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26 Febbraio 2025

Epidemia d'azzardo

È un rischio per la nostra salute, eppure lo Stato continua a chiudere gli occhi
Epidemia d'azzardo
Foto di Yuliya Kirayonak
I dati infatti parlano chiaramente di un’emergenza diffusa, di una malattia che comporta un giro di 150 miliardi di euro spesi all’anno. Di fronte a questa emergenza, lo Stato non solo permette, ma incassa. «Non si vuole che la gente sappia quanto dolore e quanto sangue c’è su quei soldi» don Armando Zappolini.
L’articolo 32 della nostra Costituzione parla chiaro: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività». Ma cosa accade quando, invece di proteggerci, sembra proprio lo Stato a esporci a un rischio? Questo è quello che succede ogni giorno con il gioco d’azzardo: da un lato, si riconosce il suo potenziale distruttivo; dall’altro, si continua a tollerarlo, e persino a trarne beneficio economico. Una contraddizione che pesa su milioni di vite.
I dati infatti parlano chiaramente di un’emergenza diffusa, di un’epidemia che colpisce a un ritmo velocissimo, di una malattia che comporta un giro di 150 miliardi di euro spesi all’anno, come ammesso dalla sottosegretaria al Ministero dell’Economia e delle Finanze Sandra Savino, durante un’interrogazione parlamentare in Commissione Bilancio. Per intenderci, la cifra supera i 128,8 miliardi di spesa sanitaria nel nostro Paese e i dati crescono a vista d’occhio, stabilendo ogni anno un nuovo record. Il 2024 non promette miglioramenti, con una proiezione di 160 miliardi spesi dagli italiani tra slot e scommesse, segnando un incremento del 9% rispetto all'anno precedente. 

La diffusione del problema: anche tra le squadre di calcio si incentivano le scommesse

Si tratta di un fenomeno che non sottrae solo denaro, ma anche un bene ancora più prezioso: il tempo. Secondo un articolo pubblicato su Avvenire, nel 2023 gli italiani hanno dedicato complessivamente al gioco circa 140 milioni di giornate lavorative equivalenti, in aumento rispetto ai 90 milioni di appena quattro anni prima. Per comprendere meglio l’impatto, è come se un terzo del tempo normalmente dedicato alle vacanze fosse assorbito da slot machine e scommesse. Questo significa meno momenti con la propria famiglia, con i propri amici o per lo svago, sostituito dalla ricerca ossessiva di una vincita che, il più delle volte, non arriva.
Eppure, di fronte a questa emergenza, lo Stato non solo permette, ma incassa. Oltre 11 miliardi di euro ogni anno entrano nelle casse pubbliche tramite il gioco d’azzardo, rendendo contraddittorio ogni tentativo di contrasto alle sue conseguenze sociali. 
Un esempio di questa ambiguità è la mancata applicazione del divieto di pubblicità sancito dall’articolo 9 del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 (cosiddetto “decreto dignità”). La norma vieta «qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro», ma sono ancora numerose le occasioni in cui questa legge viene disattesa. Uno degli episodi più emblematici è stato il controverso accordo siglato quest’estate tra una delle squadre di calcio più popolari nel nostro Paese, l’Inter, e Betsson Sport, che ha portato il marchio della società di scommesse sulle maglie dei campioni d’Italia. Anche senza dati alla mano, è facile capire quanta visibilità quest' operazione abbia portato Betsson Sport, sito appartenente alla società di gioco d’azzardo Betsson Group. Comparire sulle maglie dei neroazzurri non è una semplice partnership, ma contribuisce ad incentivare e normalizzare il gioco d’azzardo.

La sensibilizzazione: comprendere il dolore dietro il gioco d'azzardo

Nonostante le difficoltà, ci sono realtà che lottano per cambiare le cose e per far luce sul comportamento contraddittorio dello Stato. La campagna “Mettiamoci in gioco”, promossa dalla Consulta nazionale antiusura e a cui ha aderito anche l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXII, è attiva da oltre un decennio per sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi del gioco d’azzardo. In un suo comunicato di ottobre, il governo è stato descritto come subordinato agli interessi della «lobby dell'azzardo, senza curarsi dei diritti e delle esigenze dei cittadini ma nemmeno degli interessi dello Stato». Le dichiarazioni di don Armando Zappolini, portavoce della campagna, hanno rafforzato il messaggio: «Non si vuole che la gente sappia quanto dolore e quanto sangue c’è su quei soldi ai quali non si vuole rinunciare» ha commentato. 
Logo della campagna mettiamoci in gioco
Queste dichiarazioni sono avvenute a seguito della pubblicazione del testo della legge di bilancio bollinato dalla Ragioneria generale dello Stato. I provvedimenti previsti nel documento includono l’eliminazione dell’Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave presso il Ministero della Salute, l’abrogazione del fondo specifico di 50 milioni di euro annui (sostituito con un fondo unico per tutte le dipendenze patologiche), la proroga delle concessioni per il gioco d’azzardo di due anni, fino al 31 dicembre 2026, e la stabilizzazione permanente di un’estrazione settimanale aggiuntiva per Lotto ed Enalotto.
«La linea è sempre la stessa - è intervenuto Luciano Gualzetti, presidente della Consulta nazionale antiusura San Giovanni Paolo II - il governo antepone gli interessi di far cassa e delle imprese del settore a discapito della salute individuale e pubblica del Sistema Paese, considerando l’azzardo una leva fiscale sulla pelle delle persone più fragili». 
Sì, perché dei circa 20 milioni gli italiani tra i 18 e gli 84 anni che hanno giocato d’azzardo almeno una volta in un anno, e tra gli 800 mila con un profilo di gioco a rischio severo, per la maggior parte si tratta di persone con redditi mensili e titoli di studio più bassi, secondo uno studio del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Dietro questi numeri ci sono infatti persone colpite dalla crisi, famiglie distrutte, rapporti umani compromessi, e vite segnate dal debito e dalla dipendenza.
È tempo di smettere di considerare il gioco d’azzardo come una fonte di guadagno e di affrontarlo per ciò che è realmente: un problema sociale che mina alla salute individuale e collettiva di milioni di cittadini. E che può acuirsi e peggiorare a velocità e gravità irrecuperabili a causa di atteggiamenti lassisti e di interessi economici compromettenti. 
Ma in tutto questo, la Costituzione è e rimane chiara: lo Stato dovrebbe tutelare i suoi cittadini, specialmente i più fragili. Salute e dignità non possono essere messe in gioco.