Questo fenomeno è stato accentuato con la pandemia del Covid-19. Teo Vignoli, direttore dell’Unità operativa dipendenze patologiche del Sert di Rimini, ci offre una panoramica dettagliata della situazione attuale, delle tendenze emergenti e delle sfide che i servizi di assistenza devono affrontare. Lo intervista Emanuela Frisoni della Comunità Papa Giovanni XXIII per semprenews.
«La cocaina è in aumento. Nell'ultimo decennio abbiamo visto un'invasione del mercato da parte della cocaina e una differenziazione delle tipologie di utilizzo. Abbiamo tanti tipi di cocainomani differenti: ex eroinomani che passano alla cocaina con la fantasia di poterla gestire maggiormente, persone che combinano cocaina e alcol creando il cocaetilene, e fumatori di crack, che consumano enormi quantità con effetti psichiatrici significativi. Molto spesso l'inizio è la cocaina utilizzata in maniera spot a scopo ricreativo nel weekend, ma per alcune persone diventa un consumo continuativo per gestire la fatica di vivere, rischiando di sviluppare una dipendenza.»
«Nel sottobosco ci sono sostanze come i catinoni sintetici, la chetamina, e gli oppiacei sintetici come Ossicodone, Fentanyl, Contramal, Codeina. Al momento queste allerte in Italia non hanno portato a un boom come negli Stati Uniti, ma siamo molto attenti. L'ultima segnalazione su cui lo Stato ci sta sollecitando è proprio quella del Fentanyl. Staremo a vedere nei prossimi anni come andrà.»
«In realtà, i 65mila, più o meno, 69-67 a seconda delle annate, sono gli alcol dipendenti in carico ai servizi. Gli alcol dipendenti in Italia sono circa 10 volte tanto, circa 650mila. Abbiamo in Italia, come nel resto del mondo occidentale, una capacità di tenere in cura circa il 10% degli alcol dipendenti presenti sul territorio.»
«Per quanto riguarda l'alcolismo le percentuali dell'uso a rischio sono circa il 20% degli uomini e circa il 10% delle donne in Italia. Parliamo quindi di diversi milioni di persone.»«A Rimini abbiamo visto, dal post-Covid, un aumento dei pazienti alcolistici che accedono al servizio. La letteratura internazionale ci dice che il Covid ha dato un colpo a coloro che stavano nell'abuso, che non era una dipendenza, e che con un forte stress globale hanno scavallato. Adesso, forse, l'ondata sta finendo. Certamente il tema della cocaina è molto significativo: la maggior parte degli accessi sono cocainomani, ma fanno fatica a rimanere agganciati. Ci stiamo interrogando su come affinare le nostre strategie di aggancio, intercettazione, trattamento, e ritenzione nel trattamento.»
«In realtà abbiamo due fenomeni opposti: l'età media si sta alzando perché i tossicodipendenti degli anni '80 e '90 in gran parte sono morti. Quelli sopravvissuti stanno invecchiando, e una quota è rimasta con la necessità di avere la stampella del servizio. Questo ha aumentato la media dei nostri utenti. La rilevanza della famiglia e la capacità di dare delle norme di comportamento, dei limiti, è in crisi. Anche l'istituzione scolastica ha difficoltà a fronteggiare questo cambiamento. C'è una fame di relazioni importante, spesso con difficoltà ad essere gestite nei contesti sociali e familiari.»
«Durante l'estate Rimini si riempie di due categorie a rischio: i lavoratori stagionali, che hanno un rischio di utilizzo di sostanze più elevato, e il turismo collegato al divertimento. Noi cerchiamo di creare dei ponti con i servizi di riferimento per garantire la continuità terapeutica e intercettare eventuali problematiche. Una menzione va fatta sul gioco d'azzardo patologico.»
«Sì, è una problematica estremamente diffusa. La percentuale di alcolisti che riescono a venire in trattamento è 1 su 10, mentre per il gioco d'azzardo patologico è 1 su 40. Non c'è in mezzo una sostanza psicotropa, quindi è più difficile per la persona concepire che si tratta di una dipendenza. C'è anche un aspetto di vergogna sociale. Stiamo cercando di creare una rete molto fitta sul territorio per intercettare questi pazienti. Abbiamo luoghi chiamati case ludiche per intercettare giocatori d'azzardo patologico.»
«A Rimini il lavoro delle comunità terapeutiche è ricchissimo. Abbiamo una variabilità di possibilità molto ampia. La collaborazione è molto stretta e stiamo cercando di evolvere da una residenzialità storica a percorsi sul territorio in continuità con i servizi territoriali. Il modello comunità terapeutica storico va decisamente rivisto.»
«Nel 2023 abbiamo visto quasi 3.000 persone. In ogni momento ci sono circa 1.200-1.300 persone in carico. La percentuale maggiore è di alcolisti ed eroinomani, mentre la maggior parte dei nuovi accessi sono cocainomani. Abbiamo anche una percentuale alta di persone con problemi legati alla dipendenza da gioco.»
«Sì, questa tendenza è confermata. Sicuramente da un lato è la sostanza più diffusa e quindi anche i dati ci dicono che nella popolazione generale in Italia chi ha almeno provato nella sua vita una volta la cannabis è una percentuale molto alta, circa 13 milioni di persone. Messa in questo modo fa anche ridere o piangere a richiamarla illegale, nel senso che una cosa illegale che ha provato un italiano su 5 è compatibile solo con il fatto che in Italia l'illegalità è diffusa a tutti i livelli. La capacità di questa sostanza di determinare una dipendenza patologica è molto più ridotta rispetto alle altre, tant'è che i pazienti che accedono ai nostri servizi per problematiche di dipendenza da cannabinoidi sono inferiori al 10%, quindi è una quota minoritaria rispetto ad altre sostanze che sono meno diffuse ma più facilmente danno problematiche fisiche, psichiche o di dipendenza.»
«Sì, con i dispositivi elettronici che rendono più friendly l'utilizzo di nicotina. Questo fenomeno ha creato una problematica. Vedremo se questo determinerà una quantità di trentenni che usano nicotina in maniera cronica e dipendente.»
«L'Emilia Romagna sta definendo delle linee di indirizzo regionali per dare una cornice alla prevenzione. Dobbiamo tenere aperti due canali: la collaborazione con l'igiene pubblica e la prevenzione selettiva indicata. La prevenzione selettiva indicata consiste nell'identificare le situazioni più critiche, come classi scolastiche, centri giovani e associazioni sportive, e fare interventi mirati per sviluppare un pensiero critico sulle sostanze e creare una disponibilità autorevole.»