Topic:
3 Febbraio 2025
Ultima modifica: 3 Febbraio 2025 ore 09:05

La mappa della contaminazione da PFAS

Numerosi acquedotti forniscono acqua contaminata
La mappa della contaminazione da PFAS
Su 260 campioni di acqua analizzati da Greenpeace, 206 presentavano almeno una delle 58 sostanze appartenenti al gruppo PFAS: composti chimici che derivano dalla produzione industriale e che contaminano le acque, causando danni a chi li ingerisce. Ecco le nuove scoperte e le zone più contaminate in Italia.
Un nuovo allarme ambientale scuote l’Italia: la contaminazione da PFAS (sostanze perfluoroalchiliche) nelle acque potabili si sta rivelando un problema diffuso e preoccupante. Secondo i recenti studi, tra cui quelli dell'EEA (Agenzia Europea per l'Ambiente), i parametri di legge attuali sui limiti non sono adeguati per garantire la salute umana, per cui numerosi Paesi hanno già abbassato i limiti previsti: Stati Uniti, Germania, Spagna, Denimarca e altri, mentre l'Italia non sta ancora rispettando i limiti della normativa europea che dovrebbe entrare in vigore nel 2026 ( ormai già obsoleta secondo i recenti studi scientifici). Recenti analisi condotte su tutto il territorio nazionale dall’associazione ambientale Greenpeace, svelano che numerosi acquedotti forniscono acqua con livelli di PFAS superiori ai limiti delle altre Nazioni citate e raccomandati dagli esperti per la tutela della salute pubblica. Greenpeace ha realizzato la prima mappa nazionale della contaminazione da PFAS nelle acque potabili italiane, monitorando 58 sostanze (ovvero più del doppio delle 24 molecole che la nuova direttiva europea impone di quantificare). In 206 campioni su 260 analizzati, è stata trovata almeno una delle 58 sostanze PFAS monitorate: ciò significa che il 79% dei campioni di acqua potabile risulta contaminato. Solo in 54 campioni (21%), non è stata registrata la presenza di alcun PFAS.

Le zone più colpite

Le regioni maggiormente interessate dal fenomeno sono il Veneto, la Lombardia e il Piemonte, con concentrazioni critiche rilevate anche in Toscana ed Emilia-Romagna. In Veneto, in particolare, il caso della “zona rossa” tra Vicenza, Padova e Verona è ormai noto da anni: qui l’acqua potabile delle falde acquifere (che viene appositamente filtrata negli acquedotti) presenta livelli di PFAS tra i più alti d’Europa, con effetti devastanti sulla salute della popolazione locale.
Ma non è solo il Nord Italia a soffrire di questa contaminazione. Studi recenti hanno evidenziato la presenza di queste sostanze anche in Lazio e Campania, sollevando interrogativi sulla reale portata del problema su scala nazionale.
Considerando il parametro di legge “Somma di PFAS”, ovvero la somma di 24 molecole il cui valore, a partire dal gennaio 2026, non dovrà superare 100 nanogrammi per litro, le città con le concentrazioni più elevate sono risultate Arezzo, Milano (Via Padova) e Perugia, seguite da Arzignano (VI), Comacchio (FE), Olbia (SS), Reggio Emilia, Ferrara, Vicenza, Tortona (AL), Bussoleno (TO), Padova, Monza, San Bonifacio (VR), Ceccano (FR) e Rapallo (GE).
La situazione più critica risulta essere quella di Milano dove anche un secondo prelievo, effettuato in Via delle Forze Armate, ha fatto registrare concentrazioni elevate, ben più alte rispetto a Perugia, e pari a 58,6 nanogrammi litro. Un terzo prelievo effettuato nel capoluogo lombardo a Villa Litta in zona Affori ha invece fatto registrare una contaminazione di 17,5 nanogrammi litro. Pur essendo un valore ben più basso rispetto agli altri due campioni prelevati in città, nella classifica nazionale quest’ultimo risulterebbe il 36esimo punto più contaminato in Italia rispetto al parametro “Somma di PFAS”.
Inoltre, le analisi di Greepeace hanno rilevato la presenza del cancerogeno PFOA (acido perfluoroottanoico) in 121 comuni, pari al 47% del totale. Nonostante sia vietato a livello globale da alcuni anni, questo composto risulta quindi ancora estremamente diffuso nelle acque potabili italiane. Il comune dove sono stati registrati i livelli più elevati di contaminazione da PFOA sono Bussoleno (TO) con 28,1 nanogrammi per litro seguito da Rapallo (GE), Tortona (AL), Torino (Corso Sclopis), Imperia, Fossano (CN), Aosta, Genova (Piazza Aprosio), Comacchio (FE) e Suzzara (MN).

Cosa sono i PFAS e perché sono pericolosi

I PFAS sono composti chimici utilizzati in numerosi processi industriali e prodotti di largo consumo, come rivestimenti antiaderenti, tessuti impermeabili e schiume antincendio. La loro struttura chimica li rende altamente persistenti nell’ambiente, tanto da essere definiti “inquinanti eterni” (forever chemicals). Una volta rilasciati nelle acque, si accumulano negli organismi viventi, con effetti potenzialmente gravi sulla salute umana.
Gli studi scientifici hanno collegato l’esposizione prolungata ai PFAS a un aumento del rischio di tumori, danni al sistema endocrino, riduzione della fertilità e problemi di sviluppo nei bambini. Per questo, l’attenzione della comunità scientifica e delle istituzioni è sempre più focalizzata sulla necessità di limitare la diffusione di queste sostanze.

L’azione delle istituzioni e le reazioni della popolazione

Di fronte all’emergere di nuovi dati allarmanti, le autorità locali e nazionali si stanno muovendo per affrontare il problema. Alcune regioni hanno già adottato misure di emergenza per ridurre l’esposizione della popolazione, come la distribuzione di acqua potabile alternativa e il potenziamento dei sistemi di filtraggio. Tuttavia, la risposta appare ancora frammentaria e insufficiente, soprattutto considerando che in molti casi le fonti di inquinamento non sono state ancora del tutto identificate.
Le associazioni ambientaliste e i comitati cittadini chiedono a gran voce interventi più incisivi, tra cui una normativa più stringente sui limiti di PFAS nelle acque potabili e il potenziamento delle bonifiche ambientali. La crescente consapevolezza dell’opinione pubblica sta spingendo anche l’Unione Europea a valutare nuove regolamentazioni che potrebbero portare a una drastica riduzione dell’uso di questi composti.

Cosa puoi fare se l’acqua della tua città è contaminata da PFAS

Gli esperti sottolineano la necessità di un approccio sistematico che preveda la progressiva eliminazione dei PFAS dai processi produttivi, investimenti in tecnologie di filtrazione avanzate e una maggiore trasparenza nelle analisi sulla qualità dell’acqua. Alcune aziende stanno già sviluppando alternative meno impattanti, ma la transizione richiederà tempo e un forte impegno politico ed economico.
Nel frattempo, ai cittadini resta il compito di informarsi e pretendere un’acqua sicura, mentre la scienza e la politica sono chiamate a trovare soluzioni efficaci per garantire la salute pubblica e la tutela dell’ambiente. Per verificare la contaminazione dell’acqua domestica, si possono consultare i siti web dei gestori idrici: in caso non ci fossero informazioni, è possibile richiedere i dati attraverso il FOIA, ovvero una richiesta di accesso ai dati. Se si riscontra la presenza di PFAS, è fondamentale sensibilizzare la comunità e chiedere interventi alle autorità. L’acqua minerale in bottiglia non è la soluzione, poiché non è sempre priva di contaminanti, mentre i comuni filtri domestici non sono efficaci. Si può inoltre collaborare con Greenpeace e la rete #ZeroPFAS per chiedere una normativa che vieti questi inquinanti.