Apre i battenti in questi giorni il centro Amaranta dell’Associazione Micaela onlus in una villa confiscata al clan Capriati, che nel passato era dedicata alla prostituzione. Un progetto che non solo ha privato la criminalità organizzata di un immobile in una zona tristemente nota come il lungomare San Giorgio, ma che sottrae anche quella che è considerata "merce" e facile fonte di guadagno, ossia le donne prostituìte. «Siamo molto orgogliose di aprire uno spazio sicuro, accogliente e di ascolto competente per le donne vittime della tratta. E siamo rimaste piacevolmente sorprese anche per la presenza del Ministro dell’Interno Piantedosi il giorno dell’inaugurazione» ha raccontato ieri Federica Vizzuso, educatrice e counsellor di Micaela onlus nata nel 1999 dal carisma delle Suore Adoratrici Ancelle del Santissimo Sacramento e della Carità in Spagna impegnate a prendere in carico le giovani donne in prostituzione.
Intervenuta ieri al primo corso sulla tratta degli esseri umani per operatrici e personale socio-sanitario, promosso nell’ambito del progetto europeo AMELIE da Comunità Papa Giovanni XXIII e Poliambulatorio La Filigrana, Federica Vizzuso ha spiegato come sia importante, in questo tempo in cui le forme di moderna schiavitù si moltiplicano e trasformano, attivare un nuovo spazio per le donne straniere. «Oltre alla comunità residenziale, allo sportello di ascolto e all’unità di strada Azalea per l’emersione della sfruttamento, avremo un’altra opportunità di incontro, aggregazione, formazione e inclusione lavorativa, promosso insieme alla cooperativa sociale C.A.P.S. e ARTES, all’associazione culturale Origens e con il sostegno del Comune di Bari per le donne sudamericane, rumene e soprattutto nigeriane che abitano la strada di giorno e di notte perchè costrette a prostituirsi. E proprio in uno degli epicentri del fenomeno prostitutivo nella città di Bari e in un casa di prostituzione! Amaranta offrirà assistenza sanitaria, consulenza legale e psicologica oltre a sensibilizzare sul tema dello sfruttamento sessuale. A breve avvieremo anche un corso di cucina grazie alla collaborazione con le donne dell’Associazione Origens, esperte in cucina multietnica». Obiettivo: ridurre il rischio del reclutamento di donne senza dimora, quasi sempre in gravi condizioni economiche e con bambini da mantenere in patria e di retrafficking di giovani donne accolte nei grandi centri di accoglienza per profughi del territorio.
Una buona notizia che fa ben sperare nella giornata internazionale per l'abolizione della schiavitù, in cui si ricorda il 2 dicembre 1949, data di approvazione della Convenzione delle Nazioni Unite per la repressione del traffico di persone e dello sfruttamento della prostituzione altrui. La schiavitù, già condannata nella Convenzione di Ginevra del 1926, ha radici profonde. La pagina più triste della storia della schiavitù fu la tratta dei Neri dall’Africa all’America. I colonialisti spagnoli e portoghesi, ma anche olandesi, francesi e inglesi iniziarono infatti ad acquistare in Africa nuova manodopera a basso prezzo per il lavoro nelle piantagioni. I viaggi erano orribili: gli schiavi vivevano in condizioni disumane, incatenati nelle stive, in totale assenza di igiene. Moltissimi morivano durante il viaggio: a destinazione ne arrivava circa il 30%. Chi riusciva a liberarsi dalle catene, per lo più moriva buttandosi in mare.
Oggi nonostante le restrizioni della pandemia, la moderna schiavitù rappresentata dalla tratta di persone verso l’Europa ha cambiato metodi e rotte, ma continua a mietere vittime così come in Italia continua a riempire le tasche alla criminalità organizzata, che negli anni ha stretto sodalizi con le mafie di matrice etnica come ad esempio quella nigeriana, molto presente proprio in Puglia.
In Europa, si stima che la tratta di esseri umani produca annualmente 29,4 miliardi di euro di profitti, in gran parte provenienti dallo sfruttamento della prostituzione (64%) seguito dallo sfruttamento lavorativo. Tra i paesi di origine delle vittime di tratta in testa la Nigeria (65,6%), seguita da Pakistan (4,5%), Marocco (2,6%), e da Gambia e Costa d’Avorio, quest’ultimo trend in crescita negli ultimi anni. Sono infatti di origine ivoriana il 4,6% delle 130 donne e ragazze con figli assistite dal sistema antitratta italiano nel 2022. Si tratta di giovani donne due volte vittime dello sfruttamento, per gli abusi e i ricatti che fanno leva sulla loro condizione di madri vulnerabili. La fascia di età prevalente è tra i 18 e i 25 anni.
In Puglia ha ripreso nuovo slancio per il quinto anno, la rete regionale “La Puglia Non Tratta 5 – Insieme per le vittime” di cui è titolare la Regione Puglia volta ad arginare l’aumento di sfruttamento sessuale al chiuso e tramite i siti pornografici. Altro obiettivo: contattare le vittime di sfruttamento lavorativo soprattutto nelle campagne tra Foggia e Trani e prevenire il rischio di tratta a partire dai CARA (in particolare Bari Palese) e dai Cas e Sai, come già segnalato dalle operatrici antitratta di recente, spesso fonte di nuove leve per la moderna schiavitù, come donne, anche minori, per lo sfruttamento sessuale; uomini in particolare bengalesi, per quello lavorativo.
Basti pensare a F. giovane ivoriana, costretta in Puglia al lavoro nei campi di pomodoro di giorno senza contratto e per pochi euro, e a prostituirsi per i propri connazionali in un ghetto per i lavoratori in nero. Invisibile tra gli invisibili. Messa in salvo dopo aver chiesto aiuto in ospedale per una grave lesione vaginale. Grazie alle operatrici della Comunità Papa Giovanni XXIII che fa parte della rete antitratta della Puglia.