabilità di non dimenticare quel coraggio e quella volontà tenace di democrazia e giustizia che diete vita al nostro Paese.
Quindi, in questo giorno di rinascita e per sempre, vi invito a parlare, gridare, scrivere o cantare ricordando chi ha lottato per rendere libera la nostra voce e l’Italia.