La presidente Von Der Leyen, nel presentare il piano, ha detto che è finito il tempo delle illusioni; se con la caduta del muro di Berlino ci eravamo illusi di poter integrare la Russia nel procedimento democratico dell’Europa, la realtà ci ha dolorosamente risvegliato. Anche l’illusione che gli Stati Uniti sarebbero sempre stati garanti della difesa europea con l’avvento della nuova amministrazione alla Casa Bianca sembra essersi sciolta come neve al sole. Quindi sembra che l’unica alternativa possibile sia quella di dotarsi di un sistema comune di difesa, implementando in modo abnorme la spesa militare; sembra che i politici europei siano ancora convinti, come gli antichi romani, che «Si vis pacem, para bellum», se vuoi la pace prepara la guerra.
Eppure appare sempre più evidente che, se si affida alle armi la difesa della pace, prima o poi sono le armi a prendere la parola e a pagarne le spese sono milioni di civili innocenti: morti, feriti, case distrutte, economie collassate, profughi in fuga che poi nessuno vuole accogliere, tra l’altro. Nel 2016 la spesa militare mondiale era di 1.670 miliardi di dollari; nel 2024 è stata di 2.443 miliardi di dollari, è praticamente cresciuta di 100 miliardi di dollari l’anno, eppure non ha portato pace nel mondo; anzi, lo scempio e la distruzione che le armi stanno seminando in 60 nazioni del mondo sono quotidianamente sotto i nostri occhi.
Ma siamo proprio sicuri che la pace si possa difendere solo con le armi? Le principali reti della Pace, tra cui Rete Pace e Disarmo, di cui la Comunità Papa Giovanni XXIII fa parte, hanno lanciato un appello comune per dire no a un’Europa che intende la difesa della pace solo ed esclusivamente con le armi. Un'altra difesa è possibile e le proposte per realizzarla non mancano: la proposta di legge di iniziativa popolare per l’istituzione del dipartimento per la difesa civile non armata e non violenta che giace in Parlamento da ormai quasi 10 anni senza essere mai discussa.
La campagna per l’istituzione del Ministero della pace, in piena conformità con l’obiettivo numero 16 dell’agenda 2030 «Pace, giustizia e istituzioni solide», perché la pace va organizzata e protetta in tempo di pace, ogni giorno in modo sistematico, creando una cultura di pace e non violenza a tutti i livelli della convivenza sociale. I corpi civili di pace, che anziché essere smantellati, dovrebbero essere potenziati per il lavoro enorme che riescono a fare a difesa dei diritti umani delle vittime dei conflitti.
L’Italia ha una perla preziosa nella sua Costituzione: l’articolo 11, in particolare le prime due righe: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Se queste due righe fossero scritte in tutte le Costituzioni del mondo, non ci sarebbe più la guerra; purtroppo non è così, molti Stati ritengono la guerra un mezzo legittimo per risolvere le controversie internazionali e non si fanno scrupolo di violare la libertà di altri popoli, e purtroppo le nazioni più potenti, come USA, Russia e Cina, sono tra le più convinte del diritto alla guerra ed essendo membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU con diritto di veto, rendono praticamente inefficace ogni tentativo diplomatico che non incontri il loro benestare.
Il mondo sembra sul punto di precipitare in un drammatico Risiko finalizzato ad accaparrarsi territori ricchi di materiali preziosi o di importanza strategica per le vie di comunicazione. Papa Francesco continua a ripetere che la guerra è sempre una sconfitta; anche in questi giorni, dalla stanza dell’ospedale in cui è ricoverato, ha ribadito come da quel luogo la guerra sembra ancora più assurda. Non dobbiamo cedere allo sconforto; facciamo nostro il grido di don Tonino Bello: «In piedi, costruttori di pace», a questo siamo chiamati e a questo dobbiamo rispondere oggi più che mai. «Si vis pacem, para pacem», se vuoi la pace prepara la pace!