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10 Dicembre 2022
Ultima modifica: 12 Dicembre 2022 ore 09:14

Conosci il presepe?

Una tradizione che aiuta a rendere attuale il mistero del Natale.
Conosci il presepe?
Foto di Riccardo Ghinelli
La mangiatoia, il bue, l'asino e i pastori: alla scoperta dei simboli del presepe, che può diventare un momento da vivere insieme in cui si trasmette il messaggio di fede.
Facciamo il presepe consapevolmente. Farlo è una scomodità: prende tempo e richiede spazi e alla fine bisogna pure smontarlo. Se non si pensa al suo significato e lo si riduce a una semplice tradizione presto ci si stanca. Invece è importante, soprattutto coi bambini, ricordarsi dei tanti simboli e dei significati che racchiudono. Mi raccomando però: fatelo coi bambini, non per i bambini, magari facendo costruire loro qualche dettaglio. Parlare dei significati può essere un simpatico momento di catechesi e di vita insieme. Scegliete un presepe che piace a voi, potrebbe essere quello ereditato dalla famiglia o uno che scegliete come vostro e magari fate crescere di anno in anno. Tenete presente che nel costruire i pezzi del presepe si esercitano tantissimi artigiani e che ci sono anche tanti stili e anche un’evoluzione nel gusto. Questo è particolarmente evidente nei presepi di parrocchie e istituzioni dove spesso si ricercano vie nuove nell’uso di materiali e nelle simbologie. 

Il presepe: una tradizione che si aggiorna

Fino a qualche decennio fa si tendeva a mantenere le forme ereditate dai secoli passati, quando non erano ben noti i costumi dell’epoca e, come in tutta l’arte sacra, si raffiguravano i personaggi vestiti in modo tradizionale. La sensibilità moderna però è mutata e in molti trovano più realistico un aspetto orientaleggiante di figure e paesaggi, a volte con qualche ingenuità, come i minareti che spuntano da un villaggio che dovrebbe essere ebraico. Ma ingenuità ed anacronismi non dovrebbero essere un problema in un presepe, che è sostanzialmente una rappresentazione simbolica. Storicamente è poco probabile che Maria indossasse un lussuoso manto azzurro, ma il colore sta a simboleggiare il cielo e la santità. Ci pensa la veste dimessa di San Giuseppe a ricordarci l’umiltà della famiglia. Il linguaggio dei simboli deriva dall’arte sacra quado la sua funzione era quella di essere “Biblia pauperum ossia Bibbia dei poveri, in gran parte analfabeti. Quindi per esprimere i concetti si ricorreva a una simbologia che va compresa. 
Presepe sul barcone
Un modo per attualizzare il Natale: la natività su una barca di migranti nel presepe di Cristo Re a Bellaria.
Foto di Riccardo Ghinelli

Alla scoperta dei simboli del presepe

Partiamo da ciò che ci dicono i Vangeli. Luca ci dice che Maria «lo depose in una mangiatoia», che «c’erano in quella regione alcuni pastori», «un angelo del Signore si presentò davanti a loro», «apparve con l’angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio» e i pastori «andarono dunque senz’indugio». 
Matteo non ci dà particolari, ma ci racconta dei Magi che portarono «oro, incenso e mirra». Tutto il resto da dove viene? In parte dalla tradizione, in parte dall’esigenza di raccontare per simboli. Vediamoli, a partire dai Vangeli. La mangiatoia ci racconta di una nascita povera, nella scomodità, lo sappiamo tutti. La mangiatoia era, ovviamente, in una stalla, che in quei luoghi era spesso una grotta e la tradizione ne individua anche il luogo. Ma il bue e l’asino? Nei Vangeli non ci sono, ma nel presepe non mancano mai. Da dove vengono? Da una profezia di Isaia che disse a proposito del Messia: «l’asino e il bue lo adoreranno». Quindi ci sono per dare ragione a lui? No, perché nell’Antico Testamento il bue simboleggiava il popolo ebreo e l’asino i gentili, cioè noi. Ebbene sì, siamo rappresentati dall’asino. Una figura migliore la fanno i pastori e non è una cosa banale. Perché nella società dell’epoca erano i poveri, quelli ai margini, gli ultimi. Israele era diventato una nazione passando dalla pastorizia nomade all’agricoltura, essere pastori era una vergogna. Però sono quelli che riconoscono per primi la regalità di Gesù. 
Per i Magi si potrebbe parlare a lungo, a partire dal fatto che tradizionalmente il loro numero è fissato a tre sulla base dei doni che portano. La simbologia poi li raffigura come provenienti da tre etnie differenti e a volte anche di tre età diverse per rappresentare l’universalità del loro omaggio. Un elemento che spesso viene inserito è un rivolo di acqua, magari sotto forma di striscia di stagnola, a volte per rappresentare la grazia di Dio che si riversa sulla terra, a volte per separare il bene dalla rappresentazione del male come nel presepe napoletano dove le figure simboliche si moltiplicano. 

Il presepe napoletano: quando la tradizione prende il volto della gente

Il presepe napoletano porta la natività nel vicolo, fra la gente. Ci sono figure che hanno un nome, come il Benino, che dorme e non può mancare, perché, secondo i napoletani, rappresenta tutti noi, addormentati mentre accadono fatti importanti. C’è il cercatore con la lanterna, il cacciatore col fucile, e ci sono le lavandaie, tradizionalmente chiacchierone, con il compito di diffondere la notizia. E sopra il ponte c’è Cicci Bacco con le botti del vino per l’osteria dove l’oste rappresenta nientemeno che Satana. E poi una moltitudine di mestieri per raffigurare la vita di tutti i giorni e far sentire che il Messia è venuto proprio fra noi.

don benzi nel presepio
Tra le statuine del presepe a volte si trovano anche personaggi presi dall'attualità. Qui don Oreste Benzi è nel presepe di sabbia di Torre Pedrera (RN) del 2008.
Foto di Riccardo Ghinelli

Il presepe napoletano è quello che ha una tradizione maggiormente strutturata e sentita localmente. Ovunque però il presepe è stato incarnato in forme diverse, prendendo spunto dalle risorse delle culture locali
In giro per il mondo possiamo trovarne esempi realizzati con i più diversi materiali nello stile proprio di ogni cultura. Segno che la tradizione è viva e sentita, a dispetto delle tendenze consumiste che vorrebbero soppiantarlo in favore di simboli più spettacolari, come l’albero o le luminarie, ma che poco ci dicono del significato del Natale. C’è poi una tendenza a mettere nel presepe riferimenti al mondo moderno, addirittura personaggi contemporanei, e ad adottare forme che si staccano dalla tradizione.
Da anni giro la diocesi di Rimini con la giuria del concorso presepi del giornale “Il Ponte” e a volte abbiamo sentito giudizi negativi dati a realizzazioni che accostavano alla natività problematiche moderne come la guerra, la fame o l’immigrazione. Sono presepi con dentro l’idea che il Natale non è la rievocazione di un fatto passato, ma ha a che fare con l’attualità di oggi e irrompe nella nostra vita portando una novità rivoluzionaria. In fondo con uno spirito non molto diverso dagli artigiani che hanno raffigurato la nascita di Gesù nella realtà quotidiana della loro epoca.