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20 Maggio 2019

Non sposarsi è un peccato

Non sposarsi è un peccato
Foto di 2014 Tadeás Skuhra-Adobe Stock Photo
Davvero le convivenze rendono più felici? Il punto del sociologo Belletti, direttore del Cisf di Milano

Anche in Italia, come in molti altri Paesi ad elevata modernizzazione, cresce costantemente il démariage, vale a dire la costruzione di progetti di coppia e di genitorialità che non passano attraverso il matrimonio. Si sta insieme, si convive, spesso anche a lungo, spesso anche come progetto permanente, ma cresce anche una sorta di “obbligo” alla convivenza. Non è raro sentirsi dire: «Ma come, ti sposi senza prima aver provato a stare per un po’ in convivenza? E se poi finisce male?» Come se si potesse vivere il matrimonio ad experimentum, come se si potesse “provare ad essere sposati”. Ma così è oggi: cresce il numero di convivenze, anche per chi pensa che prima o poi ci si sposerà, e questo passaggio sta diventando quasi “obbligato”. Inoltre, dato abbastanza recente nel nostro Paese rispetto ad altre nazioni, anche la nascita del figlio non costituisce più il fatto che spinge alla decisione: non esistono più, per fortuna, i figli di NN, e un figlio nato da una coppia convivente non è più considerato “diverso” né tantomeno “mancante”. E questa è certamente una conquista di civiltà, perché ai bambini non tocca certo dover rispondere delle scelte di chi li ha messi al mondo, né tantomeno doverne subire conseguenze negative o stigmatizzanti.

Il paradosso

C'è però un lato paradossale in questo costante aumentare delle scelte di convivenza non matrimoniali, ed è il fatto che le convivenze sono molto più fragili, durano di meno, e anche i singoli individui, stando agli indicatori psico-sociali, sono più felici quando sono sposati che da conviventi (ed entrambi sono più felici di chi vive da solo). Si tratta di un dato che la letteratura psico-sociale ha evidenziato con una certa chiarezza e continuità negli ultimi decenni, soprattutto negli Stati Uniti, dove le convivenze sono diffuse da molto più tempo che da noi, e quindi è possibile misurarne gli effetti anche nel medio-lungo periodo. Eppure la narrazione popolare continua a dipingere la scelta del mancato impegno matrimoniale come una scelta “alla ricerca della felicità”.

La ricerca

Anche i dati di una recente ricerca negli Stati Uniti (2.000 donne e uomini adulti, intervistati nel dicembre 2018) confermano che gli sposati hanno più frequentemente relazioni felici (+12%), stabili (+26%) e affidabili (+15%). Mentre le situazioni di convivenza presentano maggiori tassi di infedeltà, conflitto, e terminano prima. Anche i numeri ce lo dicono: che peccato, non sposarsi!