Ucraina e Siria. Tra i due conflitti ci sono diversi parallelismi, la distruzione operata dalle armi russe in Siria è la stessa che si sta perpetrando in Ucraina: Mariupol è stata soprannominata l'Aleppo Ucraina.
Abdullah ha 35 anni e viene da Homs, in Siria. Studiava letteratura Araba all’Università, era al terzo anno quando è stato costretto a fuggire in Libano con la famiglia.
È stato in Libano 8 anni 7 mesi e 22 giorni. Ha colto poi al volo l’opportunità di venire in Italia con un corridoio umanitario il 25 settembre 2019. È stato a Roma per un anno e mezzo, ha imparato l’italiano e ha seguito un corso di mediatore culturale con la Comunità di Sant’Egidio.
E dopo si è trasferito a Lecce, perché ha una borsa di studio all’Università del Salento in mediazione linguistica, e per amore.
Nella narrazione che i media ci hanno fatto della guerra in Siria l’abbiamo sentita come una cosa molto più lontana del conflitto in Ucraina.
È stata, ed è raccontata in maniera discontinua e frammentaria, tanto che un appello dello scorso 20 marzo dell’UNHCR, l’Agenzia dell’ONU per i Rifugiati esorta a non dimenticare le necessità sempre maggiori dei rifugiati e degli sfollati siriani, a undici anni dall’inizio della crisi.
La Siria rimane la più grave crisi mondiale per numero di persone costrette alla fuga. Più di 13 milioni di persone sono fuggite dal Paese o sono sfollate all’interno dei suoi confini.
Oggi invece la guerra in Ucraina ha – giustamente – ogni attenzione mediatica e l’apertura all’accoglienza dei profughi non è mai stata messa in discussione.
La distruzione operata dalle armi russe in Siria è la stessa che si sta perpetrando in Ucraina
Tra i due conflitti oltre alla grave crisi umanitaria ci sono diversi parallelismi, la distruzione operata dalle armi russe in Siria è la stessa che si sta perpetrando in Ucraina, tant’è che Mariupol è stata soprannominata l’Aleppo ucraina. La Russia ha sostenuto l'amministrazione del presidente siriano Bashar al Assad sin dall’inizio del conflitto nel 2011 con aiuti militari e dal settembre 2015 con un intervento militare diretto in territorio siriano.
Abbiamo chiesto a Abdallah cosa prova oggi, di fronte alle immagini che arrivano dall’Ucraina.
«Noi che l’abbiamo vissuta, che siamo diventati profughi, che abbiamo sofferto, siamo le persone più vicine alla guerra. Nessuno meglio di noi può capire cosa provano gli ucraini in questo momento. Non ho amici ucraini ma vedere tutte le persone costrette a lasciare la propria casa mi fa tornare con la mente al 2012, a quello che è successo a noi quando siamo stati costretti a scappare. Noi non avevamo neppure sirene e non avevamo il tempo di andare a nasconderci nei rifugi: le sirene sono attivate dall’esercito, dallo Stato, è uno strumento in possesso degli Stati per proteggere i propri cittadini. Quando è il tuo Stato che fa la guerra contro il suo stesso popolo nessuno ti avvisa che ti sta per bombardare, non esistono rifugi. C’è un tempo piccolissimo che va dal momento in cui il razzo parte a quello in cui arriva. Senti il bombardamento ma si tratta di 5 secondi, sai che arriverà ma non puoi fare nulla. L’unico allarme che avevamo era quello del razzo che parte o il rumore degli aerei.»
«Non è una guerra tra il bene è il male. È una guerra, punto.»
Molti media riportano che ci sono diversi siriani che si arruolano per combattere in Russia, addirittura per recarsi in Russia e poi in Ucraina non hanno bisogno neppure di passaporto e di visto. Oppure vanno in Ucraina, come "foreign fighters", a combattere per la parte Ucraina. Ce lo spieghi?
«È evidente che c’è un utilizzo politico dei siriani, e non è la prima volta che vengono inviati a combattere. Sono stati mandati in Libia, sono stati mandati in Arzebaijan, in altre guerre, perché vengono utilizzati da tutti quei paesi che in questo momento combattono in territorio siriano, come la Turchia, la Russia. Vengono utilizzati come “carne da macello”, al posto dei loro soldati.
La Siria è sotto un’occupazione politica. Questo si unisce alla povertà estrema del paese, per cui è facilissimo utilizzare le persone per combattere, per fare qualsiasi cosa. La Russia, la Turchia, l’Iran si sono spartiti la Siria e loro comandano, di fatto. Povertà e controllo di queste potenze straniere fanno sì che sia molto facile che succeda ciò che sta succedendo oggi.
La guerra in Ucraina non è la guerra dei siriani. Oggi gli ucraini stanno soffrendo per la stessa causa per cui hanno sofferto i siriani, ma questo non vuol dire che bisogna andare a combattere per quel paese: non è la tua guerra.
Io vorrei che passasse un messaggio: i siriani non sono divisi in 2 categorie, chi combatte con Putin e chi combatte contro Putin. Ci sono tantissimi siriani che non accettano tutto quello che sta succedendo, dunque questa divisione non esiste.»
Anche la narrazione di questa guerra “a due categorie”, il bene contro il male…
«Non è una guerra tra il bene è il male. È una guerra, dove c’è un aggredito e un aggressore, punto. Ci sono persone che soffrono da ambedue le parti.
Il male non è mai assoluto. Non si può “disumanizzare la guerra” e dividere in buoni e cattivi, non è mai così. Tra uccidere e morire c’è una terza via, quella di chi dice no alla violenza. La guerra in Siria non è mai finita, ma dentro di me la guerra è finita perché non si può continuare a vivere tutta la vita in guerra. Certo guardando le immagini dell’Ucraina mi si aprono tutti i ricordi. Molti amici italiani mi chiedono infatti cosa vivo, come sto. Ma perché dobbiamo vivere sempre in questo circolo vizioso?»
Cosa produranno le armi UE in Ucraina?
La Nato che non è solo Stati Uniti ma è Europa sta armando l’Ucraina. Quali saranno secondo te le conseguenze di questa scelta?
«Le armi sono il fallimento della politica estera dell’Unione Europea. E anche interna. È come se agli ucraini fosse stata firmata una delega, per fare questa guerra di logoramento contro la Russia. Magari gli ucraini reggeranno la guerra a lungo, porteranno perdite ai russi, ma quali saranno i risultati? Le città distrutte, i profughi, i bambini senza famiglia… ecco i risultati. La risposta dell’Unione Europea non può essere solo questa.»
Quali possono essere le conseguenze di armare non solo l’esercito ma anche i civili, i corpi paramilitari?
«Ci sarà una società molto divisa, come è successo in Siria: in Siria c’erano tante milizie che ubbidivano a chi li finanziava, ognuno con una propria idea politico-religiosa. Con divisioni enormi anche tra il popolo, perché alla fine chi paga comanda. Non sorprendiamoci se ci saranno Jhadisti anche in Ucraina. Già ieri ho visto un video in cui i ceceni stanno combattendo al grido di “Allah U Akbar” e sono rimasto molto colpito. Questo è pericolosissimo: se succederà non ci sarà più un paese, l’Ucraina, ma tante fazioni che si fanno guerra tra loro.»
La Siria oggi per i nostri media è un conflitto “normalizzato” di cui si sa poso o nulla… qual è la situazione?
«Siamo di fronte a un Paese completamente distrutto, con una crisi economica senza precedenti. Un paese in cui 12 milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie case e 6 milioni sono i profughi fuori dal Paese. La guerra non è certamente finita. Ci sono ancora gli attori armati, forse sono finite solo le operazioni militari grosse. Una settimana prima che la Russia invadesse l’Ucraina ha bombardato una scuola nel nord della Siria e sono morti 12 bambini, ma questo non fa notizia.
Noi non sappiamo cosa ne sarà del nostro Paese: non c’è una soluzione politica, non c’è una soluzione militare. Ma gli attori coinvolti sono tutti contenti di questo impantanamento. I regimi sono contenti, ma anche l’opposizione politica. Gli unici a soffrire sono i milioni di civili siriani. Il sogno di questi milioni di persone è tornare a casa, ma non possono farlo perché ci sono le milizie, c’è il regime che arresta tortura uccide. È un paese governato dai servizi di sicurezza.»
Ecco, questa è la Siria oggi.