Personale del Pronto soccorso, operatori del 118, e al terzo posto medici e infermieri dei reparti di psichiatria. Sono tra i luoghi in cui da Napoli a Venezia, da Modena a Pescara, Genova, Foggia, Roma continuano le aggressioni al personale sanitario. Circa 50 segnalazioni al giorno, negli ultimi mesi. Il 72% dei professionisti sanitari italiani aggrediti è donna. I dati emergono dall’indagine dell’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi), insieme all’Unione medica euromediterranea (Umem).
Già nel 7° Rapporto della Fondazione GIMBE pubblicato lo scorso ottobre erano state evidenziate le criticità del Servizio Sanitario Nazionale in Italia, in particolare le carenze a livello economico e organizzativo che mettono a rischio il diritto alla salute, in particolare per le fasce più vulnerabili
La spesa pro capite italiana è infatti inferiore di circa 889 euro rispetto alla media dei paesi OCSE membri dell'UE, con un gap complessivo di 52,4 miliardi di euro. La spesa privata a carico delle famiglie è aumentata del 10,3% negli ultimi anni, causando lo scorso anno la rinuncia alle cure per circa 4,5 milioni di persone.
Inoltre, secondo il rapporto, dal 2019 il SSN ha perso più di 11.000 medici, un problema aggravato da bassi stipendi, turni estenuanti e poche opportunità di carriera, che spingono molti verso strutture private o verso l'estero e ha messo in luce anche gravi problematiche quali il burnout, lo stress e la crescente demotivazione tra i professionisti. I più colpiti gli infermieri, tanto che oggi, con 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, l’Italia è ben al di sotto della media europea (9,8).
Non stupisce perciò che anche pazienti e familiari risentano di queste criticità.
La linea dura del governo su chi se la prende proprio con le categorie più in difficoltà negli ospedali e nelle ambulanze di recente è stata la risposta forte all’uso della forza.
Il governo è corso infatti ai ripari col recente decreto legge n.137 del 1° ottobre 2024 che prevede misure più rigide per contrastare la violenza contro i sanitari. Tra le novità, è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza per gli aggressori e sanzioni più severe per i danni alle strutture sanitarie. Fino a 5 anni di carcere e 10 mila euro di multa in caso di danni a strutture, se il fatto è commesso da più persone la pena è aumentata. Obbligo di arresto in differita in caso di aggressioni a danno del personale sanitario.
Ma ci sono aziende ospedaliere che hanno reagito con altre strategie per promuovere un ambiente lavorativo sicuro e scegliere la via del dialogo come strumento di gestione dei conflitti. Non solo quindi dispositivi di videosorveglianza e pulsanti d’emergenza nei reparti più a rischio, come i Pronto Soccorso e i servizi di Salute Mentale.
Gli episodi di aggressioni al personale sanitario anche negli ospedali e servizi di Modena, come in altre parti d’Italia, sono aumentati in modo significativo nel periodo post-pandemico, con una media di quasi un’aggressione al giorno.
In risposta, Modena ha adottato una serie di azioni a sostegno del personale sanitario e di misure di prevenzione e sensibilizzazione, coinvolgendo sia le autorità locali sia le direzioni ospedaliere.
Massimo Brunetti, Direttore del Servizio Comunicazione e Promozione della salute della USL di Modena, ci ha spiegato come l’azienda cerchi di occuparsi del benessere dei professionisti della sanità che si trovano a lavorare di frequente in situazioni di stress e di sfiducia dei cittadini. «Come azienda sanitaria stiamo lavorando attivamente sul tema della gentilezza. Sia con azioni rivolte agli operatori, sia con azioni rivolte ai cittadini, intendendola come una chiave di lettura del fenomeno della violenza sia contro i nostri operatori, sia nella società in generale. Uno dei progetti con i nostri operatori sanitari è quello della mindfulness, attraverso una importante rete formativa, in cui gli operatori durante il loro orario di servizio vengono formati a questa pratica per la consapevolezza di sè. I corsi sono molto apprezzati dai professionisti che ritengono questo tipo di strumento molto utile per riuscire a gestire la tensione e lo stress che le attività quotidiane portano ogni giorno. Accanto a questo progetto, abbiamo attivato molte altre progettualità mirate al benessere dei dipendenti».
A Modena, nel 2024, l'integrazione tra il settore sanitario e quello dell'istruzione è diventato strategico grazie alla rete di scuole per la promozione della salute, un’iniziativa che offre programmi di educazione alla salute, alle abitudini sane e il coinvolgimento attivo della comunità scolastica.
Massimo Brunetti fa anche parte del coordinamento scientifico del progetto “Scuola delle emozioni” che vede coinvolti un gruppo di docenti, dirigenti ed esperti dell'Azienda sanitaria Usl di Modena, della Direzione Didattica di Pavullo, degli Istituti Comprensivi di Fiorano, Modena, Soliera e Nonantola e del CEIS. Una importante occasione di incontro con le nuove generazioni - che saranno gli adulti di domani -, con i docenti e i genitori per costruire fiducia reciproca, consapevolezza e gestione delle proprie emozioni, e gentilezza. «Crediamo fortemente che si possa avere una società gentile e organizzazioni gentili, in cui i bisogni delle persone diventano diritti. Per questo la strada che stiamo percorrendo è quella delle emozioni, iniziando dai bambini e dalle loro famiglie. Abbiamo creato la “Scuola delle emozioni”, iniziando dalle scuole dell’infanzia e primarie, con un lavoro comune con gli insegnanti e con le famiglie, facendo formazione sul tema della gentilezza, dell’ascolto e del rispetto, della prossimità interpersonale». Un percorso di educazione integrata che nelle classi mette al centro le emozioni ma anche il corpo per raggiungere il benessere psico-fisico della persona.
La "strategia della gentilezza" in buona sostanza per creare ambienti sanitari più positivi e costruire, a partire dai bambini e dai ragazzi, rapporti di fiducia tra aziende sanitarie, scuole e famiglie.