Topic:
19 Settembre 2024
Ultima modifica: 19 Settembre 2024 ore 07:33

L'appello: niente smartphone sotto i 14 anni

Perché il pedagogista Daniele Novara e lo psicoterapeuta Alberto Pellai hanno chiesto un'ulteriore stretta su smartphone e social
L'appello: niente smartphone sotto i 14 anni
Foto di Mirko Sajkov da Pixabay
Adolescenti e nuove tecnologie. Come si può tornare ad essere genitori autorevoli? Ne parliamo con lo psicoterapeuta Alberto Pellai che ha recentemente scritto il libro "Allenare alla vita"
Dopo il divieto di utilizzo degli smartphone in classe fino alla terza media voluto dal ministro dell'Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, un gruppo di professionisti dell'età evolutiva - con Daniele Novara e Alberto Pellai in prima linea - ha chiesto al Governo un'ulteriore stretta: il divieto degli smarphone fino ai 14 anni e di creare profili social fino ai 16.
Una proposta che ha suscitato un vivace dibattito e che si inserisce nella scia del bisogno dei genitori di riacquisire autorevolezza nei confronti di una preadolescenza sempre più liberata e confusa rispetto ai limiti e ai valori.

L'emergenza educativa

Mai come oggi i genitori si sono posti il problema di essere dei buoni educatori per i loro figli, eppure mai come oggi ci troviamo al centro di una “emergenza educativa”. Ragazzi e ragazze, nel fiore degli anni, in preda ad ansia e panico, o ipnotizzati per ore davanti a device elettronici che li strappano dalla realtà. Un alone di solitudine che avvolge sia i figli che i genitori, che si sentono spesso impotenti e divisi tra di loro, a volte in guerra: parenti contro insegnanti, contro allenatori, tutti contro tutti. E mentre gli adulti si accapigliano, i figli sono guidati da altri soggetti che non hanno negoziato con nessuno il loro apporto educativo, ma sono mossi da strategie di marketing strategico: gli influencer. 
In queste condizioni è possibile rimettere le basi per una alleanza educativa sensata? Che cosa significa essere genitori oggi? Che cosa fare per crescere dei figli sani che sappiano affrontare la sfida della complessità dei giorni nostri?

Il compito dei genitori non è rendere felici i figli

«Il fine di un adulto – scrive Alberto Pellai nel suo recente saggio “Allenare alla vita. I dieci principi per ridiventare genitori autorevoli” – non è garantire la felicità di un figlio. Quella cosa lì, ovvero la felicità, un figlio deve andarsela a cercare da sé. Non può ottenere la chiave di accesso alla propria felicità dal genitore che lo ha messo al mondo. E quindi, il ruolo di un adulto nella vita del figlio dovrebbe essere un altro. Già, ma quale? Il suo compito fondamentale dovrebbe essere quello di permettere a un figlio di diventare a sua volta un adulto. Un adulto competente».
Abbiamo raggiunto Pellai al telefono mentre stava arrivando nel Veronese a presentare il suo libro.

I genitori devono aiutare i figli a diventare grandi, non renderli felici. Può spiegare meglio? Da dove deriva questa ansia di renderli felici? È del tutto sbagliata?

Alberto Pellai
«Nel momento in cui il genitore vuole avere in figlio felice e sorridente deve mettergli a disposizione tutto. E lì si perdono i ruoli e i genitori diventano “obbedienti”.
L’adulto è invece come un allenatore e l’allenatore non ha la preoccupazione di rendere felice ma competente, sa che dovrà fargli fare fatica. L’importante è che si capisca che non lo fa perché è sadico, ma perché sa intuire il potenziale
La fatica e la fragilità dell’adulto è che ha preferito essere più amabile che genitore. Molti falsi miti hanno reso fragile l’autorevolezza genitoriale nel senso che accogliere ogni istanza è divenuto imperativo categorico. L’adulto, il genitore, ha la responsabilità di chiedere anche quello che il figlio non vorrebbe fare.
Era quello che facevano le generazioni passate, che non avevano in mente la felicità ma di far crescere.»

Ok, i genitori danno i principi, le regole, i valori, e i figli si oppongono. Quali strategie si possono utilizzare per affrontare questo gioco di forza?

«Il genitore deve avere prima di tutto una sicurezza interna rispetto al fatto che per diventare grandi gli adulti possano dire i si e i no; i si facili, i no difficili. Quando un genitore si sente attaccato crede a quello che dicono i figli, ma i figli in quel momento lo dicono perché sono arrabbiati, e questo è comprensibile. Sarebbe bello che mio figlio quando gli do un limite mi facesse un applauso, che mi dicesse che sono un papà spettacolare, ma non può essere così. 

Il genitore si deve spaventare un po’ meno perché l’opposizione del figlio è un indicatore che sta facendo la cosa giusta.
Io ai genitori do un suggerimento: se figli ti dicono che sei il genitore peggiore del mondo, vai a riguardare che cosa è accaduto nell’ultimo mese e vedi quante cose belle e quanti momenti felici hai condiviso con tuo figlio. Nella vita non si può fare solo quello che piace.» 

E se i figli invece di opporsi attuano una resistenza passiva? Si ritirano?

«Il ritiro in genere coincide con un’iperattivazione della vita online, e per questo bisogna fare un lavoro di prevenzione. Quando un adolescente si ritira diventa sempre più difficile stanarlo perché è immerso in un’esperienza che ha aspetti di dipendenza. Importante che l’adulto rimanga al comando per quanto riguarda l’utilizzo dei device elettronici.»