Il tempo del Giubileo, nella tradizione Cristiana, specialmente Cattolica è caratterizzato da un anno dedicato alla riconciliazione con Dio, alla conversione, al perdono dei peccati e alla remissione delle pene.
Biblicamente è un anno di liberazione e giustizia. (Lv 25,10) La porta Santa simboleggia Cristo, "la Porta" attraverso cui si accede alla salvezza (Gv 10.9). Attraversarla significa il desiderio di passare dalla condizione di peccato alla grazia di Dio. Papa Francesco ha scelto di trasformare la porta del carcere di Rebibbia in Porta Santa. È una novità storica senza precedenti. Dunque chi passa questa porta, chi l'attraversa è chiamato insieme ai detenuti, con i detenuti a vivere l'esperienza della Grazia per giungere alla salvezza. Penso a tutti gli operatori come i direttori, agenti di polizia penitenziaria, educatori, i cappellani e tanti volontari: se ne contano circa 14.000 che a vario titolo entrano in carcere e attraversano quella porta, che è la prima di 10 o 15 porte necessarie per arrivare a quella della cella e incontrare il detenuto.
Il tempo del Giubileo, nella tradizione Cristiana, specialmente Cattolica è caratterizzato da un anno dedicato alla riconciliazione con Dio, alla conversione, al perdono dei peccati e alla remissione delle pene.
Cosa dice a tutti noi questo gesto voluto dal Papa? Dice che per tutti è riservata la grazia di passare da una vita peccaminosa ad una vita santa, nessuno escluso.
Oggi, per come stanno andando le cose, il carcere sembra essere considerato come luogo in cui mettere gli scartati di questo mondo, come fosse una grande pattumiera. Anzi si collocano di fatto scarti pericolosi, rinchiudendo dentro questo abisso tutte le contraddizioni di questa società con l’illusione di risolverle. Il Papa ci dice che al pari della Porta santa della basilica di san Pietro e delle varie basiliche, c’è la porta di un carcere. Mentre attraversando la prima porta, Cristo ci dona la salvezza entrando in Basilica per vivere la comunione sacramentale, entrando attraverso la porta del carcere, Cristo ci dona la salvezza nell’incontro con quei poveri, con quegli scarti pericolosi. Attraverso l’incontro con loro, “carne viva di Cristo”, possiamo entrare in comunione con Dio stesso.
Nella bolla di indizione del Giubileo Ordinario dell’Anno 2025 "Spes non Confundit" il Papa invita alla speranza, citando Isaia: «La scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore» (Is 61,1-2).
Da questa condivisione è nato il progetto CEC, Comunità Educante con i Carcerati, che accoglie circa 250 tra detenuti ed ex detenuti. Abbiamo scoperto che il male è un mistero, ma sempre nasce dalle ferite del cuore dell’uomo. Le comunità sono come “ospedali da campo” dove il male, nato dalle ferite del cuore umano, viene curato. Mi piace pensare che la sala operatoria di ogni comunità è la cappellina e il medico è sempre lui, il Signore che «non è venuto per i sani ma per i malati e non è venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9.9).
Il Papa esorta i Governi a creare «percorsi di reinserimento nella comunità a cui corrisponda un concreto impegno nell’osservanza delle leggi». Le Comunità Educanti con i Carcerati sono luoghi di espiazione della pena alternativa al carcere, con percorsi educativi da svolgere in un circuito comunitario protetto, garantendo sicurezza ai cittadini, rispetto alle vittime e riscatto al reo. Si attende il loro riconoscimento istituzionale ed amministrativo da parte di questo Governo, auspicando che una legge in tal senso diventi un vero atto di Clemenza e di Misericordia.