«L'affido è anzitutto un'alleanza tra famiglie, è un meraviglioso sostegno temporaneo al bambino e alla famiglia d'origine, perché alla fine, se possibile, ci possa essere una riunificazione familiare. Questo è un patrimonio, caratteristico del nostro Paese, che va potenziato». È quanto ha dichiarato ieri Matteo Fadda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, in merito alle anticipazioni sul disegno di legge del governo in materia di tutela dei minori in affidamento, poi effettivamente approvato dal Consiglio dei Ministri.
«Dalla lettura della bozza del testo di legge – continua Fadda – emerge principalmente la volontà di controllo da parte del Governo, tanto da proporre la creazione di un registro, nel quale dovrebbero essere iscritte anche le famiglie affidatarie, per richiedere dati di cui le Regioni sono già in possesso. Nelle linee guida approvate il mese scorso dalla Conferenza Stato-Regioni emerge la necessità di una maggiore attenzione sia al sostegno alle famiglie d'origine per prevenire gli allontanamenti sia alle verifica dei tempi degli affidi. Giuste intenzioni, ma il problema è che se le Regioni non le recepiscono e non investono risorse allora rimangono solo belle parole».
Fadda ribadisce infine che «la risposta ad un bambino in difficoltà, qualora non sia stata possibile la permanenza nella propria famiglia, sia quella di offrirgli un'altra famiglia capace di accoglierlo e curare le sue ferite. Pertanto auspichiamo un disegno di legge proiettato verso la promozione, il sostegno alle famiglie ed ai Servizi sociali che devono attuare gli affidi».
Il ddl a firma Roccella e Nordio approvato ieri dal Consiglio dei Ministri ha molti aspetti che impensieriscono l'associazionismo. Sui dettagli abbiamo sentito Valter Martini, esperto di affido della Comunità Papa Giovanni XXIII.
«Nel testo del ddl il termine Istituti di assistenza pubblici o privati e istituzionalizzazione ricorre 13 volte. Ma gli istituti non dovrebbero essere stati chiusi con la legge 149/2001 che ne prevedeva il superamento entro il 31 dicembre 2006 attraverso l’affidamento ad una famiglia o l’inserimento in una comunità di tipo familiare? Se ancora ci sono delle realtà che mantengono le caratteristiche degli istituti dovrebbe essere imposto dagli organi competenti la loro conversione nelle diverse tipologie previste dalle nuove Linee nazionali sui Presidi socio assistenziali da poco approvate dalla Conferenza Stato-Regioni. O forse, invece, siamo verso la riproposizione da parte del Governo degli istituti di assistenza preferibili alle famiglie affidatarie?
Poi, nel testo del ddl si scrive di affidamento agli istituti o di comunità affidatarie. È indispensabile, in un testo di legge, non confondere le famiglie affidatarie con le Comunità. Nel caso di famiglie o singoli si parla di affidamento e per le comunità di tipo familiare o - meglio - Presidi socio assistenziali si parla di inserimento. Su questi temi occorre più attenzione.»
«Il ddl prevede la costituzione di un Osservatorio nazionale sugli istituti di assistenza pubblici o privati, sulle comunità di tipo familiare e sulle famiglie affidatarie presso il Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri
Ma proprio in questi giorni è in discussione nell’aula della Camera il disegno di legge 1532 ter che ha come prima firmataria il Ministro del lavoro, che prevede la costituzione di un Tavolo di lavoro in materia di interventi di integrazione e inclusione sociale sui minori fuori famiglia, sui minori affidati e in carico ai servizi sociali territoriali e sui neomaggiorenni in prosieguo amministrativo con funzioni di supporto, di monitoraggio, di valutazione e di analisi degli interventi di integrazione e inclusione sui minori fuori famiglia, sui minori affidati e in carico ai servizi sociali territoriali.
Due organi con le stesse funzioni incardinati a due Ministeri diversi. Forse occorre un chiarimento sulle deleghe in tema di minori fuori famiglia da parte della presidente del Consiglio. Ma non c’è già un Osservatorio Nazionale sull’Infanzia e l’adolescenza che potrebbe occuparsi di queste questioni?»
«C’è una domanda che inquieta più di tutto e che sembra trasparire da questo ddl: ai nostri ministri cambia qualcosa se un bambino che non può stare temporaneamente nella sua famiglia sia affidato ad una famiglia o piuttosto collocato in una struttura di accoglienza o come scrivono in un istituto di assistenza? Sembra che quello che preoccupa è solo di sapere dove sono.
Perché se si fosse convinti che la risposta ad un bambino in difficoltà fosse quella di dare prima di tutto un’altra famiglia capace di accoglierlo e curare le sue ferite, allora avremmo un disegno di legge tutto proiettato verso la promozione, il sostegno alle famiglie ed ai Servizi sociali che devono attuare gli affidi. Ma di tutto questo non c’è traccia.
L’attesa che le famiglie e gli operatori dei servizi di tutela dei minori si aspettano in merito ai minori fuori famiglia è quello di rendere effettive su tutto il territorio nazionale le nuove Linee nazionali sull’affido e sull’accoglienza nei servizi residenziali approvati dalla Conferenza Stato Regioni in data 9 febbraio 2024».