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28 Maggio 2024
Ultima modifica: 28 Maggio 2024 ore 15:50

Haiti: spiraglio di speranza tra le bande armate

Nonostante la violenza, a Haiti riapre la casa di accoglienza per bambini della Comunità Papa Giovanni XXIII.
Haiti: spiraglio di speranza tra le bande armate
I volontari David e Wilkens hanno riaperto la casa di accoglienza Foyer Papa Nou a Port-au-Prince, in un contesto di caos e violenza, con bande armate che controllano il paese.

Si chiamano David e Wilkens cresciuti a Port-au-Prince, la capitale di Haiti e sono "figli spirituali" di Maddalena Boschetti, missionaria della diocesi di Genova e presidente della organizzazione Aksyon Gasmy che ha fondato nel 2016. Sono i giovani volontari, classe 2000, che hanno ricominciato da pochi giorni i lavori di manutenzione necessari per riattivare la casa di accoglienza aperta dalla Comunità di don Oreste Benzi nella capitale di Haiti cinque anni dopo il violento terremoto che colpì l'isola nei Caraibi.
«Da circa una decina di giorni la situazione è apparentemente piú calma nella zona, nonostante la presenza costante e non nascosta di banditi armati un po' ovunque - spiega la missionaria impegnata al fianco della popolazione più fragile. Per ora i due volontari hanno iniziato radunando alcuni dei bimbi piú vulnerabili del quartiere, per farli giocare e mangiare insieme e offrire loro finalmente dei momenti di serenità, riabituandoli a sentire il Foyer come un punto di riferimento in cui sono al sicuro. Qui dobbiamo superare la paura e costruire la pace! Stiamo aspettando poi che gli ospedali vicini possano riprendere a pieno ritmo la loro attività, per ricominciare a utilizzare la casa anche per accogliere i bambini e le mamme che eventualmente ne avranno bisogno, come la Comunità Papa Giovanni XXIII ha fatto in passato».

David e Wilkens, volontari della Casa di accoglienza ad Haiti


Il 9 aprile hanno ripreso infatti le attività grazie all'accordo tra la Comunità Papa Giovanni XXIII e Aksyon Gasmy. La casa di accoglienza denominata Foyer Papa Nou (Padre Nostro) ha aperto i battenti, nonostante il caos che imperversa a pochi chilometri per ridare un ambiente accogliente e iniziative di condivisione e supporto ai minori e alle mamme dei più fragili. 

Agguati in Haiti 

Gli agguati lungo le grandi vie di collegamento, i costi obbligati dei pedaggi richiesti dalle gang agli autisti pena la vita, e infine i rapimenti e le esecuzioni sommarie continuano. Nel quartiere di Bon Repos, a nord della capitale è di giovedì scorso la tragica notizia dell'assassinio di due giovani missionari statunitensi di 21 e 23 anni, familiari di un deputato degli USA. Dentro all'orfanotrofio, insieme al direttore della ONG Missions in Haiti che gestisce anche una scuola di 450 bambini e due chiese, un gruppo di banditi ha sparato su di loro senza pietà.
La missione multinazionale che si attende da mesi nel paese insanguinato dalle rivalità tra gang sarà avviata davvero?
Colpire gli affetti più cari di un deputato USA per il Presidente americano non può essere il modo per provocare una reazione proprio ora che agenti di polizia keniani stanno preparando con nuove forze la repressione delle gang che hanno preso il controllo del paese con le armi, con i droni, con l'incitamento tramite i social. «Le gang sono ovunque - ci aggiorna con la solita determinazione che la contraddistingue Maddalena Boschetti. I missionari uccisi la settimana scorsa hanno dato le ultime notizie ai loro cari praticamente in diretta, usando un wi-fi, in uno scambio concitato di messaggi, fino a che tutti i telefoni si sono zittiti. Sono stati trucidati davanti ai loro bambini! Nonostante tutti gli appelli, nessuno è intervenuto. La gente aspetta militari stranieri, tanto attesi ma mai inviati. Promesse disilluse, mentre la gente muore. È facile passare all'odio per lo straniero di fronte al totale caos. Ma noi non ci fermeremo, accanto ai piccoli, accanto ai più indifesi». 

Missione ONU

Nonostante la violenza che ancora imperversa in alcune aree della capitale, una settimana fa è stato riaperto l'aeroporto Toussaint-Louverture per l'arrivo di aiuti umanitari, medicinali e beni di prima necessità, dopo l'allarme lanciato dai medici per la situazione di degrado degli ospedali, mentre il principale porto del Paese non è ancora operativo.
Anche le Nazioni Unite confidano in una fase nuova di speranza, con la missione di polizia internazionale, guidata dal Kenya in collaborazione con Bahamas, Giamaica, Belize, Benin, Ciad e Bangladesh per ridare stabilità al paese. «Senza un processo di pace sarebbe difficile il lavoro dei missionari ancora presenti sull'isola» - ci spiegano da Haiti i volontari. L'obiettivo di arrivare alla nomina attraverso il voto popolare di un nuovo presidente entro il 7 febbraio 2026 è ancora lontano. «Ma i più piccoli e indifesi, che hanno già visto coi loro occhi troppa violenza, non possono aspettare».