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27 Marzo 2025

Il legno dei barconi diventa musica

«I nostri strumenti portano un messaggio di speranza. Per questo li mettiamo a disposizione per eventi nell'anno del Giubileo»
Il legno dei barconi diventa musica
Foto di Michela Lovato
Sulle pendici dell'Etna si trasformano i barconi dei migranti in strumenti musicali. Un progetto che unisce la maestria di un liutaio ritrovato, la sensibilità di una cooperativa sociale e il potere evocativo di un legno carico di storia e speranza.
Dalla sofferenza alla melodia. È questa la straordinaria trasformazione che sta avvenendo grazie alla cooperativa sociale "Ro la formichina", nella cui falegnameria un gruppo di persone con disabilità o provenienti da storie di disagio ed emarginazione sta realizzando strumenti musicali unici, utilizzando il legno dei barconi che giungono carichi di migranti sulle coste siciliane.
«Questo legno ha portato tanta sofferenza ma anche tanta speranza – spiega Marco Lovato, presidente della cooperativa, che ha sede a Santa Venerina (CT) –. Per questo abbiamo pensato di dargli l’opportunità di una nuova vita, trasformandolo in suoni».
L'idea è nata quasi per caso, dall'incontro con un liutaio anche lui approdato alla cooperativa dopo un percorso non facile. «Insieme abbiamo iniziato a sognare – racconta Lovato –. Abbiamo pensato che questi strumenti potessero essere un ponte tra le diverse culture, un simbolo di accoglienza e di rinascita».
Lovato viene dal nord, dal Veneto, ma da 33 anni vive in Sicilia, dove è giunto nel 1992 assieme alla moglie Laura Lubatti, piemontese, aderendo – dopo solo tre mesi dal loro matrimonio – all’invito di don Oreste Benzi di aprire una casa famiglia in quella regione così diversa, per clima e per cultura, da quelle di provenienza.
Ma le persone in difficoltà, oltre che di una casa e di una famiglia, hanno bisogno anche di un lavoro, tanto più al sud, e così nel 2001 è nata anche la cooperativa (www.rolaformichina.it).
Il deposito del legno recuperato dai barconi con il quale vengono realizzati gli strumenti musicali. Da destra: Marco Lovato, presidente della cooperativa e Alberto Pennisi, responsabile della falegnameria, con il liutaio Salvatore Zappalà (con la felpa grigia) insieme ai collaboratori coinvolti nel progetto.
Foto di Michela Lovato

 

UN LEGNO CARICO DI SIGNIFICATI

L’idea di utilizzare il legno dei barconi nella falegnameria gestita dalla cooperativa in Via don Oreste Benzi 2 (qui ormai il carisma del sacerdote dalla tonaca lisa si è radicato anche nella toponomastica) non è nuova. «Già da diversi anni lo utilizziamo per realizzare oggetti sacri, come ostensori, tabernacoli, pastorali per i vescovi – spiega Lovato –. Questo legno che ha portato su di sé vite sofferenti, drammi e speranze, ci ricorda la croce di Cristo, per questo ci sembra particolarmente adatto a questo scopo».
Anche la realizzazione di strumenti musicali ha una storia pregressa; da una decina d’anni – grazie alla collaborazione con il percussionista Salvo Farruggio – la cooperativa realizza cajon, una sorta di “scatola” di origine peruviana, in grado di produrre diversi suoni a seconda del lato e del punto in cui viene percossa.
Ora però la storia ha preso una nuova direzione grazie a un incontro apparentemente causale.
 

IL LIUTAIO RITROVATO

«Ci era stato proposto di inserire in cooperativa un signore proveniente da un momento di difficoltà, tanto che era dovuto ricorrere al reddito di cittadinanza – racconta Lovato –. Abbiamo accettato e lo abbiamo affiancato ai nostri ragazzi in falegnameria. Ma dopo un po’ abbiamo scoperto che aveva un passato di liutaio, e così, insieme, abbiamo cominciato a sognare qualcosa di più».
Abbiamo raggiunto Salvatore Zappalà (per tutti semplicemente Salvo) al telefono, e scopriamo una storia davvero interessante, di quelle che puoi incontrare solo percorrendo le strade di periferia. Ci racconta che da giovane ha studiato violino, viola e composizione. La musica fa parte della sua vita, ma ha sempre cercato significati che andassero oltre la semplice esecuzione. Prima ha frequentato Filosofia a Catania, poi ha interrotto per passare al Dams di Bologna. Lo studio teorico, tuttavia, non gli bastava, era attratto dagli strumenti che producono il suono: «Così mi sono messo in contatto con dei liutai del posto – spiega – perché le informazioni si trovano ovunque, ma per imparare bisogna sperimentare».
Prima va “a bottega”, poi inizia a costruire lui stesso, provando cose nuove. «Per un po’ mi sono dedicato anche alla realizzazione di strumenti antichi, costruiti sulla base di ricerche iconografiche.»
Gli artigiani fabbricano i violini con il legno dei barconi
Foto di Michela Lovato
Tornato in Sicilia, apre un laboratorio di falegnameria, ricavandosi però sempre spazio per questa passione. Realizza violini, viole da gamba. Ma le cose non vanno sempre come si vorrebbe. Emergono problemi familiari, poi di salute. Alla fine chiude l’attività e finisce per chiedere il reddito di cittadinanza.
Sembra ormai avviato lungo una strada che non lascia intravedere una meta, fino a quando gli viene proposto un tirocinio presso la cooperativa Ro la formichina. Non ne ha mai sentito parlare, ma accetta, non ha niente da perdere. E scopre un mondo che non conosceva, dove la musica e la ricerca di significati possono incrociarsi: «Qui ho visto una manifestazione spirituale nell’arte, qualcosa che trascende la materia, realizziamo strumenti che toccano il cuore e l’anima».
Salvo ha 64 anni, gli chiedo se è soddisfatto di questa esperienza. «Sono felice, non solo soddisfatto – risponde deciso –. Questo progetto mi ha entusiasmato; mi ero ormai isolato, questo per me è stato un ritorno alla vita!».
 

UN SUONO CHE VIENE DA LONTANO

Da quando il progetto è stato avviato sono state realizzate una decina di chitarre, due violini, un violoncello, una viola da gamba.
Un aspetto mi incuriosisce: ma come ci si procura il legno dei barconi? «In effetti non è semplice – spiega Lovato –. Le barche abbandonate sulla spiaggia vengono poste sotto sequestro dalle autorità competenti, che poi ne ordinano la demolizione. Spiegando le nostre motivazioni, siamo però riusciti ad ottenere il dissequestro e il nulla osta per prelevare il legno. Così partiamo con il nostro furgone, raggiungiamo il porto nell’area in cui sono stoccati i relitti e torniamo in laboratorio con i pezzi che ci servono». 
Dalla barca alla chitarra o al violino, tuttavia, il passaggio è notevole. Occorre scegliere con cura le parti utili. Chi fa la selezione? «Qui entra in gioco il liutaio», continua Lovato. Un conto infatti è lavorare con tavole di legno selezionate e integre, un altro è utilizzare materiale ricavato dai relitti.
«Andiamo a recuperare direttamente sulla spiaggia legno che serviva ad altri scopi, diverso da quello che solitamente si usa per strumenti musicali – conferma Zappalà –. Sono legni che hanno patito molto: l’acqua, la salsedine, la sabbia. Vanno selezionati con cura i pezzi più idonei, guardando anche alla venatura, per poterli poi assemblare e lavorare in modo adeguato.»
Per quanto si possa selezionare, stiamo comunque parlando di materiale di recupero, per cui ci si potrebbe aspettare che questi strumenti abbiano un suono scadente, invece il risultato è sorprendente, come hanno attestato diversi musicisti che li hanno finora utilizzati.
Chiedo al liutaio come sia possibile. «Ciò che fa suonare bene lo strumento non è solo la qualità del legno, ma la tecnica di costruzione – spiega –. Con questo tipo di materiale dobbiamo lavorare molto di più sui particolari, agire sulle incatenature, sulle tensioni della tavola, per valorizzarlo al massimo. E devo dire che siamo soddisfatti di ciò che riusciamo a ottenere, sia per la qualità del suono che per il volume.»
Queste particolari chitarre colorate sono alcuni degli strumenti prodotti con il legno recuperato dai barconi
Foto di Giovanni Cristaldi

 

UNO STRUMENTO PER IL GIUBILEO

Ma c’è un altro aspetto da considerare: «I musicisti che hanno accettato di suonare i nostri strumenti – dice ancora Lovato – ci raccontano di aver provato una emozione particolare, di aver in qualche modo percepito le storie drammatiche assorbite da quel legno che hanno tra le mani, e questo influisce sulle emozioni che loro stessi sono in grado di donare al pubblico».
Apprezzamenti che hanno dato ulteriore slancio a Salvatore Zappalà e ai suoi collaboratori, tanto che ora stanno lavorando su un intero quartetto d’archi: violini, viola e violoncello, mentre è allo studio l’ipotesi di poter realizzare anche un clavicembalo.
Il progetto in corso è finanziato nell’ambito del bando “Realizziamo il Cambiamento con il Sud” con il sostegno di Fondazione Realizza il Cambiamento, Fondazione Con il Sud e ActionAid International Italia E.T.S., ma si stanno valutando ulteriori sviluppi, magari in rete con altre esperienze simili.
Nel frattempo, per valorizzare e far conoscere questi strumenti e il messaggio di cui sono portatori, la Cooperativa ha pensato di agganciarsi al Giubileo della Speranza. «La parola Giubileo deriva da jobel, il corno d’ariete che veniva usato nell’antichità per annunciare l’inizio dell’anno giubilare – spiega ancora Lovato –. Anche i nostri strumenti annunciano un messaggio di speranza. Per questo mettiamo le nostre chitarre a disposizione di gruppi e parrocchie perché le possano utilizzare in occasione di eventi organizzati in questo anno particolare: accettiamo eventuali offerte a sostegno del progetto, ma soprattutto chiediamo la disponibilità a raccontare la storia e il significato di questi strumenti».
Per avere maggiori informazioni basta scrivere una email a marcolovato@apg23.org o un messaggio whatsapp al numero 3482488157.