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10 Agosto 2024

Siccità in Sicilia: cause e soluzioni possibili

Cambia il clima e deve cambiare di pari passo il nostro approccio
Siccità in Sicilia: cause e soluzioni possibili
Foto di ANSA/UFFICIO STAMPA COLDIRETTI
La Sicilia affronta una grave crisi idrica con temperature in aumento e precipitazioni in calo. Gli invasi sono al minimo storico e la gestione inefficace delle risorse aggrava la situazione: servono soluzioni strutturali a lungo termine.
La prolungata crisi idrica che ha colpito la Sicilia in questi ultimi anni si inquadra in uno scenario complesso sia dal punto di vista ambientale sia dal punto di vista della gestione della risorsa acqua. Non è certo una novità che in Sicilia il clima fa registrare temperature elevate e scarse precipitazioni ma è vero anche che negli ultimi mesi persistono valori medi di temperatura e di precipitazioni rispettivamente più alti e più bassi dei periodi precedenti.
Secondo i dati pubblicati dal SIAS il Servizio Informativo Agrometeorologico Siciliano «Il mese di luglio 2024 si è concluso con un bilancio articolato, il cui dato essenziale è tuttavia la temperatura media mensile regionale pari a 27,0 °C (26,8 °C come media delle stazioni SIAS), valore di ben 1,5 °C superiore alla media del periodo 2003-2022, portando così a 11 il numero di mesi consecutivi con temperature medie regionali superiori alla norma». Le temperature, ormai stabilmente sopra la norma, incidono sulla siccità in modo significativo: la maggiore evaporazione causata dalle alte temperature causa una perdita d’acqua dell'equivalente ad oltre un mese di pioggia rispetto al clima di 30 anni fa.
La scarsità delle piogge, iniziata in autunno, ha iniziato a mostrare i suoi effetti fin dalla primavera con danni gravissimi alla produzione di foraggi e di frumento. La quasi totalità di assenza di precipitazioni a livello regionale nel mese di luglio non è una novità essendo questo il mese con probabilità di pioggia più bassa. Quello che desta preoccupazione comunque è il fatto che «la precipitazione media regionale degli ultimi 12 mesi continua ad aggirarsi intorno ai 420 mm, mancando quindi all'appello mediamente circa 330 mm, oltre il 40% di quanto atteso rispetto alla media del periodo 2003-2022». Era dal 2002 che non si registravano piogge così scarse in Sicilia. Dello stesso tenore sono i dati degli invasi per il mese di luglio 2024 pubblicati dall’ Autorità di Bacino del Distretto idrografico della Sicilia che ci mostrano come i volumi invasati nelle dighe della Sicilia al 1° luglio 2024 registrano uno scarto rispetto all’anno precedente di -50%

Una gestione che si può migliorare

Uno di settori più appesantito da questa situazione generale è ovviamente tutto il sistema irriguo della regione che fa riferimento appunto in gran parte agli invasi presenti sull’isola. Prendendo a riferimento questo esempio, come si potrebbe fare anche per la gestione delle acque per uso potabile, si può facilmente constatare come la gestione non corretta delle strutture aggravi una situazione già difficile per l’attuale andamento climatico. Giuseppe Cirelli, Professore ordinario di Idraulica agraria e sistemazioni idraulico-forestali presso l’Università di Catania spiega che «tutti questi invasi sono stati realizzati con i soldi della Cassa del Mezzogiorno e hanno avuto scarsi interventi di manutenzione da parte degli enti di gestione, limitandone anche le capacità. Il sedimento dei corsi d’acqua naturali, che vengono sbarrati per la costruzione di questi laghi artificiali, viene trascinato per l’erosione idrica dei terreni e si deposita all’interno dell’invaso andando progressivamente a ridurne la capacità di contenimento e andando a ostruire le opere di scarico».
A marzo 2023 su FocuSicilia, Rosario Marchese Ragona, presidente di Confragicoltura Sicilia, dichiarava «parliamo di strutture vecchie di decenni, che avrebbero bisogno di seri interventi di manutenzione e invece spesso non sono nemmeno collaudate. In occasione delle piogge, in mancanza di dati aggiornati sulla capacità dell’invaso, i gestori sono costretti ad aprire i rubinetti per evitare che le dighe possano cedere». Chiaramente ciò significa “sprecare”, sversando in mare o a valle, enormi quantità d’acqua.

Le soluzioni possibili

A maggio scorso su richiesta della giunta regionale il Consiglio dei Ministri ha deliberato lo stato d’emergenza nazionale per la siccità in Sicilia stanziando i primi 20 milioni di euro.
Alcune delle soluzioni che la Regione Sicilia sta cercando di attuare sono:
  • razionamento della risorsa idrica,
  • abbassamento della pressione in rete con l’obiettivo di ridurre le perdite idriche all’interno delle reti di distribuzione e consentire un risparmio,
  • ricerca di nuovi pozzi, autobotti, navi cisterna,
  • pulizia della rete da fanghi e rifiuti,
  • riavvio dei dissalatori. 
​Tutte queste azioni comunque vanno inquadrate in un piano di azione che guardi a largo respiro e al futuro per evitare il rischio che rimangano “solo” delle azioni tampone che poco risolvono e per poco tempo.
Anche su questo solo alcuni esempi.
Il governatore Renato Schifani ha annunciato ulteriori 70 milioni di fondi contro l’emergenza con 100 nuovi pozzi, oltre all’ammodernamento e ripristino di pozzi già esistenti, costruzione di bypass e condotte di collegamento, potenziamento dei sistemi di sollevamento e pompaggio. «Nell’immediato si può intervenire con la ricerca di nuovi pozzi soprattutto per il settore idropotabile, ma andando così in profondità si rischia molto la salinizzazione delle falde, soprattutto in prossimità della costa, e recuperarle richiederebbe decenni. Così è successo in provincia di Ragusa e Siracusa, senza considerare i costi di sollevamento molto alti», spiega Giuseppe Cirelli, professore ordinario di Idraulica agraria e sistemazioni idraulico-forestali presso l’Università di Catania.

Recentemente un decreto dell'assessorato dell'Energia in linea con la più recente legislazione europea amplia e disciplina le possibilità di impiego dell’uso delle acque reflue secondo parametri di qualità e precisi standard di riferimento. «Ne parliamo da 30 anni, speriamo che questo momento di emergenza consentirà di intraprendere questa direzione. Da oltre 15 anni il nostro Dipartimento evidenzia i vantaggi dell’uso di acque reflue. Da tutti i depuratori della Sicilia si potrebbero recuperare facilmente 150 milioni metri cubi di acqua annui che invece vengono scaricate nei fiumi o a mare» sottolinea Cirelli.

Anche la fitodepurazione delle acque reflue, che a differenza di quella convenzionale a fanghi attivi si serve delle piante per depurare le acque, potrebbe essere una soluzione per i piccoli e medi centri abitati e in Sicilia ce ne sono tanti: il 70% dei Comuni ha meno di 10.000 abitanti. Lo svantaggio è che richiede ampie superfici di qualche ettaro – ma nel caso di piccoli Comuni anche meno – per la realizzazione di vasche. «I costi di gestione sarebbero bassi, con consumi energetici quasi nulli. Secondo le ricerche condotte dal nostro Dipartimento, gli impianti di fitodepurazione hanno un altro grande vantaggio: assorbono più COdi quella che rilasciano, al contrario di un impianto convenzionale che richiede tanta energia e rilascia in atmosfera grandi quantità di CO2» racconta Cirelli.