Mariella Matera, in arte Alumera, è una grafica creativa che trasforma la sua fede in illustrazioni. Come quella dedicata a Santa Teresina di Lisieux, ricordata oggi, 1 ottobre.
Da un piccolo paese della Calabria, ad una community più di 18 mila follower su Instagram, la collaborazione con la CEI, un libro di preghiere illustrate per bambini ed altre mille avventure che lei stessa definisce "coincidenze impossibili" piene di Provvidenza, come l'incontro con l'amata Sandra Sabattini.
Alumera nelle sue illustrazioni riversa la linfa vitale di un’interiorità viva e piena d’amore per Dio. Un impegno che non resta sterile, ma che vuole donarsi per accompagnare nella fede e nella preghiera i fratelli incontrati anche dietro lo schermo, come nelle novene illustrate che si incontrano sul suo profilo instagram: in questi giorni quella a Santa Teresina di Lisieux che oggi, 1 ottobre, si festeggia.
Ma non solo: Mariella è un'anima viva che per natura e vocazione sa donare a chi la incontra preghiere, immagini, bellezza capace di risvegliare la fede.
«Trasformo, da quando ero piccola, in versi ed immagini quel fuoco che arde nelle mie mani, nel mio cuore. La creatività che si fa parola o immagine per rendere testimonianza è la mia è la mia vocazione.»
Alumera: questo nome è diventata una parte di te, ma da dove nasce?
Alumera viene da un’espressione del dialetto calabrese, ovvero “‘a lumera”, la lucerna, quella vecchia lampada ad olio che si usava una volta. Mi emoziona perché ha un significato biblico profondo, ma nasce da una mia vecchia poesia, in cui paragonavo questa lampada, tenuta viva dalla presenza dell’olio, alla mia bocca, che non poteva star zitta finché nella mia vita ci fosse stato l’amore di Dio. Immagine abbracciata poi dal Vangelo di Matteo 5, 14-15, “voi siete la luce del mondo” che non è fatta per restare nascosta.
Ci racconti gli inizi di questo viaggio che ti porta oggi ad illustrare la tua fede?
Da piccola avevo un diario in cui appuntavo frasi e parole e portavo sempre con me una matita: si è trattato del maturare di questa passione per l’arte, unita ad un amore, una presenza che ho sempre vissuto. Il momento, però, in cui questo sogno è diventato concreto coincide con la morte della nonna. Il giorno del funerale ho sentito una voce risuonare in me, che diceva “questo dolore fallo diventare frutto per tanti”, decidendo di seguirla: nonna è morta a dicembre 2019 e il primo contenuto della community è stata la Via Crucis della Quaresima, che poi è diventata la prima pubblicazione di Alumera.
Hai avuto feedback che questo amore che cerchi di trasmettere avvicini le persone alla fede?
Ricordo con affetto due episodi particolari: il primo riguarda una ragazza che mi ha confidato di aver ricominciato a frequentare la chiesa (aveva interrotto ogni percorso dopo la cresima) grazie alla mia pagina Instagram, incontrata per caso. Mi ha raccontato di aver iniziato a vedere la fede sotto una nuova luce, e quindi essersi rimessa in gioco nel coro e come catechista nella sua parrocchia. Forse non sa quello che lei ha fatto per me in quel momento, ma io grazie a quel messaggio non sono mai più stata titubante su questa missione.
L’altro episodio riguarda una signora, malata terminale, che ha scoperto di avere il suo tumore in piena pandemia. La sentivo ogni giorno e mi disse che la Via Crucis che avevo realizzato le stava rendendo più dolce l’incontro con lo Sposo: “sono gli ultimi respiri ma le tue parole mi provocano gioia anche in questa sofferenza”, una frase indelebile nel mio cuore. Questo è il peso dolce che mi ha segnato di più. Lì, con Margherita, è nato in me il grande senso di responsabilità di quello che sto facendo.
Il tuo impegno si riversa tanto nel web e sui social, tema su cui anche la Chiesa si sta interrogando tanto e su quale il Papa si è espresso affermando l’importanza di essere missionari di Cristo nel digitale. Come vivi questa chiamata?
È una vocazione naturale: nel momento in cui Cristo ci chiama ad essere discepoli ed apostoli nel luogo in cui lavoriamo, per me esserlo nel web è stata una risposta immediata, mi occupo infatti di social per le aziende. Oggi viviamo una presenza della Chiesa nel web un po’ più viva, ma prima del covid non esisteva una pastorale digitale, più moderna. Nel mio piccolo ho iniziato pensando che sono un grafico, e potevo dare il mio contributo per svecchiare l’immagine della Chiesa. La cosa più sorprendente è che lo Spirito Santo ha parlato a tantissimi cuori contemporaneamente, quindi è iniziata una rivoluzione nei singoli, per poi diventare comune, fino ad arrivare al Sinodo digitale, che oggi coinvolge i missionari digitali di tutto il mondo. Ognuno di noi è partito da un progetto nato da una vocazione propria ed oggi ci ritroviamo ad essere parte di un impegno della Chiesa nello scoprire una pastorale digitale che non esisteva, che è il valore aggiunto di questo tempo: l’avere un linguaggio giovane, un linguaggio fresco, in questa varietà di laici, consacrati, preti, vescovi, ognuno missionario digitale al pari degli altri.Questo nuovo senso di Chiesa che mette l’uno accanto all’altro, riducendo le distanze gerarchiche, è una grande rivoluzione da riconoscere al web.
Ho molto a cuore la Chiesa digitale, la lascio nelle mani di Pietro perché edifichi questo nuovo continente, questa è la preghiera che mi accompagna sempre. Il Santo Padre usa questa espressione meravigliosa: occorre “samaritanizzare” il web, un ambiente dove mi devo prendere cura del fratello, anche se non l’ho mai visto, perché i bei contenuti sono tutti una conseguenza dell’amare, altrimenti restano sterili, senza quella scintilla che tocca il cuore dell’altro. Un frate un giorno mi ha detto: “il tuo spazio web è la tua parrocchia”, un’immagine forte che però rende il bisogno di prendersi cura delle persone che incontri in quella community che è vera comunità. Per Alumera questa è la cosa più gratificante.
Foto di Mariella Matera
Foto di Mariella Matera
Sandra Sabbatini: una delle “coincidenze impossibili” di cui racconti. Come l’hai incontrata e in cosa ti senti vicina a questa giovane beata?
L’incontro con Sandra è avvenuto grazie al suo volto comparso nel mio feed Instagram il giorno prima della sua beatificazione, e rimasto impresso nella mia anima. Da lì il desiderio di illustrarlo a partire da un sogno, che ho affidato a Sandra, chiedendole in preghiera di indicarmi se voleva che parlassi di lei. Inevitabilmente poco tempo dopo mi sono tuffata tra le pagine del suo diario, scoprendo in Sandra un’anima sorella, attirata dalla sua profondità di pensiero, dalla capacità di scorgere Dio nella vita. Anche in un periodo in cui spesso venivo accusata di “troppa dolcezza”, leggendo Sandra ho trovato quella sensibilità e delicatezza dell’amore che sentivo. Per non parlare di quando ho scoperto che la data di nascita di Sandra coincide con la mia! Per me resta una compagna di contemplazione, con il suo modo di stare, di pregare, di dialogare con Dio…è diventata un punto cardine, una guida nella vita e nella fede.
È da poco uscito “Io parlo con Dio, le preghiere dei bambini”: il libro dedicato ai più piccoli che hai illustrato. Quali sono le tue speranze e i tuoi sogni su questo libro?
Da piccola avevo una cassetta musicale con alcune preghiere cantate: le ricordo, tanto da cantarle ancora con mia sorella. Ho dei ricordi di Chiesa stupendi di quando ero bambina, vivi, di gioia, di comunione, e quella piccola cassetta è uno di questi. Per cui spero che questo libricino possa essere un ricordo bello di Dio nella vita di un bambino, magari grazie ad un disegno che lo attira particolarmente, ad una parola che si fa piccola scintilla capace di riaccendere un fuoco nel cuore per sempre.
Qual è il messaggio che vuoi lasciare ai giovani, soprattutto a quelli che si sentono più soli, per trasmettere quanto la fede possa cambiar loro la vita?
Sembra banale, ma è importante ricordare di non essere soli, avere la fiducia e il coraggio di cercare, di chiedere al Signore “chi sei?”, di mettersi anche con un piccolo gesto in cammino: Dio aspetta anche solo un singolo passo per farsi riscoprire. Coraggio nella vostra solitudine, nella vostra fragilità perché di tutto questo Dio può fare grandi cose. Per la mia esperienza, chi avrebbe mai pensato che da un paesino di poche anime della Calabria si potesse creare, parlando di Vangelo, una community di tutto il mondo? A Dio è bastato un mio piccolo sì.