«Io penso che, se si va avanti così, si va sempre più verso un declino della Chiesa, e ti spiego perché. Il Giubileo del duemila rischia di essere un enorme fallimento perché vedremo masse che andranno a Roma, ma saranno masse come in discoteca, in cui ci sono tanti ma ognuno di loro è solo. Non andranno come popolo, andranno per una devozione, non per un cambiamento. Il vero Giubileo è questo: che tutta la Chiesa sviluppi e manifesti la comunione.
Attualmente nella Chiesa si commettono errori pratici madornali perché si viene ad essere d'accordo, sul piano pratico, con questa società: che i matti devono stare in manicomio, che le prostitute devono stare nelle case chiuse, che gli handicappati devono rimanere negli istituti. La società si difende da chi non corrisponde al suo canone che regola la produzione e l'uso dell'uomo come strumento, per cui fa tante vittime; e la Chiesa, invece di reinserirle nella società, invece di riaccoglierle come membra essenziali dell'unico corpo, ha favorito il crearsi di tante sacche di povera gente da assistere: non ci si rende conto che – come dice San Paolo – sono proprio le parti più deboli ad essere le più necessarie nella Chiesa.»
«Io lo vedo in questa maniera: che quelli che sono tenuti in manicomio entrino in tutte le famiglie della comunità ecclesiale mondiale, che tutti i bambini trovino un papà e una mamma, che ogni parrocchia accolga una prostituta-schiava come figlia, che gli anziani ritornino nelle nostre case, che gli psichiatri accolgano il paziente nella propria famiglia, che i maestri aprano il proprio cuore e la propria casa agli alunni in difficoltà, che i giudici aprano la propria famiglia ai detenuti, che i medici accolgano i malati di AIDS...
Poi ancora vedo un vero Giubileo se si cambia atteggiamento nel rimuovere le cause dell'emarginazione, nell'insorgere come un popolo solo, in tutto il mondo, contro lo schiavismo, contro l'oppressione. In che maniera però? Non soltanto gridando, ma redimendo, cioè mettendoci in una nuova visione.»
«La condivisione. Quello che ancora la Chiesa persegue in maniera preponderante, quasi unica, è il servizio. No! La natura della Chiesa è prima di tutto condivisione. Se la Chiesa ritorna a questo, allora si forma veramente una famiglia di figli redenti.
Il vero Giubileo dev'essere fatto in tutte le diocesi e in tutte le parrocchie, in tutte le comunità, in tutte le aggregazioni ecclesiali, e dev'essere portata avanti la redenzione. Il fatto di andare a Roma serve a poco se non avviene la rinascita di un popolo.
La Chiesa deve mettersi a lottare contro le cause profonde dell'emarginazione e schierarsi con tutti i movimenti che riportano la voce di chi non ha voce, il grido della povera gente, e creare soprattutto nuove forme di vita. Deve lanciarsi per una nuova evangelizzazione, che però viene fatta per trapianto vitale, suscitando realtà di comunione. Il Giubileo sennò servirà a far fare soldi a Roma capitale d'Italia, servirà al business, e ad un incontro veramente bello e simpatico col Papa, perché lui è un segno vitale della Chiesa.»
«Tantissime persone, soprattutto giovani, coppie di sposi, consacrati, vivono già in questa proiezione vitale. È questa, io credo, la "primavera della Chiesa" preconizzata da Pio XII.»
Parole forti, di denuncia ma anche di speranza. E perché sia una speranza che “non delude” – come titola la Bolla di indizione del Giubileo 2025 firmata da papa Francesco – la ricetta di don Oreste è che all’annuncio segua l’azione.
Don Oreste non è tra i relatori, siede in sala, tra i tanti.
Quando l’assemblea si apre agli interventi del pubblico, lui si alza e si dirige verso il palco. Cammina lentamente, la solita tonaca sgualcita che lo fa sembrare appena uscito da un cantiere, i capelli scompigliati, gli occhiali scivolati lungo il naso. Mentre passa c’è chi lo riconosce e gli tende la mano per salutarlo, lui risponde con il suo sorriso benevolo. Il volto appare stanco ma concentrato, assorto. Comincia a parlare. Ha con sé degli appunti, probabilmente scritti pochi minuti prima, ma poche volte abbassa lo sguardo per consultarli. Chiude spesso gli occhi come per trarre ispirazione da una fonte che si trova altrove.
Le sue parole spiazzano: «Io penso che il nemico del bene comune siamo noi cattolici». In che senso? si chiede la platea. La risposta: «È scomparsa la coscienza di essere popolo di Dio, con una missione di salvezza da portare». Ma così, avverte don Oreste, «si ha il tradimento della rivoluzione cristiana».
E per farsi capire fa esempi concreti:
le decine di migliaia di bambini uccisi ogni anno nel seno materno («chi tace con i fatti, è complice del delitto. Le nostre mani – si voglia o no – grondano sangue»),
le donne sfruttate con la prostituzione («in 4 o 5 mesi si potrebbero liberate tutte le 100 mila schiave, perché non lo si fa?»),
le persone che escono dal carcere e non sanno dove andare («Il popolo cristiano apre la casa, le braccia e vive con loro? … perché non devono avere il diritto di dare prova di essere cambiati?»)
È arrivata l’ora dell’azione, della concretezza, avverte: «occorrono strategie da attuare, ognuno nel dono carismatico che ha … ma dobbiamo vedere i fatti».
E poi l’affondo: «La gente si sente tradita tutte le volte che ripetiamo parole di speranza ma non c’è l’azione. Cos’hanno lasciato i cattolici? – permettetemelo – Hanno lasciato la devozione, ma la devozione senza la rivoluzione non basta! Soprattutto le masse giovanili non le avremo mai più con noi se non ci mettiamo con loro per rivoluzionare il mondo.»
Pochi giorni dopo, il 2 novembre, il cuore di don Oreste smetterà di battere, e quelle parole – prima confuse nel flusso comunicativo che caratterizza il nostro tempo – riemergeranno in tutta la loro forza, verranno riprese e citate come una sorta di testamento pubblico del sacerdote dalla tonaca lisa.
Parole – citate molto, attuate poco – che rappresentano tutt’ora una chiave di lettura per comprendere il pensiero e l’azione di questo sacerdote definito «infaticabile apostolo della carità», ma che non slegava mai quest’ultima dalla giustizia.
La coincidenza tra il Giubileo della speranza e il Centenario di don Benzi si presta a generare un mix interessante, e sono molte le iniziative in cantiere per far sì che questo 2025 sia davvero un anno proficuo.
Valter Martini, piemontese, è una figura di raccordo tra i vari soggetti impegnati in questa azione: la Fondazione don Oreste Benzi (di cui è direttore), la Comunità Papa Giovanni XXIII e il Comitato per il Centenario, che coinvolge anche la Diocesi e il Comune di Rimini.
«Le iniziative in realtà sono iniziate il 14 settembre 2024, con l’evento di apertura che si è svolto a Rimini e ha visto la partecipazione del presidente della CEI Matteo Maria Zuppi – ci spiega (il resoconto nello scorso numero di Sempre Magazine) –. Poi si sono svolte celebrazioni in molte zone d’Italia, spesso presiedute da vescovi, in occasione dell’anniversario della morte, il 2 novembre».
La gran parte degli eventi, però, sarà quest’anno. E sono previste iniziative molto diverse tra loro, a livello locale, nazionale e internazionale.
«Da quando siamo partiti con questo percorso di progettazione – prosegue Martini – appare sempre più evidente un fatto: don Oreste era un personaggio a tutto campo, non era specializzato su un tema, si occupava di tutto. Stanno continuamente emergendo aspetti che necessitano di essere esplorati. Non si può racchiuderlo, limitarlo. Certo, il centenario non deve essere uno spezzatino, ma vorremmo riuscire a presentarlo nella sua integrità».
Per questo sono previsti appuntamenti sui grandi temi che hanno caratterizzato la sua azione, come la lotta per liberare le vittime della prostituzione – «Si faranno eventi in varie zone in febbraio, in corrispondenza della memoria di Santa Bakhita» – o l’azione per liberare i giovani dalle droghe: «Ci sarà un convegno in autunno, che farà il punto sulle varie forme di dipendenza e le possibili soluzioni». Altri appuntamenti saranno invece a livello culturale e istituzionale, a Roma ma anche a Ginevra, per evidenziare l’influenza che il pensiero e l’azione di don Oreste ha avuto in Italia e nelle relazioni internazionali, e rilanciare alcune sue proposte.
Don Oreste si è occupato di bambini, adolescenti, giovani, anziani, persone con disabilità e sofferenze psichiatriche, tossicodipendenti, zingari, persone senza fissa dimora, detenuti, vittime di tratta; è stato inoltre un grande innovatore sul piano spirituale, educativo e politico-sociale: difficile inquadrarlo, ma c’è una vision, diremmo oggi, capace di tenere unito il tutto, ed è la sua idea di “società del gratuito”.
È a questo tema che verrà dedicato un grande evento che si terrà a Rimini il 5-6-7 settembre 2025, proprio in coincidenza con il suo centesimo compleanno.
In un periodo in cui la speranza in un mondo nuovo si infrange sulla crisi dei modelli tradizionali e sul riemergere di conflittualità che si pensavano ormai superate, la società del gratuito proposta da don Oreste può rappresentare un nuovo punto di riferimento, a livello nazionale ma anche internazionale. Tanto più che l’elaborazione teorica è supportata da esperienze condotte negli ultimi decenni che ne stanno dimostrando la validità. Ed è proprio in quelli che don Oreste chiamava “i nuovi mondi vitali” che la luce della speranza assume il volto accogliente della condivisione.
Presso il sito fondazionedonorestebenzi.org c’è una sezione dedicata al Centenario con molti approfondimenti e il calendario degli eventi, continuamente aggiornato.
Una serie di pubblicazioni approfondiscono la vita e il pensiero di don Oreste dal punto di vista spirituale, culturale, sociale.
Il catalogo aggiornato su shop.apg23.org
Semprenews.it, quotidiano on line evoluzione del giornale Sempre avviato 50 anni fa dallo stesso don Oreste, continuerà per tutto il 2025 a sfornare notizie e appuntamenti legati al Centenario. L’accesso è gratuito. Cliccando su “iscriviti” verrai informato anche tramite newsletter.
Il pazzo di Dio. La strada di don Oreste Benzi è il titolo del docufilm realizzato dal regista Kristian Gianfreda in occasione del Centenario. Da novembre 2024 sta girando i cinema italiani.
Info: coffeetimefilm.it
Il modo più semplice per avere il Messalino di don Oreste, il Magazine, i libri, le notizie e gli appuntamenti sempre disponibili sullo smartphone, oltre alla possibilità di inviare una intenzione di preghiera per chiedere l’intercessione di don Oreste per una persona
o una situazione che ci sta a cuore. Disponibile su App Store e Google Play.
Un percorso guidato lungo i luoghi dove il sacerdote riminese è vissuto e ha avviato la sua opera: il paese natale, il seminario, la prima casa famiglia e il primo pronto soccorso sociale, la casa dei carcerati, il centro storico di Rimini ove ha iniziato le prime battaglie, il liceo in cui ha insegnato. Info: sulleormedidonoreste@apg23.org