Festa a Rimini per il sacerdote riminese cresciuto alla scuola del Servo di Dio don Oreste Benzi. Cinquant'anni di sacerdozio e non sentirli, accogliendo tutti quelli che bussano alla porta del Pronto soccorso sociale di Santa Aquilina.
Ha voluto essere il prete e padre di tutti. In questi anni centinaia di persone smarrite hanno trovato, grazie al suo abbraccio, un nuovo inizio. Perché dice: «Dobbiamo avere il coraggio di giocarci del tutto, di buttarci, perché ne vale la pena».
Don Nevio Faitanini, 50 anni di sacerdozio vissuti intensamente con i poveri: i “poveretti”, gli “scartati”, i “disadattati”. Quelli che le hanno provate tutte: cadute libere, riprese, ricadute, sbagli che fanno perdere la testa, magari obnubilata da droghe, gioco d’azzardo; sbagli che fanno finire dietro le sbarre. Personalità ridotte al limite, “fragili” a causa delle vicissitudini personali.
Vite provate che don Nevio ha saputo abbracciare in tutti questi anni da padre-prete riminese.
Storie di vita che con i suoi collaboratori, cerca di ricucire al Pronto soccorso sociale di Santa Aquilina di Rimini, dove dal 1984 vive il suo essere sacerdote, struttura che oggi ospita una sessantina di persone.
Colpisce, prima di varcare la soglia della casa, il foglio appeso alla bacheca con una mole di incarichi che ognuno degli ospiti ha durante la giornata. La cappellina da pulire, le foglie da raccogliere, il giardino, l’orto, la cucina…e poi molto altro. Piccoli o grandi impegni fondamentali per il buon funzionamento della vita in comune, ma anche per mettere ordine nella propria.
Don Nevio, dallo sguardo forte e deciso forgiato dalla condivisione con persone dall’esistenza segnata, sa essere un padre autorevole e dolce. Lo dicono i suoi occhi, il suo modo di parlare, di ascoltare, la sua fedeltà a Gesù, un amore incondizionato che dura da 50 anni.
Appuntamento con il Vescovo di Rimini
Sabato 18 marzo, ore 16, tutto il popolo della Papa Giovanni e quanti lo conoscono festeggeranno i 50 anni di sacerdozio di don Nevio, prima con una Messa alla Grotta Rossa alla parrocchia La Resurrezione celebrata dal vescovo di Rimini mons. Nicolò Anselmi, proseguendo poi con la tipica festa della “fogheraccia” a Santa Aquilina.
Se si tratta di raccontarsi, di mettersi al centro, come nel caso di questo particolare anniversario, emerge il carattere restio ai protagonismi di questo sacerdote.
Lui, ci dice, avrebbe voluto declinare l'invito perché il sabato pomeriggio, come ogni sabato d'altronde, va a celebrare la Messa con i detenuti nella Casa Circondariale di Rimini, un servizio che porta avanti ininterrottamente dal 1980. «Quando ho saputo della presenza del nuovo Vescovo di Rimini non ho potuto rifiutare. È proprio una bella persona, che ci ha già fatto dono della sua presenza qui alla Pronta accoglienza.» Vescovo che è stato affidato da Papa Francesco alla protezione di Sandra Sabattini, la giovane Beata riminese che come padre spirituale, oltre a don Oreste Benzi, aveva proprio don Nevio Faitanini. Ma anche di questo il prete non ha mai voluto parlare. Eppure ne Il Diario di Sandra, don Nevio è menzionato più di una volta.
Pensavamo che ormai avesse superato un po’ della sua innata ritrosia accordandoci un’intervista. Appuntamento a Rimini partendo da Verona, ma giunti al Pronto soccorso sociale di Santa Aquilina non lo abbiamo a trovato. «Un’emergenza - si è scusato -. Non potevo lasciare sola quella persona». Abbiamo ritentato con un’intervista telefonica, ma è riuscito a sottrarsi ancora una volta. Mille gli impegni al Pronto soccorso sociale che lo tengono occupato. È più forte di lui, non ce la fa a raccontarsi. Ma noi di Sempre, qualcosa di lui sappiamo.
Don Nevio Faitanini nasce il 5 gennaio 1947 ad Onferno di Gemmano, un paesino dell’entroterra riminese, oggi area naturale protetta, nota per le sue grotte carsiche.
La sua formazione sacerdotale è legata alla figura di don Oreste Benzi che ha conosciuto ancora giovanissimo in seminario e, alla Comunità Papa Giovanni XXIII. Diventa sacerdote il 18 marzo 1973 e due anni dopo l’allora vescovo di Rimini Emilio Biancheri decide di affidarlo alla Comunità di don Benzi a Rimini.
In seminario per Tonino
La vocazione al sacerdozio inizia in modo del tutto singolare. Ha otto anni quando suo fratello Antonio, di quindici anni più grande di lui, diventa prete. È il 27 luglio 1955. Il giovane Nevio ammira suo fratello, ma due mesi dopo che il sacerdote viene nominato cappellano nella parrocchia di San Giovanni Battista a Rimini succede qualcosa di inspiegabile: si ammala e muore a causa di una forma non riconosciuta di tifo. 1956. Un anno dopo la morte del fratello, Nevio, che ha nove anni, attende con tutti i chierichetti l’arrivo del vescovo Biancheri in visita pastorale alla parrocchia di Onferno. Il parroco coglie l’occasione per dire al Vescovo che Nevio è il fratello del sacerdote Antonio, morto l’anno prima. «Il vescovo mi venne incontro, mi abbracciò e mi sollevò – racconta don Nevio durante una testimonianza del 2011 ai giovani che volevano conoscere don Oreste e la Comunità Papa Giovanni XXIII, in un libretto, ad uso interno della Comunità, curato da Giorgio Mezzini - quindi mi chiese secco: “Perché non prendi il posto di tuo fratello?” E io, che non ci avevo mai pensato e non avevo neanche goduto della presenza di mio fratello più grande, poiché era sempre in seminario, senza pensarci dissi di sì.»
L’incontro con don Oreste Benzi
1957. A dieci anni Nevio entra in seminario a Rimini ed è qui che conosce don Oreste Benzi, che sarà suo professore di francese, come lo era stato anche per suo fratello. Racconta ai giovani: «Per un anno continuò a chiamarmi col nome di mio fratello “Tonino” prima di imparare il mio». In seguito don Oreste diventa anche suo padre spirituale, fino a quando non lascerà l’incarico al seminario. Le vite dei due si incrociano nuovamente quando Nevio ha circa 18 anni. È alla ricerca di lavoro per pagarsi gli studi in Seminario, perché a casa Faitanini di soldi non ce ne sono molti. Il territorio riminese offre buone possibilità come bagnino al mare, ma la sua famiglia non vede di buon occhio che un futuro prete vada in un luogo pieno di insidie, di tentazioni. Così don Oreste propone al Rettore di mandare Nevio a fare la stagione alla Casa vacanze, oggi Albergo, “Madonna delle Vette” ad Alba di Canazei in Val di Fassa, luogo in cui i ragazzi provenienti da varie parrocchie possono partecipare, ancora oggi, ai campi estivi per fare, secondo il motto di don Oreste, «Un incontro simpatico con Gesù».
Don Nevio racconta pensando a quelle settimane in montagna: «Don Oreste ti incantava spiegandoti il significato del tuo nome, o spiegandoti le costellazioni. Sapeva presentare ai giovani un Gesù entusiasmante. Ogni occasione era buona per parlare con loro, anche durante una cordata. Ma preferiva farlo in un luogo bello e accogliente, perché voleva che i giovani cogliessero che il Signore ha fatto cose bellissime e che loro stessi erano la sua opera più riuscita e meravigliosa.» I ragazzi acquisivano in queste esperienze la consapevolezza che la loro vita era davvero un dono prezioso. In questo luogo, infatti, sono tante le vocazioni maturate, anche la sua.
Don Nevio e la vocazione della Comunità Papa Giovanni XXIII
È tra le alte vette delle Dolomiti che nasce una conoscenza più profonda tra i due e matura nel futuro “don” il desiderio di scegliere la Comunità Papa Giovanni XXIII. Durante i campi di condivisione sviluppatisi nel ’68, nascono legami con i ragazzi in difficoltà e Nevio, assieme agli altri animatori, decide di andare ad incontrarli anche durante l’anno, là dove vivono. Alcuni di loro hanno disabilità gravi e sono ricoverati all’Istituto Rizzoli di Bologna. Quello slogan coniato da don Benzi: «Dove siamo noi, lì anche loro» inizia a concretizzarsi.
Don Nevio continua gli studi in seminario coltivando contemporaneamente la vocazione della Papa Giovanni scoperta a Canazei.
Prete a servizio degli ultimi
1973. Nevio diventa sacerdote e per due anni rimane in Seminario come vicerettore. Di giorno segue i seminaristi più piccoli, ma la sera quando vanno a dormire esce per partecipare agli incontri della Comunità Papa Giovanni.
Due anni dopo gli arriva dal Vescovo di Rimini Biancheri una proposta, per l’epoca alquanto innovativa per un giovane sacerdote: anziché affidargli una parrocchia gli propone di impegnarsi a tempo pieno nella Comunità e organizzarsi liberamente con don Oreste. Il Vescovo stesso dice a don Oreste: «Anche se la Comunità è una piccola cosa, ritengo sia importante che don Nevio venga a lavorarci».
Si dedica a tempo pieno alle attività della Comunità, in particolare le attività estive in montagna con gli adolescenti ed al mare con gli “spastici”.
Stimolato da don Benzi, sempre attento ai ragazzi e alle richieste di aiuto, che non si ferma alle apparenze, sviluppa l’attenzione ai poveri che via via incontra nel suo percorso: gli adolescenti, i disabili, i tossicodipendenti. Anche l’animazione del catechismo diventa una vera e propria missione, coinvolgendo anche quei ragazzi ritenuti “disgraziati” perché handicappati, «quelli con cui non voleva stare nessuno, che stavano negli istituti, o che stavano nelle case abusive, quelli invischiati nella tossicodipendenza».
Don Nevio Faitanini in gita in bicicletta
Foto di Riccardo Ghinelli
Don Nevio ad Alba di Canazei con uno dei ragazzi della Casa
Foto di Riccardo Ghinelli
A sinistra don Nevio Faitanini, al centro don Oreste Benzi mentre celebra la Messa. A destra don Elio Piccari.
Foto di Riccardo Ghinelli
Don Nevio Faitanini durante una gita in montagna con i suoi ragazzi
Foto di Riccardo Ghinelli
Papà di tutti
1973. Nuova esperienza per don Nevio Faitanini. Va a vivere nella prima Casa famiglia della Comunità nata a Coriano. L’obiettivo è vivere nella famiglia allargata da figura paterna, ma in realtà capisce che la sua idea di paternità ha una visione più ampia «come prete ero e sono chiamato ad essere papà di tutti».
Negli anni matura perciò l’idea di essere un papà-prete secondo la sua vocazione sacerdotale, ma «in una casa che accolga chiunque bussa alla porta, anche se di passaggio».
Così cambia direzione e dal 1980 inizia a lavorare con un gruppo ad un nuovo progetto, finché, nel 1984, apre il Pronto soccorso sociale Santa Aquilina, sulle colline di Rimini.
50 anni di sacerdozio e non sentirli
L'impegno di don Nevio tra gli ultimi e la sua fedeltà a Cristo non si sono mai esauriti. Quella vocazione cresciuta tra le Dolomiti è ancora viva. Don Nevio non manca mai di portare tutti gli inverni i suoi ragazzi sulla neve. Sci ai piedi percorre ancora tutti i cinque passi delle Dolomiti di Fassa con loro. È il padre di tutti. E non manca di tornare in questi luoghi anche con i preti riminesi che si danno appuntamento ogni anno a sciare. Quest'anno si è aggiunto anche il vescovo Anselmi, un campione dello sci noto per l'iniziativa "Il Signore scia con voi", una competizione nazionale riservata ai sacerdoti sciatori.
Non si può andare in pensione da Cristo
In 50 anni di sacerdozio l’incontro con i poveri gli ha cambiato veramente la vita. Don Nevio ha fatto suo quanto testimoniato da don Oreste che diceva, citando San Paolo: «"Le membra più deboli sono le più necessarie", "Provalo, vivilo…”. Sperimentandolo ho capito che era tutto vero. A Santa Aquilina, ad esempio, abbiamo un ragazzo molto grave, deve essere seguito in tutto, dal mangiare al lavarsi. Chi ha la fortuna di prendersene cura sicuramente si salva; non è mai successo il contrario».
Una fede concreta dunque, fatta non solo di parole ma di condivisione con chi il Signore gli mette davanti, anche dietro le sbarre, in cui don Nevio si continua a spendere anche se, come prete, avrebbe raggiunto l’età della pensione. Ma è chiaro che per lui non si può andare in pensione da Cristo.
Don Nevio è convinto che la proposta del cammino della Comunità, quella di legare la propria vita ai poveri, sia ancora attuale per i giovani. Un percorso contemporaneo alla storia, perché nel prendersi cura di chi è emarginato c’è la visione che serve per salvare l’umanità e trasformare la società. Perché nell’umanità ferita si incontra Cristo.
«Oggi la gente ha terribilmente bisogno di incontrare il Signore - dice - perché è proprio vero che con Lui o senza di Lui tutto cambia».
Non dipende certo dalle nostre capacità, spiega, ma dal nostro vivere col Signore, che permette attraverso noi, pur con i nostri limiti, di incontrarlo.
«Dobbiamo avere il coraggio di giocarci del tutto, di buttarci, perché ne vale la pena. E questo i giovani lo colgono!»