Il 20 maggio è la giornata internazionale delle api: impariamo a leggere bene l'etichetta dei barattoli di miele per fare un acquisto consapevole.
Il miele è un prodotto di valore: non solo perché fa bene all’ambiente e fa bene alla nostra salute (diabetici a parte) visto che è un antibatterico naturale con un ph molto basso compreso tra 3,5 e 4,5 unità, che gli conferisce stabilità rispetto ai microorganismi, ma è un prodotto di valore anche nel senso proprio del costo. Un vasetto di miele
può costare da circa 5 euro al kg fino a 25 euro al kg escludendo alcuni mieli particolari come quello di Manuka o mieli rari come il Corbezzolo che raggiungono valori più alti.
Perché c’è una grande differenza di prezzo del miele?
Cosa si nasconde dietro a questa enorme differenza di prezzi? La prima evidente differenza dipende dal
tipo di miele: ad esempio un monoflora molto richiesto come l’acacia, la cui offerta non è sufficiente al mercato, porta questo miele delicato ad un livello di prezzo decisamente più alto rispetto ad altri mieli la cui domanda è più in equilibrio con l’offerta (es. miele millefiori).
Altre variabili influiscono sul prezzo
: i mieli extra europei sono notevolmente più economici, ma anche i
mieli dell’est Europa sono più a buon mercato dei mieli italiani. Inoltre i
mieli con certificazione biologica e quelli a
denominazione di origine protetta (DOP) hanno un prezzo più alto rispetto a quelli convenzionali a causa del fatto che la conduzione biologica e quella DOP
devono rispettare metodi di lavorazione o disciplinari di produzione più severi e quindi più costosi per l’apicoltore.
I consigli per leggere bene l’etichetta del miele
Impariamo allora a leggere bene le etichette del miele per capire queste differenze di prezzo. Innanzitutto in Italia c’è una normativa sulle etichette vigente (Reg. CE 1169/2011 e D.Lgs. n. 179/04), non così per altri Paesi extra UE, e questa normativa impone al produttore di
riportarne l’origine in etichetta. Questa norma tutela gli apicoltori che praticano le buone pratiche di allevamento e lavorazione ed i confezionatori che rispettano le norme della leale concorrenza. Evidenziare l’origine del miele è molto importante proprio per difendere chi deve sopportare in apicoltura maggiori costi.
Un miele
proveniente dall’America del Sud viene pagato all’ingrosso (partite di oltre 20 quintali in fusto alimentare) agli apicoltori argentini meno di 2 euro al kg, mentre un miele italiano economico in questi ultimi anni non è stato mai pagato meno di 4,50 euro al kg. La differenza ovviamente si spiega con i maggiori costi sopportati dall’apicoltore italiano rispetto all’apicoltore argentino. Pensiamo solo al costo delle attrezzature, al carburante, ai prodotti per la salute dell’alveare, al vestiario. Se il confezionatore non indicasse il Paese di origine, la differenza di prezzo svantaggerebbe non poco l’apicoltore italiano e questo maggior costo da lui sopportato andrebbe ad arricchire ingiustamente l’importatore che vedrebbe aumentare il suo margine di guadagno.
Fortunatamente la normativa ci tutela, ma la tendenza di chi fa impresa purtroppo è quella di massimizzare il profitto quindi succede spesso di trovare delle etichette difficilmente leggibili. Per esempio il Paese di origine del miele
è scritto a caratteri molto piccoli e risulta molto impegnativo cercare quella informazione in mezzo a tante altre che sono facoltative. Talvolta addirittura si indica con una lettera il Paese di origine per poi riportare altrove sulla confezione la corrispondenza della lettera con il Paese di origine. Si cerca così di eludere un dato importante che consente di fare un acquisto consapevole e responsabile.
Consideriamo inoltre che in Italia importiamo più di quanto produciamo e i maggiori Paesi d’importazione sono Ungheria e Cina. In nessuna etichetta vedrete riportata
l’origine cinese, piuttosto vedrete la scritta «miscela di mieli non originari della CE» o «miscela di mieli originari e non originari della CE». Sappiamo che il miele cinese risulta spesso irregolare secondo le leggi europee perché in Cina il miele viene raccolto frequentemente
immaturo, cioè non essiccato naturalmente dalle api in alveare. Alcuni produttori dell’est come Ungheria e Ucraina (tra i maggiori Paesi esportatori verso l’Italia) si prestano così alla triangolazione e in tal modo l’etichetta riporterà che il miele è prodotto in un paese UE. Il gioco è fatto: un prodotto che per la regolamentazione europea non potrebbe esser definito miele riesce lo stesso a raggiungere le nostre tavole.
Ma non è finita qui: la normativa obbliga a riportare l’origine del miele oppure la miscela di mieli di diversi Paesi, ma
non definisce la percentuale impiegata nella miscela. Pertanto una miscela di miele Italia e Ungheria può avere l’1% di miele italiano e il 99% di miele ungherese. Questo permette ancora una volta facili elusioni delle norme sulle etichette e grandi profitti per chi riesce a ingannare il consumatore.
Attenzione pertanto alle etichette. Anzi è importante
leggere anche l’indirizzo di produzione. Se vi fidate di un produttore cercate di memorizzare l’indirizzo della sede di produzione perché questa deve sempre essere evidenziata in etichetta. Scoprirete così che alcuni marchi di miele che sono riusciti a farsi largo sullo scaffale della GDO non sono né produttori né confezionatori ma semplicemente demandano ad un terzista la produzione e quello che avviene comunemente per le marche private (
private label) delle insegne della GDO.
Miele raro: attenzione!
Potrebbe capitarvi in qualche mercato rionale o turistico di imbattervi in qualche miele raro.
Diffidate di mieli che richiamano la vostra attenzione per il fascino della rarità! Ad esempio il miele di mirto è davvero dubbio così come quello di rosa, di lampone o di melograno. Sul “filo del fuorigioco” troviamo alcuni mieli monoflora come il clementino, il limone o il bergamotto. È molto difficile che siano in purezza, sarebbe meglio trovarli confezionati con la voce agrumi o zagara.
Informazioni obbligatorie sull’etichetta dei barattoli di miele
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denominazione dell’alimento (miele, miele di nettare, miele di melata...)
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quantità netta;
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nome e sede del produttore o confezionatore o venditore;
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lotto di produzione;
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termine minimo di conservazione;
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Paese d’origine o Paesi di origine in cui il miele è stato raccolto;
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sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento;
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condizioni particolari di conservazione e/o condizioni di impiego
Informazioni facoltative
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origine floreale o vegetale (miele di acacia, miele di castagno, miele di tiglio...);
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origine regionale, territoriale o topografica;
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dichiarazione nutrizionale
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consigli per l’uso