La nostra storia comincia alla fine degli anni ’90, a Kitwe. Siamo in una delle città più grandi dello Zambia, ma per noi occidentali è più un tranquillo paese di provincia, con le sue strade polverose e l’atmosfera vibrante di mercati affollati.
Ed ecco Jackson, il nostro protagonista. Ha 14 anni ed è appena diventato orfano. Aveva già perso il papà 7 anni prima, ma ora perde anche la mamma. Il modo è abbastanza tragico, ma non ha piacere di raccontarlo.
Qui non ha più nessuno e così si trasferisce a Ndola, a casa di uno zio. In Zambia, come in molti paesi africani, è consuetudine che i parenti si prendano cura degli orfani, un concetto che ci appare quasi estraneo, abituati come siamo a confini familiari più ristretti.
Con lo zio vive sereno per un paio d’anni, poi a causa di un malinteso viene cacciato e si ritrova per strada. Ha 16 anni e una grande voglia di riscatto, ma i soldi sono pochi e così abbandona la scuola.
Si rimbocca le maniche e accetta qualsiasi lavoretto pur di mantenersi e risparmiare quel poco che basta per riprendere gli studi. Ci mette cinque anni, ma alla fine riesce a iscriversi alle scuole serali, completando quel “grade 9” lasciato in sospeso.
Il suo sogno è diventare insegnante, ma il cammino è lungo. Un giorno sente parlare del "Progetto Cicetekelo" della Comunità Papa Giovanni XXIII che sostiene bambini e ragazzi orfani e in difficoltà.
Si presenta. Gli educatori credono in lui e decidono di investire nella sua istruzione. Jackson completa con successo gli ultimi tre anni delle superiori e si iscrive all’università, laureandosi come insegnante di scuola secondaria.
Oggi ha 36 anni e insegna alla community school del "Progetto Cicetekelo", un’iniziativa nata per garantire l’istruzione a bambini e ragazzi che non hanno mai avuto l’opportunità di andare a scuola.
Dopo anni dedicati alla prima alfabetizzazione, adesso prepara i ragazzi del “grade 7”, una classe cruciale che termina con gli esami di stato per l’accesso alle scuole secondarie.
Oltre alle materie, Jackson insegna la vita. Conosce bene le difficoltà familiari dei suoi studenti e infonde loro la speranza di un futuro diverso. Cerca di essere quell’incontro e quella mano tesa che anni fa ha afferrato, perché nessuno è mai davvero perso se qualcuno crede in lui.