Martedì 3 settembre verrà inaugurata la Mostra fotografica "Dall'amore nessuno fugge"" sulle realtà delle Comunità Educanti con i Carcerati promosse dalla Papa Giovanni XXIII e sull'esperienza Apac - Associazione di protezione e assistenza condannati - che dal Brasile si è diffusa in 22 stati del mondo.
Alla conferenza stampa di presentazione interverranno Emma Petitti, presidente dell'Assemblea legislativa, Giorgio Pieri, coordinatore delle Comunità educanti con i carcerati (Cec), e Roberto Cavalieri, garante regionale detenuti della Regione Emilia-Romagna.
Dal 3 al 13 settembre, dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle 18, la mostra sarà visitabile a Bologna presso la sede dell'Assemblea Legislativa dell'Emilia Romagna in via Aldo Moro 50. Durante la mostra saranno presenti volontari, operatori e recuperandi che, come una biblioteca vivente, parlando di se stessi presenteranno questa realtà, unica nel suo genere in Europa.
Giovedì 12 settembre alle ore 16 si terrà il convegno in cui affrontare il tema dei percorsi alternativi al carcere. Dopo i saluti di Emma Petitti della Regione e Matteo Fadda, presidente della Papa Giovanni, interverranno: Andrea Ostellari, sottosegretario alla Giustizia, Debora Serrachiani, deputata membro della Commissione Giustizia, Giulio Segatta, magistrato di sorveglianza di Trento, Roberto Cavalieri, garante regionale detenuti della Regione Emilia-Romagna, Giorgio Pieri, coordinatore dei Cec.
Nel corso del convegno ci saranno testimonianze dei detenuti che stanno scontando la pena presso le realtà della Comunità di don Benzi. Il convegno sarà moderato dal giornalista Giorgio Paolucci.
«Questa mostra – spiega Pieri – ed il relativo convegno nascono da un incontro ad una cena di beneficenza con una consigliera regionale e poi dalla visita presso le nostre comunità a Rimini della Presidente Petitti e del Garante regionale per i detenuti».
«Questi sono luoghi dove è possibile espiare la pena in modo utile. Il problema del sovraffollamento del carcere è causato dall'elevato tasso di recidiva dei carcerati. Il 75% di coloro che escono dal carcere tornano a delinquere. Pertanto il modo più efficace per affrontare il sovraffollamento è abbassare la recidiva. Ed è quello che noi facciamo nelle nostre comunità dove la recidiva è del 15%».
«Il nostro è un percorso che risponde ad una forte richiesta educativa. I detenuti devono guardare sia le ferite che hanno provocato per i delitti commessi, sia le proprie ferite che li hanno portati a delinquere. Il percorso rieducativo fa andare a ritroso nel proprio passato per capire le ragioni che hanno portato alla devianza. A volte possono essere violenze subite, disagio sociale, problemi con i genitori. Tutto questo per iniziare una vita nuova».
«Chi viene da noi deve farlo su base volontaria, deve scegliere di svolgere un percorso educativo. Un detenuto deve dire: «Voglio essere aiutato a rimuovere in me la parte di delinquente». Nella nostra esperienza incontriamo tanti detenuti che non ci scelgono, decidendo di rimanere in carcere, perché si tratta di un percorso impegnativo».
«Lo ripeto. Alle vittime ed alla società dobbiamo garantire l'abbattimento della recidiva, la tendenza a commettere di nuovo dei reati. Solo così si interrompe quel circolo vizioso che porta le persone ad uscire dal carcere per poi tornarci».