«Signore Gesù, ho posto nel palmo delle tue mani il mio cuore. Rendimi completamente libera, completamente tua»
Sara nacque l’11 maggio 1899 a Kassa, in terra allora ungherese (oggi conosciuta come Kosice in territorio slovacco), da una famiglia borghese di origini tedesche. Da giovane svolse molti lavori: insegnante, rilegatore, giornalista e redattrice di un giornale. Sensibile ai problemi sociali delle donne, divenne membro del partito socialista cristiano. Nel 1929 venne ammessa nell’Istituto delle Suore di Servizio sociale, le quali si occupavano del servizio dei poveri e dei malati. Durante gli ultimi mesi della guerra aiutò a trovare rifugio a centinaia di ebrei in un edificio di proprietà dell’istituto religioso. Nel dicembre 1944 Sara fu catturata dai nazisti, insieme agli ebrei che nascondeva. I prigionieri furono fucilati sulle rive del Danubio ed il suo corpo non fu più ritrovato. La causa di canonizzazione, avviata nel 1996, ha portato in soli 10 anni al riconoscimento del suo martirio “in odium fidei”. È stata beatificata a Budapest il 17 settembre 2006. La memoria liturgica ricorda Sara il 27 dicembre.
Dare rifugio agli ebrei al tempo del nazismo, nel pieno della seconda guerra mondiale, portava alla morte certa se si veniva scoperti. Ma l’amore a Gesù, al quale si era consacrata, spinse Sara a correre il rischio. Mossa dalle parole di san Paolo: «Per me vivere è Cristo e morire un guadagno» (Fil 1,21), accettò tutte le conseguenze della sua scelta. Ed in presenza del suo superiore fece una promessa al Signore: diede la disponibilità al proprio sacrificio nel caso in cui questa sua scelta avesse danneggiato le sue consorelle. Nel momento in cui i nazisti fecero irruzione nella casa divenuta rifugio di ebrei, Sara era fuori ma decise di tornare per condividere in tutto la sorte dei fratelli ebrei. Pochi istanti prima della fucilazione Sara fece il segno della croce, testimoniando di fronte ai suoi carnefici la profonda fede cristiana che la rendeva libera di offrire la sua vita terrena, consapevole che solo il bene può sconfiggere il male. Dopo la sua morte nessun’altra suora rimase uccisa dai nazisti, né dai comunisti che vennero successivamente.
Questo amore profondo a Gesù crebbe nell’animo di Sara nel mezzo di una vita intensa: attraverso i suoi studenti apprese i problemi sociali dei poveri, ne divenne voce scrivendo articoli a riguardo. Per allargare il suo orizzonte e capire sulla propria pelle cosa significasse essere discriminata, divenne apprendista rilegatore, dove le fu dato il lavoro più duro e più sporco, continuando a scrivere articoli per giornali. Comprendendo che solo Gesù è via, verità e vita, per lei e le donne che subivano ingiustizia chiese di entrare nell’Istituto delle suore di Servizio Sociale. Subito fu rifiutata perché assidua fumatrice e giornalista di successo. Con grande fatica smise di fumare e ricoprì umilmente le mansioni che le vennero affidate. Il motto della sua vita religiosa era: «Eccomi! Manda me!», al quale fu fedele fino al martirio per essere risposta di Dio al grido dei poveri. Non abbiamo che da imparare da lei!