Per realizzare la transizione ecologica, è necessario accettare una riduzione delle vendite di auto. Questa è la lezione che emerge dai dati sul trasporto ferroviario negli Stati Uniti, dove Amtrak, il principale operatore ferroviario passeggeri, ha raggiunto un risultato storico: nel 2024 ha trasportato 32,8 milioni di passeggeri, con un aumento del 15% rispetto all'anno precedente, quando erano stati 28,6 milioni. Un traguardo significativo, sottolineato in un comunicato ufficiale della compagnia, che rappresenta un progresso non solo per Amtrak ma per l'intero settore del trasporto pubblico e, di riflesso, per la riduzione delle emissioni.
Dopo la pandemia, il trasporto ferroviario negli Stati Uniti ha affrontato sfide significative, ma il futuro sembra promettente. Stephen Gardner, amministratore delegato di Amtrak, stima che ci vorranno almeno cinque anni per recuperare le perdite subite nel 2020. Tuttavia, l’obiettivo è ambizioso: raddoppiare il numero di passeggeri entro il 2040, raggiungendo i 66 milioni all’anno.
Questo traguardo è reso possibile grazie a importanti investimenti pubblici. Amtrak ha destinato 4,5 miliardi di dollari al rinnovo delle infrastrutture e ha ottenuto oltre 10 miliardi in sovvenzioni federali per supportare progetti futuri. Questi fondi hanno consentito di creare migliaia di posti di lavoro e di avviare iniziative come il miglioramento del Baltimore and Potomac Tunnel, un nodo critico per la fluidità del traffico ferroviario, e la reintroduzione del servizio sulla Costa del Golfo, interrotto da decenni.
Mentre in Europa lo sciopero della Volkswagen sta scuotendo il mondo dell'auto, dunque, altrove i servizi pubblici di trasporto stanno migliorando il proprio grado di efficienze e i propri numeri. Ma lo sciopero degli operai tedeschi riporta al centro del discorso europeo il futuro dell'auto elettrica, il cui mercato è in calo tanto che la Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen ha già detto che rivedrà lo stop previsto nel 2035 alla vendita delle auto con motore endotermico (quindi benzina e diesel).
Nel suo discorso di insediamento al Parlamento europeo, il vicepresidente esecutivo Valdis Dombrovskis ha detto che «alla fine del 2024 un'auto su cinque venduta sarà elettrica. L'Europa non può permettersi di rimanere indietro e perdere il suo vantaggio competitivo in questa corsa». Le parole di Dombrovskis sono state criticate da Jens Gieseke del Ppe il quale ha detto che l'attenzione alle auto elettriche è un “vicolo cieco” e che l'Ue dovrebbe invece considerare «un mix più ampio di tecnologie».
Nessuno, però, vede la contraddizione in tutto questo: se vogliamo davvero la transizione energetica ed ecologica tanto auspicata, è arrivato il momento di accettare che si vendano meno auto (anche elettriche) e che si punti di più sul trasporto pubblico.
A oltre trent'anni di distanza, sembra quasi inevitabile riconoscere una sorta di ragione postuma a Colin Ward, giornalista e architetto anarchico, autore del pamphlet Dopo l’automobile, pubblicato nel 1992 da Elèuthera. Ward si interrogava: «Riusciremo, nel XXI secolo, a sfuggire all’era automobilistica? L’automobile è nata come un giocattolo per ricchi [...] Col passare del tempo, è diventata una necessità per ogni famiglia, soppiantando altre forme di trasporto, trasformando il paesaggio e facendo sì che le vittime fra gli utenti della strada venissero colpevolizzate per la propria vulnerabilità. Gigantesche industrie si sono sviluppate per alimentarne il dominio. Le idee possono cambiare, ma le abitudini sono ben più difficili da scardinare. Eppure, milioni di decisioni individuali ci hanno resi schiavi della macchina. Potranno mai altrettante scelte libere liberarci da essa?»