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21 Febbraio 2020

Fumare erba fa dimagrire?

È la convinzione del momento per molti giovani. Ed ecco la storia che lo conferma: 25 chili persi in un anno. Ma vediamo qual è il prezzo da pagare
Fumare erba fa dimagrire?
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Valeria ha iniziato a fumare canne per dimagrire, poi è scivolata lentamente nell'eroina.
Dove comprare hashish e marijuana ormai lo sanno tutti. Per tanto tempo abbiamo fatto la caccia ai magrebini e a seguire la caccia ai nigeriani. Ma i pusher delle nostre città ormai sono gli stessi adolescenti. Baby-pusher che spacciano per lo più ad amici e conoscenti: bastano due emoticon in direct, su instagram e il giro della “maria” parte subito…

E’ finito il tempo della roba sotto la scritta “Dio c’è” lungo le strade della pontina. Ora basta uscire da scuola o andar nel parchetto vicino casa. E trovi subito chi te la offre promettendo che fa dimagrire, che ti aiuta a studiare meglio o che ti fa passar la noia e ti sballa quando non hai voglia di pensare. E chi ne ha più ne metta. Ma sono sempre gli stessi adolescenti che hanno il coraggio del “fai da te” per dire basta ai loro coetanei. Come Federica 13 anni, incontrata in una scuola media della Romagna. La sua migliore amica Alice aveva iniziato a “fumare la maria” per noia nella compagnia del suo moroso di 16 anni. Diceva che così si sentiva più figa, visto che era dislessica e si sentiva meno degli altri. E poi accanto alle scarpe di Balenciaga e al nuovo modello di Iphone l’11 pro max – che ti serve uno stipendio intero per comprarlo! – devi per forza fumare per farti riconoscere nel gruppo…

E ancora: questa moda che la canna fa dimagrire e Alice si sentiva troppo grassa. Anche se in realtà era solo cresciuta molto in fretta perché adolescente e pesava solo 55 kg. Solo il papà aveva notato degli “strani” cambiamenti malumore, svogliatezza, testa fra le nuvole, perdita di memoria, scatti d’ira improvvisi… E così una volta a casa di Alice, Federica non è riuscita più a tacere e insieme han raccontato la verità… Di quei baby pusher si era proprio rotta le scatole.  Anche se son ragazzi di “buona famiglia” che spacciano per comprarsi un Rolex nuovo. Il papà di Alice ha iniziato a fare un giro fuori dalla scuola, ne ha parlato con altri genitori e poi è scattata finalmente la segnalazione alla Polizia. Ora non mollano più l’uscita da scuola.

E Alice non ha mollato il fidanzato. Solo che Federica l’aiuta un po' di più a scuola e finalmente si sente meno isolata dal gruppo. Ha smesso di fissarsi sulla linea. Solo che ha costretto i suoi a comprargli la “Svapo”… “almeno così – dice lei – non fumo nemmeno nicotina”.

Valeria è dimagrita di 25kg in un anno, al costo della vita

«Che male c’è? Se qualcuno la vende allora si può fumare. E così a 14 anni avevo già fumato la mia prima canna». Valeria (il nome è di fantasia, ma la storia è tutta vera) oggi di anni ne ha 22 e sta seguendo un programma di recupero in una comunità terapeutica della Comunità di don Oreste Benzi. Ha iniziato a fumare canne perché era un po' troppo “in carne” per i suoi gusti e per questo era isolata. «Mi legavo sempre a persone più grandi di me: loro fumavano ed io fumavo. Poi per fare come loro ho anche fatto uso di altre sostanze e dalle canne sono arrivata a farmi di eroina. Non riuscivo a chiedere aiuto, la mia famiglia ha passato anche un periodo di forte crisi a causa di un fallimento. E avevo sempre relazioni affettive che mi annullavano».

Marijuana
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Valeria diventa una tossicodipendente da adolescente e nel giro di un anno perde 25 kg. Da una parte la soddisfazione perché il corpo era più piacevole e dall’altra il dubbio di esser caduta dentro un’illusione. Si sentiva più accettata ma in realtà non era circondata da amici sinceri, rischiava spesso di perdere il lavoro nonostante subito dopo la scuola di estetista avesse avuto l’opportunità di un tirocinio. «Un giorno, mentre ero a lavoro ho davvero esagerato con la dose, mi hanno trovato in bagno in condizioni pessime e mi sono dovuta licenziare. Non lo dimenticherò mai. Pensavo di poter durare a lungo con la mia doppia vita: andavo al Sert per la mia dose di metadone e cercavo di non usare le sostanze a lavoro. Ma poi rubavo in casa mia o anche in casa di amici pur di avere i soldi per comprare la droga. Sono finita in ospedale tante volte finché a 19 anni ho toccato davvero il fondo. Guardandomi allo specchio mi son detta “Altro che estetista! Ma che fine stai facendo!”. Allora alla proposta del Sert di entrare in comunità terapeutica ho accettato. In Comunità ho scoperto una grinta e una tenacia che non sapevo di avere e da 2 anni cerco di risanare tutte le ferite che avevo nascosto all’inizio un po' per gioco con le canne e poi di anno in anno scivolando nel tunnel della tossicodipendenza». 

Valeria e la cannabis light

Sull’utilizzo della canapa in modo light anche Valeria ha tante perplessità. «Oggi tanti fumano pensando di stare meglio in mezzo agli altri. Restare leggeri, allegri, avere quella sensazione di adrenalina che ti fa sentire vivo. Ma in realtà ci si rifugia nelle canne perché c’è un grave disagio sociale, un’incapacità di comunicare e di divertirsi… Tanto che male c’è? Tanti giovani come me rischiano di non guardarsi mai dentro e non mettere a nudo le difficoltà dell’adolescenza, bruciandosela tutta! E anche tanti over 30. Lo Stato magari ti dà anche dei limiti ma poi al negozio tabacchi trovi senza problemi le cartine e il trita-marijuana… quindi alla fine che limite c’è? Relazioni umane significative in questo modo non le avrai mai perché la sensazione di benessere è un’illusione se non vai alla radice della solitudine, della mancanza di legami veri, della difficoltà di dare un senso all’esistenza, di conoscersi e rispettarsi fino in fondo». 

Le canne fan dimagrire o creano dipendenza?

La frase “E’ solo uno spinello, che male c’è?” è ormai sorpassata. Considerato che oltre il 91% degli studenti la consumano in compagnia, sembrerebbe di no. Ma secondo il risultato di un recente studio dell’Università del Vermont, negli Usa, bastano uno o due spinelli per alterare la struttura del cervello di un adolescente: anche una breve esposizione alla marijuana infatti può avere effetto sulle zone cerebrali determinanti per la memoria e per la gestione delle emozioni.

Ma perché i giovani credono che non crei dipendenza? Si va diffondendo il binge drinking cioè 5 o più bevute di fila nel 71% dei casi associato anche al consumo “a rischio” di cannabis. Tra questi studenti c’è pure chi ha danneggiato volontariamente beni pubblici o privati, è stato coinvolto in risse, ha avuto rapporti sessuali non protetti. E c’è anche chi è convinto che le canne mantengano in forma e non faccia ingrassare. Secondo studi dell’Arizona State University e dell’Università di Pittsburgh e uno studio dell’Università di Parigi chi consuma cannabis per lungo tempo, sono solo il 16% le persone obese, presentano un basso indice di massa corporea e livelli più bassi di colesterolo. Peccato che pochissimi sappiano che questo effetto – non ancora verificato su larga scala – è dovuto semmai al Cbd contenuto nella cannabis, un che secondo l’Organizzazione mondiale della sanità non crea dipendenza ma ha effetti rilassanti e aiuta chi soffre di insonnia o di ansia e addirittura per favorire chi soffre di epilessia… Quindi non è psicoattivo. Ma la cannabis contiene 60 componenti attivi fra cui anche il THC che, quando si fuma, nel sangue raggiunge il suo picco nel giro di 15-20 minuti e permane nell’organismo per 30 giorni.

Per questo Comunità Papa Giovanni XXIII e Federazione Italiana Comunità Terapeutiche (Ceis, Exodus, San Patrignano…) si battono in questi mesi contro la legalizzazione della cannabis e insistono che crea dipendenza perché non è possibile controllare la percentuale del principio attivo. Il principale agente psicoattivo della cannabis è infatti il THC. Nelle varietà con effetti psicoattivi, la percentuale può variare dal 7% al 27%.

La festa dell'interdipendenza - e dell'indipendenza dalla droga 

Sono migliaia i giovani che annualmente partecipano alle iniziative previste per la Giornata mondiale di lotta alla droga che si celebra ogni anno il 26 giugno. Valeria, come centinaia di altri giovani delle comunità terapeutiche, per l'occasione 2019 ha partecipato alla Festa della interdipendenza, alla sua 5ª edizione, promossa a Rimini con diverse iniziative creative, dall’arte pittorica e figurativa, al concorso PrimaVera di poesie e racconti brevi, ai tornei sportivi. 

Ragazzo balla di fronte ai suonatori nel bosco
Lo sport, l'arte ed i reading di poesie sono occasione per l'affermazione dei ragazzi impegnati nel percorso terapeutico per vincere le dipendenze
Foto di Marco Zangheri
Premiazione del concorso artistico
Festa dell'indipenenza 2019: lo sport, l'arte ed i reading di poesie sono occasione per l'affermazione dei ragazzi impegnati nel percorso terapeutico per vincere le dipendenze
Foto di Marco Zangheri
Ragazzo balla di fronte ai suonatori nel bosco
Lo sport, l'arte ed i reading di poesie sono occasione per l'affermazione dei ragazzi impegnati nel percorso terapeutico per vincere le dipendenze
Foto di Marco Zangheri
Tomba di Don Oreste Benzi con ragazzi in preghiera
Lo sport, l'arte ed i reading di poesie sono occasione per l'affermazione dei ragazzi impegnati nel percorso terapeutico per vincere le dipendenze
Foto di Marco Zangheri

I dati sulle dipendenze in Italia

La giornata contro le droghe è ogni anno occasione anche per raccontare la situazione delle dipendenze patologiche in Italia. Basti pensare che il Consiglio Superiore della Sanità in un parere dell’aprile 2018, aveva già lanciato l’allarme sul consumo di prodotti che contengono infiorescenze di canapa. Già nel Rapporto sulle Tossicodipendenze del 2019 del Dipartimento Politiche Antidroga si sottolineava infatti che la cannabis è ancora la sostanza più diffusa sul mercato illegale con una spesa stimata intorno ai 4,4 miliardi di euro l’anno. Ancora più preoccupante se si pensa che un terzo degli studenti delle scuole superiori l’ha utilizzata almeno una volta nella vita e per oltre la metà a partire dai 15-16 anni. sono circa 150.000 gli studenti tra i 15 e i 19 anni che sono risultati positivi al CAST - Cannabis Abuse Screening Test e che, per le quantità e le modalità di utilizzo della sostanza, potrebbero necessitare di un sostegno clinico per gestire le conseguenze del consumo. Il 28% degli studenti non sa associare un grado di rischio al consumo regolare di cannabis. I gruppi criminali coinvolti nei grandi traffici per i derivati della cannabis: la criminalità laziale, pugliese e siciliana, insieme a gruppi maghrebini, spagnoli ed albanesi. Riguardo ai derivati della cannabis, i quantitativi maggiori sequestrati sono quelli di hashis con un picco a Palermo (kg 20.140) e aumenti consistenti di sequestri in Basilicata, Sicilia, Marche, Campania, Lazio, Lombardia e Puglia.

La direttiva del Viminale: una mappatura di chi vende la cannabis (e dove)

La circolare del Capo di Gabinetto, Matteo Piantedosi del 9 maggio 2019, invitava prefetture, forze di polizia e amministrazioni locali ad effettuare verifiche approfondite vigilando sulla vendita illegale di derivati e infiorescenze della canapa, "impropriamente pubblicizzata come consentita dalla legge n. 242/2016", facendo uno screening sui territori dei negozi destinati alla vendita, con particolare attenzione a quelli vicini a luoghi sensibili al rischio di consumo delle sostanze (scuole, ospedali, centri sportivi, parchi giochi e luoghi di aggregazione giovanile).

In Italia è infatti al momento ammessa la coltivazione della canapa nel rispetto della Legge 2 dicembre 2016, n. 242, che la considera “coltura in grado di contribuire alla riduzione dell'impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversità, nonché come coltura da impiegare quale sostituto di colture eccedentarie e come coltura da rotazione".

Dalla canapa coltivata – dal fusto e dalle foglie - è possibile ottenere esclusivamente i prodotti indicati all'art. 2 della Legge 242/2016. I cosiddetti prodotti tecnici. Quindi coltivare canapa è legale se si ricavano alimenti e cosmetici; semilavorati come fibra, oli o carburanti; materiale destinato alla pratica del sovescio; materiale per la bioingegneria o la bioedilizia; materiale per la bonifica di siti inquinati o se si tratta di coltivazioni destinate al florovivaismo o ad attività didattiche. Con l’infiorescenza invece non si può fare nulla. E questo a molti produttori non va proprio a genio perché riguarda il 30% della pianta.

I Prefetti di diverse città han preso sul serio la mappatura richiesta e i controlli: a Modena 12 negozi di cannabis, a Padova una decina, a Milano di quelli a norma se ne contano una ventina. Ma è Roma la città con più punti vendita, oltre cinquanta, circa uno ogni 55mila abitanti. E nel 2018 il Lazio è stata la regione italiana che ha registrato più aperture, raddoppiando i punti vendita.

Ma anche se si stimano oltre 2000 i punti vendita tra cannabis shop, tabacchi e canapa caffè una mappatura nazionale vera e propria dopo la Circolare Piantedosi proprio non c’è.

Marijuana simbolo
Foto di PublicDomainPictures - Pixabay

La Cassazione: vendere le infiorescenze è reato

C’è chi continua a vendere le infiorescenze e i derivati anche se consapevoli che i clienti non le usano in modo corretto. Una sorta di disobbedienza civile a cui la Cassazione ha voluto dare un freno di recente con la sentenza del 30 maggio. E’ reato la “cessione, la vendita e in genere la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa, salvo che tali prodotti siano privi di efficacia drogante". La decisione è stata presa dalle Sezioni unite della Cassazione, l'organo preposto a decidere quando le singole sezioni sono in disaccordo tra loro. La Procura generale della Cassazione aveva chiesto di "trasmettere gli atti alla Corte Costituzionale" poiché in merito alla questione della cannabis light si erano già espresse, con interpretazioni contrastanti, la Quarta e la Sesta sezione della Cassazione. 

Se per la prima il commercio di canapa light era vietato, per la seconda era lecito. Il rischio è di incitare subliminalmente a consumare le infiorescenze della canapa tramite l’aspirazione per combustione (smoking). In sintesi la cannabis light fa male comunque. La cannabis ha un bassissimo contenuto di THC, l’unico principio considerato illegale se supera lo 0,2%. Ma dalle infiorescenze femminili si ricava un principio psicoattivo maggiore. Per la legge solo al di sotto dello 0,2%, la cannabis non è stupefacente, ma rilassa e non sballa. Contiene anche la CBD, una molecola che secondo l’Organizzazione mondiale della sanità non crea dipendenza ma ha effetti rilassanti e aiuta chi soffre di insonnia o di ansia e addirittura per favorire chi soffre di epilessia… Un tema molto controverso se si pensa che secondo l'Aical, Associazione italiana cannabis light “pur in assenza di dati certificati, il mercato della canapa in Italia vale oggi circa 80 milioni di euro, in crescita a tassi del 100% l'anno. Un valore che comprende l'intera filiera: coltivazione, distribuzione, fino alla vendita di oltre 100 prodotti come fiori, tisane, oli, cosmetici, fino alle farine per la piadina. In tre anni, il numero di negozi di canapa light nel nostro Paese è passato da zero a oltre 3.000”.

Negozio Cannabis a Venezia
Foto di Chiara Bonetto


E secondo gli stessi imprenditori in base ad uno studio dell’università di York la cannabis light, ha sottratto alle mafie il 12% del fatturato. Intanto a luglio, è stata depositata la sentenza n. 30475 delle Sezioni Unite sulla rilevanza penale della commercializzazione di prodotti derivati dalla Cannabis Sativa light per chiarire definitivamente che è reato “la commercializzazione al pubblico dei derivati della coltivazione di cannabis sativa Light, quali foglie, inflorescenze, olio, resina”.

Difendere i venditori di cannabis o il futuro dei giovani?

Il giro d'affari nazionale è di 150 milioni di euro all'anno, con 4 mila ettari coltivati a canapa da poco meno di 2 mila aziende agricole. Solo in Lombardia sono 160 gli ettari coltivati. Un boom negli ultimi cinque anni, con un aumento del 600% dei terreni coltivati a canapa. Nel mese di dicembre, il ribaltone del governo ha sorpreso tutti: nella legge di bilancio compare un nuovo emendamento. «La biomassa di canapa (Cannabis sativa L.), composta dall’intera pianta di canapa o di sue parti, è sottoposta ad imposta di fabbricazione applicando al prezzo di vendita le aliquote percentuali in misura pari ad euro 12,00 per mille chilogrammi, per ogni punto percentuale (% p/p) di cannabidiolo (CBD) presente nella biomassa. La concentrazione di THC dovrà essere sotto lo 0,5%, valida anche per la «coltivazione e la trasformazione di qualsiasi parte della pianta, compresi i fiori, le foglie, le radici e le resine, nonché alle attività connesse di cui all'articolo 2135, comma 3, del codice civile». La norma prevede anche i prodotti a base di Cbd, indicati come «preparati contenenti cannabidiolo (CBD)». In pratica si mescolano gli usi della canapa a fini energetici con l’uso della canapa a fini commerciali, come sono quelli tipici dei “cannabis shop” e abbassando la concentrazione del Thc se ne facilita l’uso e consumo, dichiarando che a questo punto non si tratta più di stupefacenti.

L’urgenza della prevenzione e di relazioni significative


E proprio dal mondo della scuola arrivano le raccomandazioni più incisive. Se sono drasticamente diminuiti i programmi di prevenzione (da circa il 60% del 2008 al 48,9% nel 2018), è sulla giovane età degli studenti che resta alta l’attenzione di insegnanti, educatori e psicologi. Per esempio l’impiego degli occhiali di simulazione alcolemica e/o di cannabis e droghe permette di “far provare in sicurezza” ai giovani la percezione distorta dello spazio e della limitazione dei tempi di reazione al rischio. Ma è proprio dai giovani impegnati nei laboratori scolastici che partono le proposte per un cambio di rotta, indicando come metodi “protettivi”: leggere libri, praticare attività sportive, essere soddisfatti della propria salute e percepire l’interesse dei propri genitori sia su dove trascorrono il sabato sera sia, più in generale, con chi e dove trascorrono le loro serate. Non per essere controllati ma per essere al centro delle loro attenzioni. Ora, tocca agli adulti esser presenti nella relazione.

Il ruolo di genitori ed adulti

Spiega Bartolomeo Barberis della Comunità Papa Giovanni XXIII: «È sulle relazioni che bisogna puntare con le giovani generazioni. Non basta proibire. C'è un vuoto che i giovani vogliono colmare e provano a farlo con le canne, già da adolescenti. La ricerca di beni di lusso (cellulari, scarpe e vestiti alla moda) si aggiunge al loro status symbol. Siamo noi adulti che dobbiamo invertire per primi la rotta, mettendoci più in ascolto e dando tempo ai giovani. Anche quando non siamo "nativi digitali", la sfida è proprio quella di cercare di raggiungere i giovani anche attraverso i social, come dice il titolo degli eventi promossi per il 40° delle nostre comunità terapeutiche, per "rigenerare persone e rigenerare comunità"».