«Fortunatamente non sono solo. Abbiamo un bel consiglio di amministrazione composto da sette membri: due rappresentano il settore A, quello che gestisce i servizi socio-assistenziali; tre il settore B, le attività produttive; io rappresento il settore amministrativo e commerciale. Poi c’è il responsabile di zona della Comunità Papa Giovanni XXIII, in quanto la cooperativa per noi è una sorta di braccio operativo della Comunità, con cui opera in stretta collaborazione.»
«Io continuo a seguire in particolare il settore amministrativo e contabile, però da quando sono presidente giro parecchio tra le strutture, incontro i vari centri di lavoro, cerco di passare del tempo con i lavoratori e anche con i ragazzi dei centri, ascoltare come vivono. Serve a me per capire i problemi e cercare di risolverli, ma anche a loro fa piacere sentire che chi ha la responsabilità della cooperativa è una persona vicina, che li ascolta.»
«Nei centri diurni soprattutto persone con disabilità fisica o psichica. All’inizio provenivano dalle case famiglia della Comunità, ora invece diamo una risposta anche a molte famiglie del territorio. Nelle attività produttive invece inseriamo persone con disabilità riconosciute, o provenienti dal carcere o varie forme di dipendenza, ma anche soggetti con forme di disagio non certificato.»
«Entrambe le cose. Alcune persone si legano alla cooperativa e rimangono, anche perché, per le loro caratteristiche, difficilmente riuscirebbero a trovare delle alternative. Per altre invece puntiamo a favorire un passaggio successivo in normali aziende. Su questo aspetto abbiamo da poco messo a punto un progetto per diventare una sorta di “scuola di lavoro”, dedicando tempo ed energie alla formazione finalizzata a una successiva occupazione esterna. Stiamo cercando dei finanziamenti e contiamo di partire a breve.»
«Siamo una realtà ormai riconosciuta e radicata nel cuneese. I nostri centri diurni sono tutti autorizzati e accreditati. Collaboriamo costantemente con i servizi sociali, ci segnalano le persone da inserire, ospitiamo spesso anche tirocinanti che si preparano a diventare operatori sociali. Per le aziende private siamo invece fornitori di servizi. Con la lavanderia, ad esempio, acquistiamo lenzuola, asciugamani, tovaglie e li noleggiamo lavati e stirati a ristoranti, case di riposo, centri termali. Abbiamo poi una attività di essicatura del polline che svolgiamo per vari apicoltori e per la Cooperativa Il Pungiglione, anche quella promossa dalla nostra Comunità. Un altro settore è il confezionamento e l’etichettatura di prodotti alimentari, che svolgiamo per vari marchi.»
«Siamo nati come cooperativa di tipo A, gestendo attività aggregative diurne. Poi però, nel corso degli anni abbiamo avviato anche attività produttive, ma non potevamo gestirle perché la normativa regionale non lo consentiva. Così temporaneamente abbiamo utilizzato per questo settore un’altra cooperativa della nostra Comunità, Rinascere, con sede in Veneto. Ma nel frattempo abbiamo insistito con la Regione Piemonte perché si aprisse anche alle cooperative cosiddette “miste” e pian piano siamo riusciti ad ottenere una modifica della normativa, riportando tutte le attività sotto Il Ramo. E si è dimostrata una scelta vincente anche sul piano economico.»
«Veniamo da anni di Covid e di crisi energetica con conseguente aumento dei prezzi delle materie prime e delle utenze. Avere più settori ci ha consentito di superare i momenti difficili, perché quando un settore è in sofferenza altri vanno meglio e così l’azienda nel suo insieme può progredire. Inoltre la diversificazione delle attività ci consente di dare risposte a persone con bisogni diversi, giovani o anziani, con capacità lavorative o con disabilità anche molto gravi, o di offrire alla stessa persona una risposta a 360°.»
«Se arriva una persona senza casa e senza lavoro, possiamo ospitarla temporaneamente nel nostro Ostello e inserirla in una attività lavorativa fino a quando è in grado di trovarsi una abitazione autonoma.»
«Attualmente circa 350, ma calcoliamo siano oltre 1.000 coloro che in questi 30 anni hanno in qualche modo partecipato alle attività, come lavoratori, utenti o volontari.»
«Vogliamo affrontare il tema energetico, dotando le nostre strutture di pannelli fotovoltaici, sia per ragioni economiche che ambientali. Ma stiamo pensando ad innovare anche il settore socio-assistenziale, superando la classica risposta del centro diurno.»
«Questi centri sono stati e rimangono tutt’ora una risorsa importante, ma vediamo che oggi i ragazzi con disabilità, essendo seguiti fin da piccoli anche a scuola, hanno capacità maggiori rispetto a quelli di qualche decennio fa. Per questo stiamo studiando percorsi che favoriscano una maggiore autonomia e inclusione sociale, inserendoli in attività a contatto con la gente anziché confinate entro le mura di una struttura. Dalle analisi fatte emerge che questo tipo di impostazione garantirebbe non solo una maggiore integrazione con il territorio ma anche minori costi.»