Salari da fame e contratti irregolari colpiscono sempre più lavoratori in Italia. Esperti e giuristi si riuniscono per discutere delle responsabilità di sindacati e istituzioni nel garantire diritti e dignità. La questione del salario minimo torna al centro del dibattito.
I “
working poors”, o “poveri nonostante il lavoro”, rappresentano una realtà in crescita anche in Italia, dove salari insufficienti e contratti irregolari mettono a rischio la dignità dei lavoratori. Come si legge nelle pagine di
Famiglia Cristiana questo fenomeno è stato al centro di un convegno organizzato dalla rivista
Lavoro diritti Europa presso l’Università Statale di Milano, dove esperti del settore hanno denunciato le condizioni di sfruttamento diffuse in vari ambiti lavorativi, compreso quello culturale.
La situazione è allarmante: secondo i dati forniti dalla Procura di Milano,
molti lavoratori percepiscono stipendi al di sotto della soglia di povertà, contravvenendo all’articolo 36 della Costituzione italiana, che stabilisce il diritto a una retribuzione proporzionata e sufficiente a garantire un’esistenza dignitosa. «Ho letto la deposizione di una lavoratrice, con a carico la madre anziana e malata, che vive con lei in un dormitorio pubblico perché con il suo stipendio non può permettersi di prendere in affitto una casa», ha commentato
Piero Martello, direttore della rivista e magistrato.
Le nuove forme di sfruttamento
Il convegno, intitolato “Sfruttamento del lavoro e modelli organizzativi tra prevenzione e repressione”, ha messo in luce come il caporalato si stia diffondendo anche nel settore della cultura, con esempi di lavoratori pagati solo 4 euro all’ora per ruoli come maschere teatrali. Questa tendenza non si limita a un singolo settore, ma coinvolge anche supermercati, logistica e commercio. Martello ha sottolineato che «stiamo assistendo a situazioni di sfruttamento che credevamo scomparse dalla storia», evidenziando come il bisogno costringa molti a accettare condizioni lavorative inaccettabili.
Il pm
Paolo Storari ha avviato indagini su queste pratiche, rivelando che molte aziende forniscono manodopera a terzi, creando distorsioni nel mercato. «Io lo chiamo il metodo Storari», ha affermato Martello, spiegando che le indagini portano spesso a regolarizzazioni delle situazioni illecite durante l’istruttoria, con le aziende che pagano i contributi non versati e aumentano gli stipendi fino al 40% per rispettare i livelli costituzionali.
Il ruolo delle istituzioni e dei sindacati
Martello ha anche messo in evidenza la responsabilità di sindacati, istituzioni e datori di lavoro nel prevenire queste situazioni. «
Quando si arriva al penale, vuol dire che qualcosa prima non ha funzionato», ha dichiarato, sottolineando l'importanza di un intervento tempestivo da parte dell’ispettorato del lavoro e delle associazioni di categoria. La proposta di introdurre un salario minimo, accantonata in Parlamento, è stata citata come una possibile soluzione per contrastare il fenomeno.
Con retribuzioni che si aggirano attorno ai 4,60 euro lordi all’ora, è difficile immaginare come i lavoratori possano sostenere le proprie famiglie. «Con stipendi così bassi, come si riesce a campare?», si chiede Martello, richiamando i diritti umani fondamentali riconosciuti dalle Nazioni Unite, come il diritto alla vita e alla libertà dalla schiavitù.
La questione solleva interrogativi profondi sulla condizione attuale del lavoro in Italia e sull'eredità del Novecento, un secolo caratterizzato da conquiste significative in termini di diritti e dignità lavorativa. «
Cosa resta della nostra storia?», conclude Martello, lasciando aperta una riflessione su un tema che continua a essere di drammatica attualità.