E affinché possano tradursi in realtà serve un accurato mix di azioni politiche di sostegno alla genitorialità e di un rinnovato clima culturale che riconosca il valore sociale delle famiglie con figli.
Ne parliamo con Gigi De Palo, romano, classe 1976, 5 figli, che ha fatto nascere ed è presidente della Fondazione della Natalità. La Fondazione si occupa di organizzare ogni anno gli Stati generali della natalità, un evento nato per provare a fronteggiare il problema della denatalità in Italia, giunto questanno alla sua quarta edizione.
«Banalmente: perché non sta a cuore a nessuno. È nato come una cosa spontanea parlando di famiglia e vedendo che in certi contesti la famiglia diventava un tema divisivo. Cerano manifestazioni che la tiravano da una parte e dallaltra. Mi sono chiesto che cosa si poteva fare e ho visto che si poteva approfondire il tema di natalità che è un concetto neutro, e che se dai una risposta al tema natalità dai una risposta alla famiglia. È nato insieme ad altre mamme e papà come me. Perché da anni al di la di commentare i dati Istat nessuno se ne faceva carico.»
«È stata buttata in caciara e questo ha adombrato le nostre proposte [durante lintervento del ministro Eugenia Roccella un gruppo di attiviste ha manifestato, e il ministro ha lasciato il palco n.d.r.].»
«Chi ha manifestato lha fatto su tematiche che non erano le nostre. E noi stiamo perdendo un altro anno. È andata alla grande per la visibilità, ma noi non vogliamo visibilità ma risposte per i nostri figli. Emerge un problema relativo alla partecipazione. La politica dovrebbe esaltare la partecipazione, soprattutto una partecipazione propositiva come la nostra. Vogliamo ministri sempre a servizio dei cittadini, per dare delle risposte perché per questo sono stati votati. Purtroppo in Italia cè un clima di polarizzazione che blocca ogni proposta: sembra che o fai politica o manifesti contro. Cè anche chi come noi fa proposte e chiede risposte»
«Amareggiato e preoccupato. Le istituzioni non possono abbandonare un evento dove 1800 ragazzi si sono dati da fare. I cittadini non servono solo per andare a votare, ma sono il senso per cui le istituzioni stano lì. La grande domanda è: Serve ancora partecipare?»
«Noi battiamo il ferro sulla parola libertà. Cioè, non si tratta di convincere a fare figli, è sbagliatissimo farlo, una scelta perdente, una intromissione nella vita privata.
Oggi in Italia chi non vuole figli è libero di non farli ma non è libero chi vorrebbe averli. Perché? Perché è la prima causa di povertà, perché non cè una fiscalità familiare, perché il lavoro fisso arriva tardi, perché le donne spesso devono scegliere tra lavoro e famiglia
Dobbiamo creare le condizioni perché si possano avere figli.»
«Facendo politiche serie, togliendo la complessità economica e sociale allarrivo di un figlio, non facendolo essere una delle prime cause di povertà. E allora in Italia avrai più figli che in Francia.
Non si tratta di far venire il desiderio, ma mettere nelle condizioni perché questo desiderio si possa concretizzare.
È chiaro che se lautonomia ce lhai a 38 anni di figli ne fai solo 1. Se la crei a 26 anni
»
«Le due cose sono collegate: fino a quando mettere al mondo figli sarà prima causa di povertà un giovane avrà timore.
Non è che i solidi risolvono la cosa, ma cambiano la mentalità, capisci che cè uno Stato che ti dice che ha a cuore il tuo desiderio di genitorialità.
A domanda complessa cè una risposta complessa. Leconomia e la cultura devono ragionare insieme. Chi dice che una questione culturale in realtà dice che non si può far niente perché una cultura la si cambia in 25 anni, e noi il problema lo dobbiamo risolvere adesso.»
«Continueremo a rompere le scatole. Sono 30 anni che conosciamo il problema, e sono solo 4-5 anni che prendiamo il toro per le corna. Labbiamo trasformato da un discorso da salotto, da demografi, in una questione popolare.
Lobiettivo è quello di creare unagenzia che riesca ad andare oltre i governi, che permetta una primavera demografica
Ci deve essere qualcosa di indipendente dalla breve durata dei governi.
Il governo pensa alla prossima elezione, noi dobbiamo cambiare la storia, cè una guerra enorme da vincere.
La natalità è una delle strutture per usare un termine caro a Giovanni Paolo II che genera problemi. È la nuova questione sociale che si porta appresso tutto il resto. Dal fatto che meno siamo e meno conteremo in Europa, a problematiche ambientali come i fiumi che si ingrossano nelle zone spopolate dove non si fa manutenzione dei bacini.
Dobbiamo lavorare oggi per avere 500.000 nuovi nati entro il 2035. Gli scenari sono molto gravi ma in realtà non sappiamo nemmeno che cosa accadrà perché è la prima volta che un crollo delle nascite di queste proporzioni accade in un paese nel mondo. Vogliamo anticipare il futuro o aspettiamo che accada?»