6 Marzo 2025
Il piccolo Ivan, senza famiglia per due mesi
Pubblichiamo la lettera che il Responsabile della Comunità Papa Giovanni XXIII, Matteo Fadda, ha inviato al Direttore di Avvenire
Foto di Anastassiya
Ivan, il neonato di Palermo abbandonato in ospedale a dicembre, ha trovato una famiglia affidataria solamente a febbraio. Come è potuto succedere? Che cosa si poteva fare per il neonato e la sua mamma?
Nel dicembre scorso sono stati trovati in un giaciglio di fortuna in un cantiere edile a Palermo un neonato con la sua mamma. Immediatamente soccorsi e trasferiti in ospedale, mentre la mamma era ricoverata ha deciso di allontanarsi lasciando il piccolo nella struttura sanitaria. Nelle ore successive la procura per i minorenni di Palermo aveva chiesto e ottenuto dal Tribunale l'adottabilità del neonato, ma i tempi si sono allungati e per due mesi il neonato è rimasto ricoverato nel reparto di ostetricia.
Il bisogno - acuto e profondo - di figure genitoriali
La storia del piccolo Ivan fa riflettere per tanti aspetti. Il dramma di una donna incinta di cui forse nessuno si è accorto per nove mesi; l’assurdità dei tempi burocratici così lunghi da non riuscire ad offrire una famiglia adottiva ad un neonato in stato di abbandono. Soprattutto l’ingiustizia di lasciare per due mesi in ospedale un neonato senza intraprendere altri percorsi temporanei per rispondere nell’immediato ai bisogni prioritari dei bambini: sperimentare un nutrimento, un accudimento “caldo”, delle relazioni e la cura di una famiglia che li accolga nella quotidianità fin dai primi giorni di vita. Il bisogno di figure genitoriali è un bisogno acuto e profondo. Il primo bisogno di un bambino è quello di sentirsi accolto, di esistere per qualcuno, solo così crescerà sicuro. Il bisogno di sicurezza va soddisfatto a tutti i costi.
Quale migliore risposta se non l’affidamento familiare?
L’affidamento familiare è la risposta immediata per far sì che bambini adottabili non debbano vivere in ospedale o in comunità in attesa che si trovi la famiglia adottiva per loro.
La legge che disciplina l'adozione e l'affidamento ribadisce che “il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno” e che “ove non sia possibile l'affidamento nei termini di cui al comma 1, è consentito l'inserimento del minore in una comunità di tipo familiare”.
I bambini non possono aspettare
Pertanto occorre promuovere l’accoglienza temporanea di questi bambini in famiglie affidatarie ben formate che sappiano accogliere, nutrire e fare un pezzetto di strada con loro per poi favorire un buon passaggio verso la famiglia adottiva. Per questi bambini è spesso preferibile la separazione, prevista e preparata, da una famiglia affidataria con cui si è stabilito un profondo legame ed il suo accompagnamento verso un'altra famiglia, piuttosto che l'assenza di una precoce esperienza di attaccamento e la permanenza in un ospedale o in una comunità. Don Oreste Benzi ripeteva che “i poveri non possono aspettare”. E questo vale ancor di più per i bambini.
È necessario inserire precocemente i bambini in famiglia, in situazioni come quelle del piccolo Ivan.