Le operatrici che aiutano le madri con gravidanze indesiderate avvertono: invece di abortire o di abbandonare il neonato vicino a un cassonetto, la madre avrebbe potuto partorire in tutta sicurezza all'ospedale chiedendo l'anonimato. Ancora oggi questa possibilità non è sufficientemente conosciuta e pubblicizzata.
La madre del piccolo abbandonato vicino al bidone dei rifiuti ha ancora qualche giorno per decidere se farsi avanti o se lasciare che inizino le procedure per l’adozione.
Il fatto ha commosso tante persone, come sempre succede in questi casi: a Ciriè, in provincia di Torino, il 13 gennaio scorso, verso le 6 di sera un ragazzo di 15 anni ha sentito uno strano suono provenire da un sacchetto depositato vicino al bidone dell’immondizia. Si è avvicinato pensando di trovare un gattino abbandonato e invece ha visto che dal sacchetto spuntavano i piedini di un neonato.
«Sono uscito di casa perché dovevo aprire il portone a mio fratello e per fortuna mi è caduto l'occhio vicino ai bidoni dell'immondizia. Ho visto un sacchetto rosso e ho sentito come un gatto che si lamentava. Quando ho capito che era un bambino sono corso in casa». Il ragazzo era così emozionato che chiamando a gran voce i genitori, non riusciva a spiegare la situazione.
Paolo Secondo Laforet è il padre del 15enne che ha trovato il neonato: ha raccolto il piccolo e ha subito chiamato i soccorsi. Hanno portato il neonato in casa, dove lo hanno scaldato con una piccola coperta termica fino all’arrivo dei medici che lo hanno trasferito in ospedale. La famiglia Laforet si è già detta disponibile ad adottare il piccolo: «L'ho già fatto presente anche ai carabinieri e non avrei problemi a riconoscerlo come mio figlio», dichiara il sig. Laforet con emozione.
Il piccolo Lorenzo, come è stato chiamato dalle infermiere e dalla pediatra di turno quella sera, aveva ancora placenta e cordone ombelicale attaccati. Per questo i medici ipotizzano che il parto sia avvenuto circa un’ora prima rispetto al ritrovamento. Se non fosse stato trovato così tempestivamente, il destino del piccolo Lorenzo sarebbe stato diverso. Ora si trova in ospedale a Ciriè (TO), dove ha eseguito alcuni test che lo hanno trovato in buone condizioni di salute.
«Pesa 3,30 kg, è un bellissimo bambino» spiega il responsabile del nido di neonatologia di Ciriè- Giovanni Agriesti. «È stato sottoposto a tutti gli esami e i test: sta bene, si tratta di un bimbo nato a termine. Ora resterà qui fino a quando il tribunale non deciderà il da farsi, ovvero o l’adozione più probabile o l’affidamento temporaneo. Se la madre dovesse cambiare idea ha tempo 10 giorni per riconoscerlo».
La madre del piccolo Lorenzo si farà avanti?
La madre del neonato abbandonato a Ciriè non è stata ancora trovata. I carabinieri stanno conducendo le indagini necessarie per fare luce sulla vicenda e individuare chi ha abbandonato il bambino. La madre ha 10 giorni per riconoscere il neonato, altrimenti probabilmente saranno avviate le pratiche per l'adozione.
«Se la madre fosse andata in ospedale avvalendosi del parto in anonimato, invece di abbandonare il piccolo vicino a un cassonetto, non sarebbe stata passibile di alcuna denuncia» dichiara Laila Simoncelli, avvocato responsabile del servizio Diritti umani e giustizia della Comunità Papa Giovanni XXIII. «Anche se avesse scelto di lasciare il piccolo in una delle culle per la vita non avrebbe rischiato la denuncia per abbandono di minore e tentato infanticidio».
Cosa fare per evitare altri neonati abbandonati?
Daniela Giorgis, responsabile del servizio famiglia e vita della Comunità Papa Giovanni XXIII, da anni impegnata per aiutare le madri in difficoltà durante le loro gravidanze, commenta così la notizia: «Esprimiamo tutta la nostra gratitudine alla famiglia Sinta di Villanova Canavese (TO) che ha trovato il piccolo Lorenzo, neonato abbandonato vicino al cassonetto dei rifiuti nei pressi della loro casa e ha prestato le prime cure chiedendo aiuto alle forze dell’ordine e all’ospedale. Intendiamo essere vicini anche alla mamma e al papà del bimbo che nella disperazione hanno fatto questo gesto estremo. Sempre di più è necessaria una collaborazione tra pubblico e privato per non lasciare soli i più fragili di questa società».
In questi anni, in Piemonte e in tutta Italia, la Comunità Papa Giovanni XXIII, grazie al Numero Verde di aiuto alle donne 800.035036, ha accompagnato diverse mamme che vivevano con difficoltà la loro gravidanza.
«In un’occasione una donna accolta per il periodo della gravidanza e successivamente al parto in una nostra famiglia in Piemonte ha scelto di non riconoscere la figlia e di dare la sua bambina in adozione» spiega Daniela Giorgis. «In tante situazioni abbiamo sperimentato che farsi prossimi, accompagnare le donne che vivono una gravidanza inattesa, mettendo in campo tutti gli aiuti necessari, permette di non lasciare indietro nessuno ed evitare che si ripetano casi come quello del piccolo Lorenzo».
Perché alcune madri abbandonano il loro neonato?
Miriam Granito, animatrice dell’Ambito Maternità e Vita della Comunità Papa Giovanni XXIII e operatrice del Numero Verde di aiuto alle donne incinte, dichiara: «Ringrazio di cuore la famiglia che ha trovato e soccorso il neonato abbandonato vicino al cassonetto e sono vicina alla mamma che si è separata da suo figlio, anche se non conosciamo i motivi che l’hanno spinta a lasciarlo lì. Questo gesto ci interpella e mi fa porre tante domande, mi chiedo come mai ha compiuto questo gesto? Non aveva qualcuno vicino che potesse aiutarla? Nessuno le aveva detto che esiste il parto in ospedale in anonimato?».
Miriam è anche autrice del libro La voce delle donne, pubblicato da Sempre Editore, che raccoglie tante testimonianze di donne che non accettavano la loro gravidanza. Miriam da anni accompagna le donne incinte e le coppie in difficoltà: «Rispondendo al Numero Verde Nazionale della Papa Giovanni per le gravidanze (800 035 036) attivo 24 ore su 24 ore, ci mettiamo in ascolto e a fianco delle donne incinte per trovare insieme le strade per superare le difficoltà nel rispetto della donna e del suo bambino. Diamo aiuto concreto a queste mamme, in collaborazione con le altre associazioni pro-life, anche con l’accoglienza nelle nostre case famiglia presenti su tutto il territorio nazionale. La gravidanza è un periodo molto delicato e possono sorgere molte difficoltà ma diciamo sempre alle mamme: “Da sole è impossibile, insieme è possibile”. Alcune volte noi siamo le prime persone che contattano dopo aver trovato il nostro numero su internet. Al telefono mi è capitato che le donne mi dicessero che non avevano persone vicine con cui parlare o si sentivano giudicate dalla gente del paese. Ci sono donne che hanno paura di proseguire una gravidanza per problemi economici o perché al loro fianco non hanno un compagno che le aiuta come dovrebbe. Noi cerchiamo di metterci in ascolto del loro bisogno più profondo e se possibile ci incontriamo. Nascono delle relazioni che durano degli anni. Un giorno una donna dopo aver parlato con me mi disse: “Mi sento già meglio” e tanti bambini sono nati».