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21 Marzo 2025

Pino e Daniela: pionieri dell'accoglienza

50 anni fa hanno aperto la seconda casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII
Pino e Daniela: pionieri dell'accoglienza
Foto di Francesco Pasolini
Pino e Daniela incarnano il principio evangelico «Gli ultimi devono essere i primi». La loro storia ricorda che amare senza riserve e credere nella condivisione possono cambiare il mondo, un giorno alla volta.
Tra le colline di Saludecio (RN), nella frazione di Santa Maria del Monte, in un angolo nascosto della Romagna, si respira un'aria speciale. Qui, in una casa che sembra uscita da una fiaba – con sculture fatte a mano, tanti animali da cortile e una serra di piante di aloe – vive una coppia straordinaria: Daniela Ermini e Pino Pasolini. Non sono solo marito e moglie, non solo genitori e nonni. Fanno parte di quella rivoluzione silenziosa che è partita con don Oreste Benzi e che ha cambiato il volto dell'accoglienza in Italia e nel mondo.
Pino è, tra le altre cose, l’autore di Giuseppe. L’impossibile sì, un libro appena uscito nelle librerie, che parla della figura del santo falegname. È diacono della diocesi di Rimini e, insieme a Daniela, ha fondato la seconda casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII. Proprio oggi questa casa famiglia è in festa, perché celebra i 50 anni dalla sua inaugurazione.

Una storia d'amore e vocazione

La loro avventura inizia negli anni '60, quando un giovane Pino, promessa del motociclismo, e Daniela, elegante commerciante sulla Riviera romagnola, si incontrano e si innamorano. Ma il vero punto di svolta arriva quando, per caso o forse per destino (che noi chiamiamo Provvidenza), visitano l'istituto "Sol et Salus". Quella realtà – bambini legati ai termosifoni, odori insopportabili e vite dimenticate – li colpisce come un pugno nello stomaco. Da quel momento, la loro vita cambia per sempre. Decidono di dare una famiglia a chi non l'ha mai avuta. Nel 1975 inaugurano la loro prima casa famiglia, dedicata a Savino Leurini, un ragazzo che sognava di vivere con loro ma che purtroppo non fece in tempo a realizzarlo.
Qui trovate tutta l’intervista che avevamo pubblicato su Sempre a ottobre 2005.

Casa famiglia inizi
Una foto dei primi anni della casa famiglia di Pino e Daniela Pasolini
Foto di Archivio famiglia Pasolini

Una casa che è molto più di un tetto

La casa famiglia di Pino e Daniela è sempre stata un luogo dove la parola "famiglia" prende un significato nuovo. Qui, in questi anni, hanno vissuto persone provenienti dalle realtà più disparate: ex detenuti, persone con disabilità gravi, giovani senza radici. Non è solo accoglienza, ma è condivisione autentica. «Non volevamo che fossero semplici ospiti» spiegano. «Volevamo costruire legami veri, farli sentire parte di qualcosa».
E così è stato: in cinquant'anni hanno accolto più di 150 persone.  

La sfida continua

Ma non pensiate che questa sia una storia senza ostacoli. «All'inizio non c'erano diritti per queste persone» ricorda Pino. «Abbiamo dovuto lottare contro tutto e tutti». Eppure, grazie alla loro fede incrollabile e al sostegno della Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi, sono riusciti a trasformare il loro sogno in una realtà concreta.

Pino e Daniela CF Pasolini
Foto di Francesco Pasolini

I regali di questi 50 anni di casa famiglia

Oggi Pino, 82 anni, e Daniela, 77, (e sono orgogliosi di dire la loro età!) continuano a essere un esempio vivente di come l'amore possa cambiare il mondo. Cosa significa vivere per 50 anni la dimensione dell'accoglienza sotto il proprio tetto? Abbiamo rivolto loro alcune domande per scoprirlo.

È  50 anni che condividete la vita con chi è emarginato, scartato, fragile. Facciamo un bilancio di questo lungo percorso: quali sono i regali che vi ha fatto il buon Dio in questi anni?
«Prima di tutto la cappellina. Il nostro matrimonio è stato plasmato dalla casa famiglia e la casa famiglia ha come cuore la capellina. Questo è il primo dono, cioè questa frequentazione con il Signore, che è durata 50 anni, ci ha fatto molto bene. La parola di Dio è viva ed efficace, noi lo possiamo dire, lo possiamo testimoniare con i fatti.

Un altro dono è sicuramente quello dei figli (ne abbiamo 4), i nipoti (abbiamo 17 nipoti di cui 2 pronipoti!) e tanti amici che ci hanno plasmato. Cioè tutte le persone che sono passate da noi ci hanno plasmato, perché ognuno ti chiede di farti carico della sua storia e di cambiare i tuoi piani e questo ti plasma, ti cambia. Ti cambia e ti porta sempre più vicino alle cose essenziali. Le cose essenziali sono le cose ultime. Ci sono le cose che si vedono e che finiscono e altre cose che non si vedono e che sono eterne. Questo tipo di pensieri sono più frequenti nella nostra testa e abitano il nostro cuore in questa stagione della vita.

Un altro regalo è stato vivere una vita intesa, perché carica di aspetti umani, di legami, anche dolori, anche di tante fatiche superate. È stata una vita intensa, con molta gioia. Ecco un altro regalo. Tutte le persone che sono passate da casa hanno portato una parte di gioia: le persone che abbiamo accolto, i tanti obiettori di coscienza che sono passati da noi, i giovani che hanno fatto il periodo di verifica vocazionale, insomma tutte le persone che hanno vissuto con noi, ci hanno portato del bene e quindi della gioia.

Pasqualino e due bimbi
Pasqualino insieme a due bimbi della casa famiglia di Pino e Daniela Pasolini
Foto di Archivio famiglia Pasolini


Un altro regalo splendido per noi è stato Pasqualino. Era in carrozzina perché il suo corpo era immobilizzato dalla distrofia muscolare, viveva nell'istituto Sol et Salus; era nel gruppo di 7 persone che abbiamo portato a casa nostra dall'istituto e con le quali abbiamo iniziato l’avventura della casa famiglia. Anche lui è diventato membro della Comunità Papa Giovanni XXIII, come noi. Noi diciamo sempre che lui è stato co-fondatore della nostra casa famiglia. È salito al Cielo più di vent’anni fa, ma è una presenza indispensabile tuttora. Pasqualino rappresenta anche tutte le altre persone che sono state con noi e che ora sono con Dio. Nella nostra casa famiglia, Pasqualino è stato una presenza molto importante, perché portava la casa famiglia con noi e portava anche noi nella sua immobilità. È stato importante anche per i nostri figli, che erano sempre aggrappati alla sua carrozzina. Pasqualino non poteva camminare, ma comunicava benissimo,  aveva una parola arguta, una parola spirituale, una parola rilassante. Molto semplice eppure faceva da ammortizzatore fra le tensioni.

Una grazia enorme che abbiamo ricevuto in questi anni e continuiamo a ricevere è che ci vogliamo ancora bene, dopo 54 anni di matrimonio. Io questa grazia te la racconto con un canto, La ballata dell'amore vero di Claudio Chieffo: «Io vorrei volerti bene, come ti ama Dio», cioè io non sono capace, però Lui è capace di renderti capace. Il Signore ci ha aiutato. E questa è una grazia enorme perché i nostri figli, i nostri nipoti la vedono e questo dà speranza. Dio si è servito di noi nonostante noi.» 

Oggi è il primo giorno di primavera, voi, come casa famiglia, avete visto 50 primavere. Dopo tutti questi anni in che stagione vi sentite come casa famiglia? 
«Noi le stagioni le abbiamo passate tutte! Questo percorso ci ha portato tanti frutti, allora si potrebbe dire che siamo nell’estate, verso l'autunno. Siamo nell'ultima stagione, ma quanto durerà, non lo sappiamo, lo sa Dio. Eppure, anche in questa stagione abbiamo ancora dei sogni: i sogni sono importanti. Poi magari lì realizzerà un altro, però tu li devi avere!
Il sogno vuol dire che tu hai una speranza, e in questo mondo pieno di tenebra, è importate avere una luce di speranza, perché hai un sogno che rientra nella realtà del regno di Dio. La quercia, prima di essere quercia, era una ghianda. È fatica vedere la quercia dentro una ghianda: il sogno è la fase della ghianda, però tu la vedi la quercia, ma la vedi solo come speranza. Ad esempio abbiamo un pezzo di terra, intestato a noi due, che era una terra diventata sterile, nuda. Il sogno di Dio è che il deserto fiorirà. Non è un'impresa piccola, ma vorremmo che diventasse un orto poli-familiare aperto all'inclusione di soggetti fragili. Ecco il nostro sogno, ancora tutto da realizzare!» 

Gruppo famiglia Pasolini
Foto di Francesco Pasolini


Quanti siete in casa ora?
«Siamo a un numero molto ridotto adesso, rispetto al passato. In questi ultimi anni sono morte diverse persone che vivevano con noi ed erano avanti con gli anni; adesso siamo in cinque. Finché Dio ci dà un po' di energia e di forza, noi siamo qua, aperti all’accoglienza. Ecco, un altro grande dono che ci ha fatto il Signore è che siamo in salute, stiamo bene.»
 
Quindi non pensate di andare in pensione con la casa famiglia?
«Alcuni, quando vedono che non sono più all'altezza, dicono “Non sono più capace. Allora vado in pensione”. Ma come fai ad andare in pensione? Il concetto di andare in pensione è un concetto pagano: un genitore non va in pensione, un padre, un amico, un fratello, le relazioni non vanno in pensione! Quindi anche noi non andiamo in pensione con la casa famiglia! Però c'è un aspetto da tenere in considerazione, che è l'evoluzione naturale della casa famiglia. Non possiamo pensare alla casa famiglia come una struttura statica. Per l'ente pubblico può essere così, ma per noi non è così.
Nella vita di famiglia, e quindi di una casa famiglia, c’è un'evoluzione naturale, come nella vita di una persona, o nella vita di una coppia. E questa evoluzione ti porta a perdere tante cose che sono di tipo efficientistico, ma ad acquistarne altre che sono più di tipo spirituale, più di tipo sapienziale.
Questo ci porta a essere più vicini a una forma di tipo monastico, del tipo “lavoro e preghiera”, dove si riduce tutto alle cose essenziali. Quindi la cura delle relazioni, la relazione col Padre, con i figli, con te stesso, con l'ambiente.»

Un'eredità che ispira

Pino e Daniela non sono solo pionieri; sono ispiratori. La loro condivisione di vita in casa famiglia è diventata un modello replicato in tutta Italia e oltre. E il loro messaggio rimane forte: gli ultimi devono essere i primi. Una frase semplice ma rivoluzionaria, che guida ogni loro passo.
In un mondo spesso distratto dal superfluo, la storia di Pino e Daniela ci ricorda cosa conta davvero: costruire legami autentici, amare senza riserve e credere nel potere trasformativo della condivisione.
Casa famiglia di Pino e Daniela Pasolini
Foto di Francesco Pasolini