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18 Ottobre 2019

La Germania espelle le donne vittime di tratta

Nella giornata europea contro la tratta degli esseri umani, il disperato appello di Happy. Il sistema d'integrazione tedesco è fra i migliori, ma c'è chi parla di deportazioni di massa per le donne che non rientrano nei parametri per l'asilo politico.
La Germania espelle le donne vittime di tratta
Foto di Marco Tassinari
La donna, con un figlio, aveva rifiutato l'aiuto delle unità di strada contro la prostituzione della Comunità di Papa Giovanni XXIII. Adesso il giro di vite contro le richieste di asilo mette fuori legge in Germania le vittime del racket portando ad un rischio di espulsione nonostante il percorso di integrazione ormai avviato. Con la responsabilità di avvocati compiacenti.
«Molte persone stanno scappando. Sono terrorizzata. La polizia tedesca ha rimandato molti miei connazionali in Nigeria. Ci chiedono di lasciare il loro paese. Ma io ho un figlio che ha poco più di un anno e sono rimasta sola. Ho paura che mi portino in Africa ma se ritorniamo, ho paura che ci uccideranno. Per favore aiutateci. Dobbiamo tornare in Italia, non lasciatemi sola. Avrei dovuto fidarmi di voi quella volta che mi avete incontrato in strada. Per favore aiutateci».

È il messaggio inviato ad un’operatrice in Italia da Happy, 22 anni due volte sfruttata nella sua vita di vittima di tratta. Prima in Italia, costretta alla prostituzione sulle strade di una città del nord Italia e poi – illusione di tante – in Germania seguendo il suo fidanzato, nigeriano pure lui. Qui inizia la pratica per la richiesta di asilo politico con l’aiuto a soli 500 euro ad ogni colloquio di uno dei tanti avvocati da strapazzo che in giro per l’Europa confezionano storie senza speranza di fuga da persecuzioni a motivo religioso. Poi rimane incinta, il fidanzato la rassicura perché in Germania alle mamme il governo garantisce per ogni figlio circa 300 euro al mese. Ma la sua vera storia di vittima non finisce qui. Siccome non hanno la residenza e non riescono a coprire le spese per l’assicurazione sanitaria di entrambi, il contributo per la maternità non arriva e il fidanzato scompare.

Ad Happy resta solo una speranza: tornare in Italia. Molte donne, vittime di tratta in Italia oppure destinate alla tratta in Germania, sono addestrate dai loro trafficanti a presentare una domanda di asilo all'arrivo nel paese di transito o di destinazione, spesso con falsa identificazione. Tantissime sono pure quelle che negli ultimi due anni hanno continuato ad essere merce di guadagno per falsi fidanzati (i cosiddetti loverboy) che, col miraggio di una famiglia felice, prima le mettono incinta poi le portano in Germania per ottenere il sostegno economico alla maternità e appena tornate in forma le reinseriscono nel circuito della prostituzione negli appartamenti o nei bordelli tedeschi. La mafia nigeriana anche in Germania non scherza.

Secondo il Rapporto 2019 sul traffico di persone del Dipartimento di Stato americano, il numero di sospetti trafficanti nigeriani dal 2016 è triplicato. Le organizzazioni anti-tratta da anni han lanciato infatti l’allarme: le case chiuse tedesche sono piene zeppe di schiave nigeriane, cinesi, rumene, albanesi, ungheresi.

Le deportazioni tedesche per un terzo hanno destinazione Italia

Come Happy sono migliaia i richiedenti asilo che vedono rifiutato l’asilo. Secondo l’Eurostat, le donne nigeriane che hanno presentato domanda di asilo nel 2017 in Italia sono state 6.800 e in Germania 2.975. Da allora i numeri in Germania e anche nella vicina Austria sono quasi raddoppiati. Se nel 2017 questa percentuale era pari al 15,1% del numero totale di domande, nel 2018 nella sola Germania ha raggiunto il 24,5%. Ma quando la richiesta di asilo viene respinta, l’Ufficio Federale per la migrazione e i rifugiati (BAMF) dà il via all’espulsione. In Germania esistono per questo i deportation center, centri di reclusione da cui poi partono voli aerei per i rimpatri forzati dei migranti, con la collaborazione della polizia federale. Per chi ha vissuto torture e violenze nell’inferno libico e poi sui marciapiedi della prostituzione, è un ulteriore trauma indelebile. Destinazione Africa oppure, nel caso dei cosiddetti “dublinanti” destinazione Roma. Le autorità possono inoltre chiedere un “fermo amministrativo” che può durare fino a 18 mesi, nel caso in cui ci sia la prova che l’individuo sia intenzionato a scappare per evitare il rimpatrio.

Nel 2018 è stato mandato in Italia un terzo dei richiedenti asilo espulsi dalla Germania nei vari Paesi dell'Unione Europea. 8.658 persone sono state espulse. Nei primi quattro mesi del 2019, 710 dublinanti sono sbarcati in Italia. E il numero è destinato ad aumentare perché il governo tedesco da una parte segue l’accordo di Dublino (attraverso la Banca dati europea delle impronte digitali, si verifica il paese del primo sbarco e lì viene rimandato il migrante), dall’altra valuta i paesi in cui la normativa può meglio tutelare la maternità e chi è vittima di tratta. Lo scorso anno non ha infatti deportato nessun migrante verso la Grecia e verso l’Ungheria perché considerati paesi che non garantiscono il rispetto pieno dei diritti umani.

L'impegno della rete europea contro la tratta

Le NGO stanno correndo ai ripari specie nel caso di persone vulnerabili come le donne sopravvissute alla tratta, in stato di gravidanza o con bimbi a carico o persone con disabilità. In una rete di contatti telefonici tra Italia e Germania, il tentativo è quello di garantire un percorso di recupero e integrazione già avviato in Germania sia alle donne che rientreranno in Nigeria grazie ai progetti di rimpatrio assistiti sia nel caso di espulsione in Italia attraverso il ricollocamento di queste donne vulnerabili, frutto delle cosiddette “seconde migrazioni”, in un progetto di assistenza di un ente antitratta, previsto dall’ex art.18 del Dlgs 286 del 1998 che, anche se non sempre applicato in modo uniforme nelle diverse questure d’Italia, gli altri paesi europei ci invidiano.

Dal gennaio 2019, il network Gemeinsam gegen Menschenhandel  (Insieme contro la tratta) con sede a Berlino sta realizzando il progetto denominato INTAP Un approccio intersezionale al processo di integrazione in Europa per le vittime di traffico di esseri umani nigeriane e cinesi insieme a  SOLWODI e The Justice Projekt in Germania, Herzwerk in Austria e  Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII in Italia. Attraverso una ricerca condotta da esperti dell'Università tedesca di Eichstätt con la realizzazione di un centinaio di interviste tra sopravvissute alla tratta e esperti del settore, i partners dei tre paesi più impegnati contro la tratta, pubblicheranno un manuale pratico per gli operatori europei perché possano adattare i programmi di integrazione psico-sociale esistenti e renderli più efficaci, con una particolare attenzione per le sopravvissute alla tratta che nei centri di accoglienza necessitano anche del sostegno alla maternità.

La diffusione del manuale operativo, che prende in esame opportunità e buone prassi ma anche ostacoli normativi e culturali all’integrazione delle sopravvissute, avverrà con la Conferenza conclusiva che si svolgerà a Karlsruhe, in Germania il 13 ottobre 2020.