«Non voglio sentir parlar male né di Dio, né dei sacerdoti»
Zeffirino Gimenez Malla, detto El Pelè, nasce a Benavent de Lerida nel 1861 da famiglia gitana cattolica. Prova la povertà e la fame, e non frequenta la scuola.
A 18 anni sposa, secondo il rito dei nomadi, Teresa Gimenez Castro. Non avendo figli, adottano Pepita, una nipote di Teresa. Fino ai quarant’anni vive da nomade, girando con la moglie per i paesi e le città della Catalogna e dell’Aragona, vendendo cavalli nelle fiere. Abile commerciante riesce ad accumulare soldi ed acquistare una bella casa a Barbastro, vicino ai Pirenei.
Nel 1912 si sposa con rito religioso; nel 1926 diventa terziario francescano e nel 1931 comincia a frequentare l’Adorazione Notturna.
Nel 1936, durante la guerra civile spagnola, difende un prete che veniva portato in carcere. Zeffirino viene arrestato e poi ucciso a Barbastro insieme a tanti sacerdoti, frati e laici. Il suo corpo è gettato nella fossa comune, cosparso di calce viva e non più ritrovato. Proclamato beato il 4 maggio 1997 da Giovanni Paolo II, lo si ricorda e festeggia il 2 agosto.
Zeffirino, detto El Pelè, è il primo zingaro beato nella storia della Chiesa! Da vero zingaro amava ballare, suonare le nacchere e cantare; animava le fiere e i mercati. Commerciante di cavalli, faceva uso di tutte le arguzie lecite in questo genere di trattative, senza ingannare mai nessuno. Era analfabeta, ma ricco di onestà, talento e di acuto intelletto. Uomo di pace dirimeva con la sua saggezza le questioni intricate tra parenti e amici. Per la strada pregava con la corona del Rosario in mano. Partecipava spesso alla santa Messa e ogni volta si comunicava; non c’era zingaro che non ricorresse a lui e che egli non lo assistesse, ma lui aiutava anche i non zingari e il suo amore si estendeva ai nemici. Si racconta che un potente del luogo, malato di tubercolosi, svenne per strada tra sbocchi di sangue che fecero scappare tutti, anche chi precedentemente lo riveriva. Soltanto El Pelè senza paura lo aiutò e lo portò sulle spalle a casa.
La sua profonda spiritualità lo portava a far parte di quelle associazioni che coltivavano la preghiera, la vita religiosa, la carità. Cercava con ogni mezzo di diffondere la fede e raccontava ai bambini di ogni razza storie della Bibbia o della vita dei santi.
Nel corso della persecuzione della Chiesa cattolica, durante la guerra civile spagnola, El Pelè fu arrestato per aver preso le difese di un sacerdote. In carcere, malgrado le minacce a privarsene, tenne sempre con sé il Rosario, col quale pregava continuamente. Morì fucilato stringendolo nelle mani e gridando: «Viva Cristo Re!».
Di Zeffirino, ucciso, spogliato e gettato nella calce viva, non è rimasto più niente. Ma come lampada che Cristo stesso ha acceso, e con l’atto solenne del magistero di Giovanni Paolo II, Zeffirino è stato posto sul candelabro affinché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa (cfr Mt 5,15). L’esempio di vita e il martirio di Zeffirino ci aiuti ad superare i tanti pregiudizi che abbiamo verso gli zingari e a riconoscere che ogni uomo è figlio di Dio ed ha la missione di far risplendere la sua somiglianza con il Padre.