Centinaia di casi di avvelenamenti nelle scuole; mentre continuano le proteste nel Paese, la scrittrice fuggita in Italia attribuisce le responsabilità al Governo iraniano e alla sua Guida suprema.
Intervistando Azam Bahrami capisco la forza della protesta delle donne iraniane, che non hanno paura della morte. «Non hai paura delle conseguenze che potrebbero avere le tue dichiarazioni?», le chiedo. «No. Sono una rifugiata politica dal 2011 e ho una responsabilità», mi risponde. Mi scrive, senza mostrare preoccupazioni o prendere precauzioni; mi invia degli audio tramite WhatsApp, da una città del Nord Italia.
Mi sembra di entrare in quella stanza di Teheran, dove da qualche parte una adolescente iraniana si sta guardando allo specchio, lascia cadere il velo dal capo, infila nella tasca dei jeans il telefonino, saluta la made e scende per strada. Nessuno, nemmeno la morte, la spaventa, ed il Governo non potrà fermarla.
Azam Bahrami ha studiato fisica in Iran ed è stata più volte arrestata nel Paese asiatico per le sue attività politiche; il suo ultimo libro è: «I bottoni del mio vestito sono ancora chiusi». Le domando di aiutarmi a comprendere gli avvelenamenti di alcune centinaia di bambine e ragazze che sono avvenuti nelle scorse settimane in Iran; mi regala una sua interpretazione molto chiara della realtà.
Fa parte dell'associazone Karoun (dedicata a Karoun Hajizadeh, bimbo ucciso insieme al padre scrittore; leggilo sulla radio libera Radio Farda), che collabora con le Nazioni Unite nello scrivere rapporti sulla situazioni dei minori in Iran. Collabora come freelance con siti e giornali.
Gli avvelenamenti delle bambine nelle scuole iraniane
«Ti racconto quello che sta succedendo nelle scuole iraniane. Il primo attacco chimico è avvenuto in una scuola superiore d'arte in una città tra le più religiose del Paese, Qom, il 22 novembre. Sono state coinvolte 18 ragazze, il direttore della scuola e alcune insegnanti. Si lamentavano sui social media di attacchi respiratori inspiegabili e di non riuscire più a camminare per problemi al sistema nervoso. È morta avvelenata una bimba (Fatemeh Rezaei, 11 anni, nda). I media hanno attribuito il suo decesso alla presenza di un'altra malattia precedente».
La città di Qom, a 150 chilometri da Teheran, è un importante centro degli studi religiosi sciiti in Iran.
«Da quel giorno ci sono stati altri attacchi in altre scuole con varie fasce d'età, tutte femminili. Il sindaco della città ha negato dicendo che sarebbe stata una montatura di alcuni genitori; il direttore della sanità cittadina ha parlato di una fobia, definendo l'allarme un problema psicologico.
Oggi si contano avvelenamenti inspiegabili in più di 20 scuole. Solo tre giorni fa (il 28 febbraio, nda), c'è stata la notizia di attacchi anche in una residenza dell'università di Teheran, con la richiesta poi rivolta alle studentesse di tornare a casa».
Il giornale Il Guardian riporta che la causa degli avvelenamenti potrebbe essere un debole agente organofosfato.
Il primo marzo in una città al confine con la Turchia quasi 200 studentesse sono state portate in ospedale. E altri casi di avvelenamento si sono ripetuti a Teheran.
I rapporti ufficiali sui fatti non coincidono con quelli dei genitori e delle studentesse; questi parlano di un odore strano che porta alla nausea e a problemi respiratori, simile all'odore di arancia o di pesce marcio. Il canale Telegram del sindacato delle maestre ha pubblicato un appello definendo questo attacco come chimico».
«Il 14 febbraio i genitori si sono riuniti davanti al governatorato della città di Teheran per "chiedere spiegazioni". A proprio rischio. Urlavano che Ali Khamenei (la Guida suprema dell'Iran, nda) è un assassino e che il governo è responsabile».
I genitori delle studentesse avvelenate oggi a Teheran hanno un'idea chiara di chi è responsabile di questi attacchi terroristici chimici contro l'istruzione femminile.gridano: "Morte alla Repubblica islamica" e "Morte a questo regime che uccide i bambini".#iran_revoluzionepic.twitter.com/0ZwHaBv4Yd
Continua Azam Bahrami: «E non solo le studentesse, ma anche le maestre, il personale di servizio e il personale sanitario che voleva aiutarle, hanno subito avvelenamenti».
Le proteste delle studentesse in Iran
Dal 16 settembre 2022, con la morte della giovane ventitreenne Mahsa Amini, le proteste femminili per il riconoscimento dei diritti delle donne stanno continuando ad infiammare il Paese. Avvenire riporta, in occasione del primo anniversario dell'evento, l'arresto di quasi 20.000 manifestanti; molti di questi sarebbero stati già rilasciati, secondo il Governo.
Ma Azam Bahrami denuncia: «Molti degli studenti arrestati non riescono a parlare con i propri genitori. Non hanno un avvocato; le famiglie vengono minacciate di ritorsioni nel caso dovessero rilasciare interviste ai media. Alcuni studenti dopo la liberazione si sono suicidati; altri non hanno avuto il permesso di tornare a scuola».
«Le scuole medie e superiori del Paese sono state fra i primi luoghi di protesta. Alcune scuole hanno cacciato, durante le loro visite di routine, i portavoce del ministero dell'educazione e dell'esercito; i giovani hanno coinvolto anche alcuni insegnanti e genitori nelle proteste. Proprio in queste scuole hanno iniziato ad avvenire gli strani avvelenamenti».
I genitori di figlie femmine si dividono
«I genitori con figlie femmine, di fronte all'enigma se continuare a mandarle o meno a scuola, si trovano di fronte a due possibili opzioni. Alcuni decidono di continuare a mandare le loro figlie a scuola perché temono di non riuscire a dare loro un futuro. Altri genitori invece scelgono di tenerle a casa, perché temono per la loro vita, anche nelle città dove non ci sono stati ancora degli attacchi chimici».
«Secondo la legge, il Governo ha il dovere di intervenire in situazioni di crisi nominando un commissario (il Vicepresidente), chiedendo pareri ai ministri competenti. Tuttavia, fino ad oggi il Parlamento non ha fatto nulla per coinvolgere il Ministero dell'Istruzione o della Sanità pubblica nel capire il da farsi; non è stato presentato alcun report sugli avvelenamenti da parte del governo. Alle famiglie non vengono date indicazioni».
Una rete di connivenze attorno al Governo iraniano
«Abbiamo avuto notizia della collaborazione fra alcuni direttori delle scuole ed il Governo, per ottenere l'omertà degli studenti. Alcuni giovani sono stati minacciati e segnalati ai servizi segreti per aver istigato altri studenti alla protesta. Il direttore di una scuola si è comportato come spia del Governo».
«Inoltre, il sindacato delle insegnanti denuncia minacce alle studentesse. Sarebbero stati mostrati a bambine e ragazze dei video pornografici in classe, dicendo loro che sarebbero state punite se avessero continuato a criticare il Governo o se avessero portato i genitori a protestare per gli avvelenamenti. È un modo veramente nuovo per aumentare le repressioni delle proteste. Ci sono state minacce di violenza analoghe su donne arrestate, ma mai era successo di vedere minacce all'interno di un ambiente scolastico frequentato da minorenni».
Le responsabilità del Governo e della Guida suprema Ali Khamenei
Il viceministro della Salute Youness Panahi ha implicitamente confermato che "l'avvelenamento è stato intenzionale" (agenzia Irna), senza indicare possibili responsabilità.
Ma Azam Bahrami, nel mettere in fila uno dopo l'altro i tasselli del puzzle, si è convinta di sapere con certezza dove vadano ricercate:
«Sarebbe normale aspettarsi che il Governo, in una situazione del genere, fin da novembre si sarebbe attivato per individuare i mandanti. Le scuole avrebbero potuto continuare le lezioni online, oppure si sarebbe potuto approfondire quanto successo in una o due scuole per investigare. Anche perché nella maggior parte delle scuole ci sono telecamere».
«Guarda, meno di un mese fa due giovani omosessuali a faccia coperta si erano messi a ballare insieme e sono stati arrestati in meno di 24 ore, condannati poi a 10 anni di carcere. Mi pare impossibile che in una situazione così grave come gli avvelenamenti a scuola il Governo di Ebrahim Raisi non sia in grado di individuare autori e mandanti. Tutto questo mi spinge a dire che la responsabilità vada cercata nel Governo, che sta conducendo un'azione del genere per minacciare e spaventare le giovani attiviste».
Il Governo non rispetta la Convenzione di Ginevra sui diritti dell'infanzia, che pure ha firmato
Azam Bahrami
«Qui in Italia, diversi amici mi chiedono: ma che benefici può avere il Governo? Rispondo con forza e voce chiara e decisa: il nostro Governo ha preso tante decisioni senza senso. Quando eravamo ai picchi del covid con centinaia di morti al giorno, Ali Khamenei ha detto in TV: "non do il permesso che entrino vaccini occidentali in Iran". Oppure nel 2020 l'artiglieria iraniana ha abbattuto con due missili un aereo ucraino con 176 passeggeri a bordo (ufficialmente per errore umano, nda). Nessuno ci avrebbe creduto, ma l'hanno fatto. E poi c'è il ruolo dell'Iran nell'uccisione di bambini in Siria. Un generale ha parlato molto chiaro: Khamenei ha aiutato la Siria per salvare Assad prima che arrivasse l'Isis. È stata un'operazione da fuori di testa, ma dal loro punto di vista ha avuto successo. In un'altra occasione il Governo ha ucciso 70 minori durante una manifestazione. Sembra impossibile da credere. Il governo ha fatto molta esperienza nella repressione insensata, in questi 40 anni».
«Alcuni giornalisti fuori dal Paese ipotizzano che il governo stia provando bombe chimiche e che stia misurando i risultati testando dosi diverse sulle studentesse delle scuole. Il nostro è un Governo assassino, che non si è mai preoccupato di sostenere i cittadini e i loro diritti. Sà che i cittadini non vogliono questo regime, allora cerca di essere ancora più crudele. È una macchina delle uccisioni che vuole spaventare i giovani che portano avanti la bandiera della rivoluzione».
«Sone molte le persone che credono che il Governo sia il responsabile. Ha intrapreso questa strada crudele per spaventare queste ragazze e i loro genitori, e per far loro capire che nessun posto è sicuro se continuano a lottare».
La situazione delle donne in Iran
«Una cosa importante - lo dico come donna, che ha studiato e che è stata per un periodo maestra, prima di diventare illegale per la propria attività politica - è che il Regime ha sempre cercato di limitare l'emancipazione femminile».
«Ogni anno molti alunni abbandonano gli studi per cause legate alla povertà e alla siccità; la maggior parte di chi lascia, già alla scuola media, è femmina. E il governo non è mai intervenuto. In molte facoltà ci sono corsi negati di fatto dalle donne, ad esempio nel settore petrolchimico. Tutte le posizioni aperte al Ministero del petrolio sono vietate alle donne; e molte aziende assumono solo il 10% di donne rispetto agli uomini. Il Governo non ha mai reputato utile sostenere le donne nell'università o nella scuola, anzi le limita a proprio piacimento: un regolamento ad esempio vieta alle donne di cambiare città per insegnare.
Della propaganda governativa viene raccontato che il 60% degli studenti universitari sono donne; ma si trascura che molte di queste non riusciranno mai a lavorare. È al 19% il ruolo delle donne nell'economia iraniana, inferiore al 24% dell'Arabia Saudita. E così le studentesse rischiano di perdere il coraggio necessario per andare a scuola. Del resto non è facile resistere: tutto quello che abbiamo ottenuto, l'abbiamo ottenuto combattendo. E con una lotta veramente lunga».