Ecostalla, stile di vita o azienda? Ecco l'esempio di Cervasca. La realtà di stalla ecologica che produce latte, burro, formaggi e yogurt a certificazione biologica si trova nelle campagne cuneesi: la cooperativa "I tesori della terra" ha adottato dal 2019 per il suo allevamento di vacche un modello di Ecostalla, ed è la prima in Italia a essere certificata in questo modo.
In questi giorni è possibile dare un piccolo contributo per sostenere il progetto, che è stato selezionato dalla Fondazione Cattolica Assicurazioni. Votando qui potrai scegliere di destinare all'Ecostalla un finanziamento della bellezza di 20.000€.
Il modello in poche parole consiste in una stalla completamente decostruibile, dove il legno ha preso totalmente il posto del cemento, con coperture trasparenti e traspiranti, e una lettiera naturale fatta con il terriccio prodotto dal compostaggio dei rifiuti organici e su cui gli animali possono coricarsi.
Colui che per primo ha creduto nella realizzazione dell’ecostalla è Livio Bima, mente, cuore e braccio operativo del caseificio. Livio racconta com’è nata l’idea: «Come tutti i progetti, è nata dalla ricerca di una soluzione a un problema. Volevamo evitare che le vacche continuassero a stare sulle proprie deiezioni, come succede pressoché in tutti gli allevamenti convenzionali, dove gli animali si coricano per terra sulle proprie feci, che oltre ad essere un fattore di sporcizia è anche veicolo di malattie. Abbiamo progettato una nuova stalla, dove al posto del pavimento in cemento ci fosse del terriccio, insomma una lettiera che non necessita delle cure continue delle lettiere tradizionali. La cura del terriccio e l’azione di microbi aerobici fa sì che questo rimanga asciutto e non attaccato alla pelle del bestiame: grazie al rimescolamento quotidiano e grazie alla naturale circolazione d’aria che l’ecostalla garantisce, viene mantenuto un processo di fermentazione aerobica che consente inoltre di ottenere un fertilizzante naturale che può essere usato direttamente nei campi, senza bisogno di doverlo trattare e senza il problema dello spandimento dei liquami».
Dopo aver visitato due allevamenti virtuosi - uno in un kibbutz in Israele, l’altro in Olanda - Livio si convince di importare l’ecostalla anche in Italia. Dopo aver coinvolto la facoltà di Veterinaria dell’Università di Torino, viene avviata una vera e propria sperimentazione. La stalla realizzata, priva di fondazioni cementizie per permette in futuro un’agevole riconversione dell’appezzamento di terreno ad altri usi agricoli, risulta più luminosa e arieggiata, mantenendo gli animali in condizioni più sane e vicine a quelle naturali per illuminazione, temperatura e umidità dell’aria. Condizione che a sua volta contribuisce a mantenere il compost con un livello di umidità regolare. Dopodiché Livio mette a confronto due gruppi di vacche da 12 capi ciascuno, uno continuando a seguire i canoni dell’allevamento “normale” (che comunque si tratta di un allevamento poco intensivo), l’altro allevato su di un terriccio fatto di compost che arriva direttamente dai centri limitrofi di raccolta e smaltimento dei rifiuti.
«Un allevamento in cui le vacche camminano su una lettiera di compost asciutto invece che su un pavimento di cemento bagnato produce più latte e di qualità maggiore. Può sembrare una banalità ma tutti gli allevamenti di vacche preferiscono la seconda scelta» – spiega ancora Livio. La sperimentazione, partita nel 2014 e durata tre anni, ha infatti premiato abbondantemente il modello di ecostalla: il gruppo di eco-mucche ha prodotto l’8% di latte in più e con il 9% medio in più di proteine, caratteristica utile per un latte destinato alla produzione di yogurt. Ma oltre alla produzione, c’è un discorso di benessere dell’animale: le vacche ospitate nell’ecostalla hanno a disposizione 30 metri quadri a testa contro gli 8 della stalla convenzionale, numeri che hanno dimostrato una migliore condizione di salute, una ridotta tendenza ad ammalarsi e un miglioramento dell’indice di fertilità addirittura del 30%. Insomma, grazie a questo modello di stalla sostenibile si possono avere vacche che si ammalano di meno, durano di più e producono più latte. Non per ultimo, la lettiera (che essendo “naturale” non produce cattivi odori), una volta esausta, viene rimpiazzata e quella vecchia riutilizzata come fertilizzante biologico per concimare. «Stiamo inseguendo un sogno di economia circolare: una stalla decostruibile perché in legno, senza cemento e con una lettiera di 50 cm di spessore fatta con il compost proveniente dalle nostre case» – conclude Livio. «Non c’è spandimento di letame, la lettiera viene rivoltata tutti i giorni, creando un meccanismo particolare di coesione tra microorganismi. Le vacche sentono il calore e si sdraiano per terra, contribuendo con il loro calore al mantenimento del compost. Si crea insomma un equilibro naturale tra le vacche e il loro contesto».
Accanto al discorso di produzione sostenibile e di qualità, la cooperativa prevede anche un percorso umano fatto di solidarietà e reciprocità. Una delle figure che spende anima e corpo dietro all’aspetto dell’inclusione sociale è sicuramente Dario Manassero. La sua esperienza nasce nel 1994 quando la Diocesi di Cuneo mette a disposizione della Comunità Papa Giovanni XXIII una cascina, che viene poi affittata da Dario e sua moglie per l’apertura di una casa famiglia. «L’idea era quella di unire alla condivisione di vita con le persone accolte un’esperienza lavorativa o occupazionale che desse loro dignità e gratificazione» – racconta Dario. Nel 1997 si affianca una seconda famiglia, anch’essa legata al cammino della Comunità Papa Giovanni XXIII, già impegnata nell’allevamento di mucche e nella trasformazione del latte: è la famiglia di Livio Bima e le due realtà, nei primi anni duemila, si uniscono dando vita proprio ai “I Tesori della Terra”.
Due imprese complementari, portate avanti dall’impegno di persone che fanno parte della Comunità Papa Giovanni XXIII, e che coniugano da subito rispetto per l’ambiente e inclusione lavorativa: oggi il caseificio dà lavoro a 23 persone di cui 6 soggetti svantaggiati; in più ci sono un laboratorio agricolo, una fattoria didattica e un maneggio, tre percorsi rivolti a persone emarginate, rifugiati, con problemi di dipendenze o ancora agli utenti del vicino Centro diurno di Caraglio (centro cuneese gestito dalla cooperativa “Il Ramo”, altro socio della cooperativa). In questo modo, attraverso inserimenti lavorativi, tirocini e attività riabilitative, questa comunità virtuosa coinvolge quotidianamente una trentina di persone. Tra cui Davide, portatore di disabilità, che grazie al laboratorio agricolo e alle attività ergoterapiche ha confidato a Dario di sentirsi più accettato dall’intera società: «Se hai un mestiere, non sei più “Davide il disabile” ma la gente ti vede e ti chiama “Davide il contadino”!».
Oggi sono diversi i prodotti dal caseificio: gli yogurt e yogurt da bere escono con diversi marchi e tutti biologici tra i quali “I Tesori della Terra”, “BioMu”, “Famù”, “Byopiù” e “Cascina Bianca”. Quest’ultimo marchio compare anche su latte, burro e diversi tipi di formaggio. L’obiettivo sarebbe avere anche un marchio “Ecostalla” ma per il momento, dopo il periodo di sperimentazione avviato grazie al contributo della Fondazione CRC e terminato nel 2017, il progetto ha bisogno di espandersi. Il caseificio è in attività, certo, ma l’esperimento, che in tre anni ha coinvolto un campione di 12 mucche, punta “convertire” l’intero allevamento, composto da 330 capi. Inoltre, sulla carta, il progetto prevede la realizzazione di 4 nuove strutture ecologiche lunghe 200 metri, più avanzate dal punto di vista tecnologico con portelloni apribili e chiudibili meccanicamente. Infine si prevede che l’attuale ecostalla diventi un salone polivalente e il portico attiguo un progetto di housing sociale.
Maurizio Bergia, presidente de “I tesori della terra” sta seguendo tutti i passi affinché il progetto su carta diventi realtà. Ma per finanziare tutto questo è necessario richiedere un prestito in banca. «Oppure responsabilizzare degli investitori attenti a questi discorsi – spiega Bergia. Quello che vorremmo, infatti, è rendere anche l’investimento circolare: la scommessa è quella di trovare investitori virtuosi che vogliano investire direttamente su un progetto di sostenibilità, senza snaturare il prodotto finale», ovvero prodotti biologici a marchio Ecostalla e la creazione di un comprensorio del biologico che consentirà a una ventina di aziende la riconversione per la fornitura di foraggi alla cooperativa stessa. «Infine – conclude Maurizio, vogliamo avviare uno studio di fattibilità per la registrazione di un brevetto e per la replicabilità su scala industriale del modello in collaborazione con aziende che operano nel settore della bioedilizia. Chissà che questa possa diventare il modello di stalla del futuro? Noi crediamo di sì».
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