In un momento cruciale per la lotta al cambiamento climatico, il rapporto "Extreme Weather, Extreme Content: How Big Tech Enables Climate Disinformation in a World on the Brink" della coalizione Climate Action Against Disinformation (CAAD) solleva l'allarme sul ruolo delle Big Tech nella diffusione della disinformazione sul clima. Pubblicato all'inizio dei negoziati sul clima delle Nazioni Unite a Baku, ospitati per il terzo anno consecutivo da uno Stato petrolifero, in questo caso l'Azerbaigian, il documento denuncia come le piattaforme social abbiano fallito nel proteggere il pubblico da falsità promosse da Big Oil e dai cosiddetti "super-diffusori" di disinformazione.
Secondo il Rapporto, le aziende tecnologiche continuano a permettere la diffusione di narrazioni false che attaccano le energie rinnovabili e i veicoli elettrici. Un esempio eclatante riguarda un utente di X (ex-Twitter) che, tra marzo 2023 e oggi, ha visto i propri follower crescere di 1.750 volte grazie a contenuti che screditano le politiche climatiche. Inoltre, media come Tenent, sospettati di finanziamenti russi, utilizzano eventi climatici estremi per fomentare l'opposizione alle azioni contro il cambiamento climatico e incitare la violenza contro gli operatori di soccorso.
I numeri sono significativi: otto inserzionisti di combustibili fossili hanno investito almeno 17,6 milioni di dollari in annunci su Meta, generando oltre 700 milioni di impressioni. «Per il terzo anno consecutivo, il CAAD ha documentato milioni di dollari spesi in pubblicità pro-combustibili fossili in concomitanza con la COP» - afferma Sean Buchan del CAAD. L’urgenza è evidente: «È imperativo vietare queste pubblicità per tutelare la salute pubblica e accelerare l’azione climatica».
Eventi meteorologici estremi del 2024, resi più intensi dal cambiamento climatico, hanno visto il pubblico disorientato da teorie complottiste, come quelle sugli incendi selvaggi attribuiti a presunti piani per costruire infrastrutture rinnovabili. Inoltre, sono emersi episodi in cui il personale di emergenza è stato ostacolato e minacciato, proprio a causa della disinformazione.
Nonostante gli sforzi passati per sensibilizzare il pubblico sull’urgenza climatica, le Big Tech e Big Oil stanno trasformando le informazioni climatiche in strumenti per dissuadere dall'azione. Le piattaforme social stanno anche riducendo la trasparenza, ostacolando l’accesso ai dati e rendendo difficile valutare la portata della disinformazione, aggravando il problema e lasciando i legislatori senza strumenti adeguati. L'integrità dell'informazione può essere migliorata grazie a iniziative come i Principi globali dell'ONU e il Global Digital Compact, e a legislazioni come il Digital Services Act dell'UE che aiutano ad affrontare la disinformazione sul clima in modo olistico e significativo, perseguendo al contempo importanti sforzi per rimuovere l'incentivo economico a diffondere la disinformazione.
Il CAAD, con il suo rapporto, lancia un chiaro avvertimento: finché le Big Tech non saranno chiamate a rispondere della diffusione di contenuti dannosi promossi da Big Oil, il rischio di un'informazione digitale sempre più "inquinata" rimarrà alto, minacciando la salute pubblica e la lotta al cambiamento climatico.