4 Ottobre 2022
Ultima modifica: 4 Ottobre 2022 ore 10:30
Perché papa Francesco si è rivolto direttamente a Putin
L'appello del Papa al presidente della Russia. È successo solo due volte nella storia moderna
Foto di Press Office Vatican Media
Papa Francesco ha dedicato l'intero Angelus di domenica 2 ottobre alla crisi russo-ucraina e al rischio di una escalation militare che avrebbe conseguenze disastrose. Lo fecero prima di lui altri due Papi.
Domenica mattina, 2 ottobre, in modo inusuale, Papa Francesco si è rivolto direttamente al Presidente russo e a quello ucraino per fermare la guerra.
«Il mio appello - ha detto il pontefice - si rivolge innanzitutto al Presidente della Federazione Russa, supplicandolo di fermare, anche per amore del suo popolo, questa spirale di violenza e di morte. D’altra parte, addolorato per l’immane sofferenza della popolazione ucraina a seguito dell’aggressione subita, dirigo un altrettanto fiducioso appello al Presidente dell’Ucraina ad essere aperto a serie proposte di pace. A tutti i protagonisti della vita internazionale e ai responsabili politici delle nazioni chiedo con insistenza di fare tutto quello che è nelle loro possibilità per porre fine alla guerra in corso, senza lasciarsi coinvolgere in pericolose escalation, e per promuovere e sostenere iniziative di dialogo».
Il Santo Padre ha dedicato l'intero Angelus domenicale a manifestare tutta la sua preoccupazione e angoscia per un'escalation militare e per le minacce nucleari di una guerra che ha già causato decine di migliaia di vittime. Il Papa ha anche deplorato le annessioni delle quattro regioni ucraine – Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson -, ha chiesto il rispetto della sovranità e integrità territoriale di ogni Paese, come pure dei diritti delle minoranze.
Le preoccupazioni del Vaticano: rischio sottovalutato
In Vaticano vedono probabilmente con preoccupazione la sottovalutazione con cui le cancellerie occidentali stanno gestendo il rischio di un allargamento del conflitto e dell'uso dell'arma finale, la bomba atomica.
Colpisce il fatto che l'appello non sia solo rivolto alle due parti in conflitto, ma anche «a tutti i protagonisti della vita internazionale e ai responsabili politici delle nazioni» affinché facciano «tutto quello che è nelle loro possibilità per porre fine alla guerra in corso, senza lasciarsi coinvolgere in pericolose escalation, e per promuovere e sostenere iniziative di dialogo».
Senza entrare in questioni geopolitiche, appare chiaro che le sorti della guerra non si decidono solo a Mosca e a Kiev, ma anche in altri capitali. A partire da Washington.
I due precedenti di Benedetto XV e Giovanni XXIII
Per questa ragione l'appello rivolto dal Papa è inusuale. Solo altre due volte era successo nella storia moderna.
La prima fu il 1° Agosto 1917, nel pieno della Prima Guerra Mondiale, allorquando Benedetto XV si rivolse ai governanti - «Voi che reggete in questa tragica ora le sorti dei popoli belligeranti» -, chiedendo di «giungere quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale, ogni giorno più, apparisce inutile strage». Due parole che sono rimaste impresse nella memoria collettiva come una delle più efficaci definizione della guerra: “inutile strage”.
Una frase che noi oggi citiamo spesso, ma che al tempo fu criticata. Non c'erano ancora i Patti Lateranensi, che saranno firmati dodici anni dopo nel 1929, con i quali si riaprirono i rapporti tra Italia e Vaticano, interrotti con la breccia di Porta Pia nel 1870. Per i generali e le élite del tempo la guerra era una necessità e considerare “inutili” le morti dei soldati per le terre “irredente”, per Trento e Trieste, era un'offesa.
La seconda volta accadde durante la "crisi dei missili" a Cuba, quando si seppe della presenza di installazioni missilistiche a Cuba e dell'avvicinamento all'isola di navi sovietiche che trasportavano testate nucleari per l'armamento dei missili. Gli Stati Uniti avevano imposto il blocco navale militare che sembrava sarebbe stato forzato dai sovietici.
In quei tredici giorni dell'Ottobre 1962 l'umanità corse il rischio di suicidarsi con una guerra nucleare.
Il 25 ottobre 1962 dai microfoni della Radio Vaticana Papa Giovanni XXIII si rivolse a Kennedy e Kruscev: «Noi supplichiamo tutti i governanti a non restare sordi a questo grido dell'umanità. Che facciano tutto quello che è in loro potere per salvare la pace. Eviteranno così al mondo gli orrori di una guerra, di cui non si può prevedere quali saranno le terribili conseguenze».