Il diario di una volontaria al campo di condivisione a Marebello di Rimini: «Ho scoperto quanta verità ci sia nel motto: "Le cose belle prima si fanno e poi si pensano"».
I campi di condivisione sono un'esperienza essenziale della Comunità Papa Giovanni XIII che permette alle persone con disabilità di vivere vacanze speciali. Come volontaria al campo di condivisione di Marebello, Rimini, racconto il significato di questa esperienza e come mi ha permesso di riscoprire me stessa.
Mi avevano detto che i campi di condivisione ti cambiano e che, alla fine, ti aiutano di più le persone con disabilità di quanto le aiuti tu. Sinceramente io non ci credevo, ma mi sbagliavo. Quando sono salita sull'autobus diretto a Marebello, Rimini, avevo la mia Nikon con me ed ero convinta che il mio impegno più grande sarebbe stato scattare foto e scrivere un diario di viaggio per il giornale (svolgo servizio civile nella redazione di Sempre Editore). In realtà non ho mai trovato tempo per scrivere quel diario e spesso mi dimenticavo di scattare foto: ero troppo impegnata a vivere e ridere.
Il viaggio è stato un cocktail di urla, risate, versi, musica e disordine, quasi da spaventarmi se devo essere sincera. Mentirei se dicessi che i giorni successivi la cosa è cambiata, ma semplicemente a quel disordine e a quel rumore mi ci sono affezionata. Semplicemente il timore ha lasciato spazio ai sorrisi. Sorridevo ad ogni ballo improvvisato e ad ogni canzone stonata, alle barzellette senza senso e ad ogni versaccio. Sorriso dopo sorriso, mi sono resa conto che sarebbe stato difficile tornare alla quiete di casa mia.
La struttura della comunità di Marebello era il nostro luogo di ritrovo, mangiavamo (benissimo e molto), pregavamo e trascorrevamo le serate in compagnia. Restare da soli era impossibile, ma lo era anche sentirsi soli. Non riuscivo a trascorrere due minuti con la fronte aggrottata che subito qualcuno si avvicinava e mi chiedeva «C'è qualcosa che non va?».
Con Elisa il mio cuore si è riempito
Il mio tempo l'ho trascorso quasi tutto al fianco di Elisa, la mia compagna di stanza. Lei è molto affettuosa e vuole molte attenzioni e rassicurazioni. Non riesce a camminare bene da sola per cui sono stata il suo supporto ad ogni passo per quasi tutta la vacanza. Non nego che a volte è stato difficile, soprattutto i primi giorni, ma la difficoltà svaniva come schiuma, in confronto al mare di bene che ho ricevuto. Elisa continuava a ripetermi grazie e dirmi che mi voleva bene, me lo ha ripetuto così tanto che il mio cuore si è riempito di quell'affetto. Ma non solo grazie a lei, tutti i ragazzi e le ragazze mi hanno cullata con la loro dolcezza e mi hanno riempita della loro fiducia. Ho visto quanta gioia poteva portare un semplice saluto, una battuta, una carezza.
«La difficoltà svaniva come schiuma, in confronto al mare di bene che ho ricevuto.»
Ecco, un singolo gesto di affetto tornava indietro 10 volte tanto. Così proprio in riva al mare, sono stata travolta da onde di emozioni.
A Marebello eravamo tutti uguali. Una carrozzina? Non è un problema, si spingeva sulla sabbia e si faceva il bagno insieme. Gara di gavettoni? Non importa se non riesci a camminare, qualcuno ti sorreggerà per permetterti di partecipare. La diversità a volte spaventa, siamo abituati a pensare che le persone disabili sono meno di noi. Ma non è vero, diverso non è minore. In alcuni di loro ho visto una profondità ed empatia scioccanti. Mauro, un uomo accolto in una comunità terapeutica, ci racconta del suo triste passato, dicendo che quando è entrato nella comunità il vecchio Mauro è morto e ne è nato uno nuovo. È stato sconvolgente quando Stella, affetta da sindrome di down, si presenta a lui durante un bagno al mare (senza conoscere lui o la sua storia) e guardandolo dice «sono felice che sei risorto». Similmente Elisa, durante un pranzo in cui non mi sentivo molto bene, si è accorta in un istante che qualcosa in me non andava e si è preoccupata per me.
Poi, alla bellissima umanità dei ragazzi si aggiungeva la gentilezza dei responsabili, che erano sempre pronti ad aiutarti con un sorriso. È vero, non era tutto perfetto, ma questo gruppo di persone è riuscito a coinvolgere profondamente una donna che era partita con la sola idea di fare la giornalista e che è finita a piangere ed abbracciare tutti, il giorno dei saluti.
«Non riesco a passare da ognuno, ma chiunque volesse salutarmi con un abbraccio, lo accetto volentieri». Non ho fatto tempo a finire la frase che erano già tutti in piedi attorno a me con le braccia tese. Il campo di condivisione è stato ricco di divertimento, gite, giochi d'acqua, cene e karaoke.
In gita grazie ad una signora che ha voluto rimanere anonima
In particolare, una gita si è svolta al parco Oltremare di Riccione, dove abbiamo passato una meravigliosa giornata tra spettacoli e divertimento. Tornati alla struttura di Marebello, abbiamo parlato con entusiasmo della giornata e Rosella, una dei responsabili, ci ha rivelato che la gita ci era stata interamente donata da una donna. Lei, il cui nome è riservato, ha deciso che per il suo 50esimo compleanno non avrebbe voluto regali, ma soldi da donare al campo di condivisione per far divertire i ragazzi. Mi sono commossa a vedere che un singolo gesto di beneficenza ha donato ricordi incredibili e felicità. Io, che per il compleanno non so mai cosa farmi regalare,sono rimasta ammirata da questo gesto, e tutti noi non smetteremo mai di ringraziare questa donna, sia per la meravigliosa esperienza che ci ha donato e sia per il bellissimo esempio che è stata per tutti noi. Infatti, questo campo non è stato solo divertimento, è stato anche un'occasione di crescita e di scoperta.
«È possibile non credere in Dio, ma è impossibile non credere nella potenza delle fede»
Si è mostrata un'Anna che credevo non esistesse. Abituata a vedere il lato negativo in tutti, durante questa settimana ho visto solo bellezza nelle persone. Ho visto la gioia dell'aiutare e dello starsi accanto. Ecco perché, dopo i mille "grazie" di Elisa, al nostro saluto l'ho abbracciata piangendo e le ho detto che sono io a dover ringraziare lei, perché mi ha aiutato più di quanto non l'abbia fatto io.
È vero, è possibile non credere in Dio, ma è impossibile non credere nella potenza delle fede, perché la sua presenza è palpabile, vera e può dar vita a grandi cose. Fare esperienza di questa realtà mi ha fatto realizzare quanta importanza abbia il sogno della Comunità Papa Giovanni XXIII, cioè che siamo tutti uguali, e quanta verità ci sia nel motto «Le cose belle prima si fanno e poi si pensano».