Nel IV secolo - attraversato da grandi scontri e dall'eresia ariana - Ilario, un padre di famiglia, difese la fede nonostante l'avversità dell'imperatore Costantino
Ilario ha consacrato tutta la sua vita alla difesa della fede nella divinità di Gesù Cristo, Figlio di Dio e Dio come il Padre, contrastando l’eresia ariana che considerava il Figlio di Dio, Gesù, una creatura, sia pure eccellente ma solo creatura.
Nato da una famiglia pagana nel primo ventennio del secolo IV (315 ca.),
si convertì al cristianesimo dopo aver letto il Vangelo, trovando in esso la verità che aveva invano cercato nei filosofi. Aveva moglie e una figlia, ma dopo la conversione condusse una vita quasi monastica pur nello stato laicale. Verso il 350, per comune volontà del clero e del popolo, venne eletto vescovo di Poitiers (Francia). L’eresia ariana iniziata in Oriente arrivò proprio in quel periodo in quelle terre. Ilario organizzò una riunione di vescovi a Parigi senza chiedere alcun permesso all’imperatore, dove vennero condannati i vescovi che avevano tentato di introdurre l’arianesimo in Occidente, oltre ad annullare la condanna di Atanasio, vescovo di Alessandria (altro indomito assertore della fede nella divinità del Cristo) pronunciata per volere dell’imperatore nei concili di Arles e di Milano.
L’imperatore Costanzo nel 356 spedì Ilario in esilio in Asia Minore che ribatté: «Sono cristiano, non voglio essere ariano; piuttosto morire che cedere al potere di un uomo e macchiare la verginità della mia fede».
Esiliato ingiustamente
In esilio approfittò del tempo per comporre il suo capolavoro,
De Trinitate, nel quale si preoccupa di mostrare che
la Scrittura attesta chiaramente la divinità del Figlio e la sua uguaglianza con il Padre, non soltanto nel Nuovo Testamento, ma anche in molte pagine dell'Antico, dove già appare il mistero di Cristo. Per quest’opera nel 1851 verrà proclamato dottore della Chiesa da Papa Pio IX.
Il suo esilio durava da quattro anni, quando, nel 359, Costanzo convocò un concilio a Rimini per gli occidentali, e un altro a Seleucia per gli orientali. Qui non si concluse nulla mentre a Rimini, sotto la pressione imperiale, i padri – molti senza rendersene conto – sottoscrissero una formula ariana. La notizia arrivò in oriente e dato che i vescovi occidentali, che Ilario aveva sempre presentato come assertori di sana dottrina, ora si allineavano alle posizioni della stragrande maggioranza dell’episcopato di Oriente, i nemici di Ilario pensarono bene di rispedirlo in Gallia con l’accusa di perturbatore della pace in Oriente.
Quando riuscì a raccogliere notizie precise sullo svolgimento del concilio di Rimini, scrisse una lettera di fuoco all’imperatore: «Ti fingi cristiano ed invece sei un nuovo nemico di Cristo; distribuisci i seggi episcopali ai tuoi seguaci e metti cattivi vescovi al posto dei buoni; riunisci concili e spaventi i vescovi con le tue minacce».
Con la morte di Costanzo la Chiesa riacquistava libertà e l’eresia iniziava il suo tramonto. Ilario incontrò il Dio uno e trino che tanto aveva amato e per il quale altrettanto aveva sofferto il 1 novembre del 367. La Chiesa ne fa memoria il
13 gennaio.
Deciso ma aperto al dialogo
Nella sua lotta contro l’eresia ariana, Ilario non ruppe mai le relazioni con gli eretici. Si asteneva totalmente dall’oltraggiare e dal diffamare gli ariani ma anzi frequentava le loro sedi di preghiera. Nel suo desiderio di riunire i credenti divisi non rifiutò mai il dialogo con chi la pensava in maniera diversa dalla sua. In un secolo violento e settario lui ha agito per passare dal conflitto alla comunione. Sant’Ilario ci aiuti a vivere il medesimo anelito in questo tempo in cui il dialogo risulta molte volte difficile!
Dio non sa essere altro se non amore, non sa essere altro se non Padre