Quando la bassa marea scopre il fondo marino, le donne di Zanzibar vanno a coltivare filari verdi. Un'attività che non solo dà loro un'entrata economica, ma anche una dignità nuova.
L’orizzonte è una linea retta, dove il confine tra cielo e oceano si confonde creando quello che può sembrare l’inizio dell’infinito, il blu del cielo che entra nel blu più vasto del mare. Dentro questa immensa tavolozza delle figure, anch’esse degli stessi colori dell’oceano, si muovono con un andamento lento e pacato sulla superficie dell’acqua.
Queste figure colorate che camminano sull’acqua sono le donne delle alghe. Avvicinandosi alla linea dell’orizzonte, nel fondo marino scoperto dalla bassa marea si possono vedere gli altri colori che mancavano e tutto questo crea una sorta di arcobaleno dove la natura è la maestra suprema: gli occhi di chi guarda cedono alla commozione nel capire la bellezza del pianeta terra.
Approfittando della bassa marea, ogni mattina gruppi di donne con i loro abiti tradizionali, appartenenti ad un Islam moderato, entrano nelle acque calde di quel loro giardino acquatico: un vero e proprio orto dove oltre a raccogliere si deve coltivare.
Il sistema che adoperano le donne per questa inusuale coltura ha gli stessi principi dei filari della vigna. Con dei paletti di legno ben piantati nella sabbia vengono fatti correre dei fili di nylon: queste strutture saranno le àncore e le guide delle alghe, una piantagione singolare e dai molti colori.
Ogni colore caratterizza una qualità propria dell’alga e il lavoro delle donne consiste sia nel guidarle sui fili, sia nel raccoglierle quando arrivano a maturazione, dopo circa due mesi.
La libertà delle donne che profumano di mare
Paje è un piccolo villaggio nella costa a sud-est di Zanzibar. In questo luogo la coltivazione delle alghe è una pratica comune e diffusa e le mamas, le donne, hanno raggiunto un grande traguardo. Appartenenti al mondo dell’Islam, che molto spesso isola la figura della donna entro i muri domestici, queste mamas hanno finalmente infranto un tabù. Infatti le donne non sono benviste dalla comunità islamica, che percepisce il loro lavoro come una forma di provocazione ai danni della figura dell’uomo. Ma la loro unione, la costanza e il coraggio hanno permesso a questo gruppo di donne di avere non solo un guadagno, ma una posizione diversa da quella che la tradizione patriarcale dell’Islam impone.
Questa piccola finestra di libertà è il principio di tutte le libertà del mondo e queste donne che profumano di mare sono i ribelli più colorati del mondo. L’Africa è donna e chi sostiene il contrario in quel luogo non c’è mai stato.
L’essere donna non è facile, ed esserlo in Africa ancora meno. Avere su di sé tutto il peso della famiglia, dei figli, delle assenze dei mariti. Non è semplice sostenere con la propria forza un’intera cultura, un’idea, un mondo, ma è quello che le donne africane fanno ogni giorno.
Nei loro lineamenti, in ogni tendine del loro corpo le donne delle alghe nascondono la traccia della fatica e la forza della vita sembra sostenerle nel loro andare nei giardini del mare. La loro è un’energia creatrice che fa di necessità virtù.
Cambiamenti climatici in agguato
Zanzibar è un’isola semi-autonoma della Tanzania, da sempre uno dei luoghi prediletti dal turismo esotico che, tra le altre cose, garantisce parte della sopravvivenza alla popolazione locale.
Con gli avvenimenti degli ultimi mesi e con le restrizioni dovute al COVID-19, le entrate economiche legate al turismo si sono ridotte: per l’isola di Zanzibar questo è un ulteriore problema che si sovrappone agli altri già esistenti. Un disagio nuovo, come sono nuovi i problemi legati ai cambiamenti climatici.
Uscendo da Stone Town, cuore artistico e culturale dell’isola, e oltrepassando la periferia della capitale la natura ha il sopravvento: è proprio lì che nascono i giardini delle alghe.
L’oceano indiano bagna con le sue acque l’intera isola e da sempre quell’oceano è stato il fulcro delle attività umane. Un ponte fatto di acqua che collega la cultura Swahili alle altre culture che nell’isola hanno trovato espressione. Influenze medio orientali e asiatiche hanno fatto di Zanzibar una sorta di ombelico del mondo, ma la sua vera forza è la sua natura incontaminata dove l’oceano è il protagonista indiscusso.
Acque limpide e calde dagli innumerevoli colori sono da sempre il tesoro dell’isola, che trova nelle espressioni della natura la sua vera essenza. L’oceano non è solo pesca e commercio, ma per le molte donne locali è un giardino che tristemente sta mutando.
Il mutamento ancora è sottile e per chi non conosce l’oceano non è facile vederlo, ma le donne che coltivano e raccolgono le alghe iniziano a notare questo cambiamento.
Quella della coltivazione e raccolta delle alghe è una tradizione antica, l’origine di tale coltura è nata attraverso gli scambi commerciali tra Zanzibar e l’Asia.
Il continente asiatico sempre molto attento alle spezie, ai profumi, alla cosmesi ha sempre apprezzato la qualità delle alghe dell’isola, creando così uno scambio che ancora oggi, anche se con difficoltà, sopravvive.
Un orto per coltivare le alghe
Le alghe sono dei vegetali acquatici dalle innumerevoli proprietà, oltre a mantenere la vita degli oceani con la loro fotosintesi e garantendo così l’ossigeno necessario per le specie acquatiche, sono ricche di altre caratteristiche utili agli esseri umani.
Il loro utilizzo è non solo legato alla cosmesi, ma spesso vengono usate anche come cibo o come fertilizzante per il terreno.
Il guadagno che le donne hanno con questa loro bizzarra agricoltura non è sufficiente, inoltre le coltivazioni industriali, con la loro forte produzione, ostacola l’affermarsi delle produzioni a conduzione familiare.
La conduzione familiare in Africa significa che è la donna a caricare tutto il peso lavorativo, mentre il guadagno molto spesso è diviso tra i vari membri della famiglia.
Anche se il ricavato di questo lavoro non è molto, per le donne che vivono lungo la costa è un’entrata sicura. Oggi molte donne si sono unite in piccole cooperative per poter sostenere il loro lavoro: questo sta creando le basi per un futuro differente, dove ad essere pagato non è solo il lavoro ma anche la dignità di una persona.