Danni ingenti ad alcune strutture della Comunità Papa Giovanni XXIII, ragazzi fragili in difficoltà. Ad un mese dal disastro ora bisogna ricostruire. Intervista alla referente di zona Elisabetta Cimatti
Una comunità terapeutica, una casa famiglia e famiglie aperte all'accoglienza si trovano senza una casa o con una casa da ristrutturare. E intanto le persone accolte trovano solidarietà. Ecco come aiutarli.
«Stiamo vivendo la prima fase studio della ricostruzione. Ci sono strutture in cui si potrà rientrare entro un mese; per alcune occorre trovare una soluzione diversa e abbiamo già qualche idea: queste potranno rientrare probabilmente dopo l’estate; ce ne sono alcune che non potranno rientrare, per cui contando sulla "Provvidenza", stiamo cercando una soluzione nuova che sarà pronta fra un anno o un anno e mezzo». Elisabetta Cimatti, di professione psicologa, responsabile della "zona Romagna" della Comunità Papa Giovanni XXIII, sintetizza così la situazione delle strutture della Comunità che sono state colpite dall’alluvione del 17,18 e 19 maggio scorsi. Il dramma che ha colpito molte zone della Romagna, lasciando migliaia di famiglie senza casa, tante imprese con officine e magazzini distrutti, ha toccato, e in maniera non lieve, anche la Comunità fondata da don Oreste Benzi.
Alluvione: la comunità terapeutica della Comunità Papa Giovanni XXIII non ha più una casa
Sono rimasti senza una sede i ragazzi che erano ospiti di una comunità terapeutica per tossicodipendenti. L’acqua ha invaso completamente il piano terra della casa, distruggendo all’interno tutto il mobilio e all’esterno tutti i mezzi, auto e pullmini. Adesso gli ospiti sono accolti in un’altra comunità terapeutica vicino a Forlì dove possono continuare il loro percorso. «Per la comunità terapeutica – spiega Elisabetta Cimatti - stiamo aspettando che i muri si asciughino per poter poi eseguire interventi importanti di ristrutturazione, sia all’interno che all’esterno. Dovranno essere rifatti anche tutti gli impianti. Stiamo facendo preventivi, e nello stesso tempo stiamo ordinando i mezzi nuovi perché nell’alluvione sono andati persi due pulmini e tre auto. Si spera che a settembre sia tutto pronto, anche se molto dipenderà dai tempi degli artigiani che devono rifare gli impianti».
Senza tetto anche una casa famiglia
Senza tetto anche una casa famiglia dove sono ospitati anche alcuni ragazzi disabili. «Fortunatamente – racconta Elisabetta – per questa struttura sono già cominciati interventi di ristrutturazione. Si spera possano rientrare entro un mese. C’è però da riacquistare tutto il piano terra, dalla cucina agli elettrodomestici, dal salotto al computer e al televisore. Alcuni ragazzi più grandi sono rimasti al primo piano, dove l’acqua non è arrivata, e cercano in qualche modo di autogestirsi in rapporto con un’altra casa famiglia. I ragazzi con disabilità, insieme al responsabile, sono ospiti di un’altra casa famiglia. Quella è una casa famiglia di riferimento di tutto il territorio di Faenza. Nel pomeriggio si popola di volontari, di ragazzi tirocinanti, di altri ragazzi di famiglie faentine che fanno percorsi di sollievo all’interno della casa. Purtroppo in questo periodo abbiamo dovuto ridurre al minimo queste attività che saranno ripristinate solo quando sarà terminata la ristrutturazione dell’edificio».
Frane nei centri d'accoglienza
Sono stati colpiti, non dall’acqua ma dalle frane, due centri di accoglienza per profughi ospitati sulle colline romagnole. Un primo centro è già stato riattivato, mentre il secondo, situato a Predappio Alta, è alla ricerca di una soluzione.
Fino al 1 luglio gli ospiti sono stati accolti da una struttura della curia di Ravenna. Dal 1 luglio si trasferiranno in una casa di Modigliana messa a disposizione dalle suore dell’Istituto Lega. «Ma anche questa – avverte Cimatti – è una soluzione provvisoria, per cui siamo alla ricerca di una struttura definitiva».
Gara di solidarietà per aiutare le case famiglie alluvionate
C’è infine la situazione di alcune famiglie della Comunità aperte all’accoglienza che hanno subito danni di diversa natura e ai quali si cerca di offrire una soluzione. «Alcuni bisogni stanno emergendo anche adesso, cerchiamo di far fronte a tutte le situazioni».
Per fortuna la solidarietà non è mancata. «Certo – racconta Elisabetta – l’aiuto è stato grade. A partire dagli amici della Comunità che si sono rimboccati le maniche e sono venuti a spalare il fango, a lavare le cose. Ma sono arrivati anche altri amici, persone che in passato sono stati ospiti di strutture della Comunità. Questi sono stati i primi aiuti della Provvidenza, poi è scattata una grande gara di solidarietà, in tanti hanno risposto e stanno rispondendo all’appello a donare pubblicato sul sito della Comunità. Accanto alla fatica che stiamo vivendo c’è questo incoraggiamento da parte di tante persone che ci vogliono bene, si fidano della Comunità. Abbiamo avuto costi importanti, molto abbIamo già speso e molto spenderemo per ripristInare tutte le situazioni. Ci sono anche spese temporanee ingenti: finché non arrivano le auto nuove, dobbiamo fare noleggi o aggiustare auto vecchie che hanno bisogno del meccanico».
Voi della comunità come avete vissuto questa circostanza? È stata una prova faticosa? «È stata certamente una grande prova perché ci ha fatto vedere che da un giorno all’altro puoi perdere tutte le sicurezze umane, e quando accogli persone fragili questo è ancor più complicato, perché si destrutturano facilmente. Però è stata una conferma che ciò in cui dobbiamo riporre le nostre sicurezze non solo le cose umane ma è sempre il Signore».