Le informazioni oggi viaggiano attraverso il web e arrivano direttamente nel telefonino a flusso continuo e per lo più gratuito. Una sovrabbondanza democratica, a disposizione di tutti, che genera però anche smarrimento.
Dopo l’esperienza della pandemia, gli italiani sono «più consapevoli del fatto che la disinformazione esiste e può avere degli effetti devastanti sulla vita delle persone». Ritengono che sia «sempre più difficile distinguere la buona dalla cattiva informazione». Ma allo stesso tempo, e forse proprio per questo, «resta alta la fiducia nei professionisti della comunicazione, che sono riconosciuti come fonti esperte, autorevoli, garanti dell’affidabilità e qualità delle notizie».
È quanto emerge dal Terzo Rapporto Ital Communications – Censis “Disinformazione e fake news in Italia”, pubblicato il 26 luglio 2023.
Centrale, nell’analisi, è il timore di incappare in fake news, cioè notizie parzialmente o per nulla corrispondenti al vero, diffuse intenzionalmente o per errore, e di non essere in grado di riconoscerle.
Il 76,5% degli italiani, cioè 3 su 4, è d’accordo sul fatto che «le fake news sono sempre più sofisticate e difficili da scoprire».
Solo il 18,7% ritiene di essere in grado di riconoscere una fake, mentre il 20,2% pensa di non avere le competenze necessarie per riconoscerla e la maggioranza (61,1%) ritiene di averle solo in parte.
La capacità di verificare le notizie è legata anche all’età e al titolo di studio: la percentuale di chi pensa di non avere le competenze necessarie sale infatti al 39,5% tra gli over sessantaquattrenni e al 51,5% tra chi ha bassi titoli di studio.
La pluralità dell’offerta informativa fa sì che oggi solo il 13,8 % degli italiani si rivolga a un’unica fonte di informazione: si tratta di persone avanti con l’età che attingono principalmente ai media tradizionali.
Il 79,5% della popolazione consulta almeno due fonti di informazione e il 62,9% tre o più fonti.
Nella scelta delle fonti, poi, prevale un mix tra media tradizionali e on line (64,3%), mentre il 9,9% attinge solo a media tradizionali e il 19,2% si informa solo su internet e social media.
Se ne parla da anni ma con l’arrivo di Chat GPT l’intelligenza artificiale è diventato un tema popolare, suscitando allo stesso tempo aspettative e timori. Una ambivalenza di cui risentono anche le risposte riportate nel documento di sintesi della ricerca.
Il 75,1% degli intervistati, cioè 3 su 4, si dichiara d’accordo sull’affermazione che “con l’Intelligenza Artificiale sarà sempre più difficile controllare la qualità dell’informazione”.
Allo stesso tempo la maggioranza della popolazione, anche se con una percentuale inferiore alla precedente (58,9%) concorda sul fatto che “l’Intelligenza artificiale deve essere uno strumento a supporto dei giornalisti e dei professionisti dell’informazione”.
Di fronte alla prospettiva, già attuale, di sistemi informatici in grado di evolversi e di elaborare e produrre contenuti in forma autonoma, sembra emergere una rinnovata fiducia in chi, per professione, dovrebbe verificare le notizie prima di pubblicarle. Magari anche utilizzando, per farlo, l’intelligenza artificiale, ma senza rinunciare alla propria.