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20 Maggio 2019

Giovani, jeans e clima

I jeans strappati mettono a dura prova l’ambiente
Giovani, jeans e clima
Foto di Rawpixel.com - stock.adobe.com
L’inverno 2018-2019 è stato il più caldo degli ultimi due secoli, ma fortunatamente lo ricorderemo anche per la prima grande mobilitazione degli studenti e dei ragazzi del movimento FridaysforFuture: finalmente i più giovani, sollecitati da una bellissima e determinata sedicenne svedese, sono diventati consapevoli di essere il primo bersaglio dei problemi climatici della nostra epoca, hanno capito che non c’è più tempo e che è necessario che i governi  mettano in atto un immediato cambiamento delle politiche energetiche e ambientali, prima che il riscaldamento globale comprometta la sopravvivenza umana sulla terra.
Parlando di queste problematiche e dei necessari cambiamenti di stile di vita, si è sempre accennato ai carburanti, alla raccolta differenziata, al cibo; ma oggi vorremmo provocare proprio i più giovani inserendo in questo elenco un articolo molto attuale e popolare: i jeans strappati. Sì, proprio loro! Sono l’emblema dell’effimero, di qualcosa che si acquista e si butta nell’arco di pochissimo tempo, perché non sono pensati per resistere nel tempo, come i primi blue jeans. Forse pochi sanno che l’industria del cotone è una delle più inquinanti al mondo: la pianta del cotone richiede molta acqua per la sua crescita ed essendo molto delicata, il raccolto viene reso più forte con l’utilizzo di pesticidi e prodotti chimici. Poi, per essere blu, il filo di cotone deve essere colorato con il colorante indaco, che mette a dura prova l’ambiente con altri usi massivi di acqua e prodotti chimici.
E se poi un’azienda desidera un look specifico o una finitura particolare sui jeans, come il lavaggio con pietre, sbiancamenti o altri dettagli, ci sono ulteriori passaggi con utilizzo di prodotti chimici, fra i quali il più dannoso è il processo di sbiancamento, che utilizza molta acqua e può essere molto dannoso per i lavoratori che entrano in contatto con le sostanze chimiche necessarie.
Insomma, per un paio di jeans, si produce un tasso così elevato di CO2 che tanto vale comprarli integri e farli durare il più a lungo possibile!

Un cotone non sostenibile

Pur essendo una fibra naturale, per la sua coltivazione vengono impiegate moltissime sostanze chimiche, spesso distribuite sotto forma aerea e disperse nell’ambiente in modo difficilmente controllabile, che si rendono responsabili di effetti dannosi all’ambiente e alla salute delle persone che lavorano e che vivono vicino alle piantagioni.

La Campagna Abiti puliti

Percorrendo tutta la filiera necessaria per la produzione di un paio di jeans, incontriamo altre grosse problematiche, legate al mancato rispetto dei diritti dei lavoratori sfruttati dalle grandi marche in Bangladesh ed altri paesi asiatici. La Campagna Abiti Puliti è ancora molto attiva e chiede anche la nostra partecipazione attiva.
«Dobbiamo orientare le nostre scelte a beni durevoli, sostenibili». È bella la provocazione lanciata da Luca Mercalli, un famoso meteorologo e climatologo, ai ragazzi: «Voglio vedere nascere il “movimento della ricucitura dei pantaloni”, fatelo, date un segno!». Simbolicamente è anche un segno concreto di ricucitura delle ferite che abbiamo inflitto alla nostra Madre Terra.