Ieri, 3 settembre, un vasto incendio si è sviluppato nella sede della Comunità Papa Giovanni a Sant'Aquilina di Rimini. Le fiamme si sono sviluppate in un capannone per il ricovero attrezzi ad uso della vicina comunità terapeutica, la più grande dell'associazione internazionale fondata da don Benzi. Nell'incidente è andato a fuoco l'intero capannone di 350 metri quadri, inclusi un muletto, attrezzature varie, un camion parcheggiato vicino ed un impianto fotovoltaico da 20 Kw sul tetto.
Stamane è rimasto solo il telaio d'acciaio della struttura mentre un presidio dei vigili del fuoco monitora la situazione. Nessuna persona è rimasta coinvolta nel rogo.
Non è ancora chiaro cosa abbia innescato l'incendio che si è sviluppato verso le 17.20 quando il laboratorio era già chiuso ed anche i vicini uffici amministrativi dell'Associazione stavano chiudendo. Sono intervenute quattro squadre dei Vigili del fuoco che hanno impiegato diverse ore per domare le fiamme, alimentate dai materiali presenti. L'alta colonna di fumo era visibile a decine di chilometri di distanza.
La struttura si trova a venti metri dagli uffici amministrativi centrali dell'Associazione, che fortunatamente non sono stati interessati dalle fiamme. L'allarme è stato lanciato dai ragazzi ospiti della comunità appena hanno visto il fuoco divampare dal capannone.
Il capannone andato distrutto era utilizzato dal Pronto soccorso sociale di Sant'Aquilina, il cui responsabile è don Nevio Faitanini, 77 anni, storico collaboratore di don Oreste Benzi sin dagli albori dell'Associazione negli anni '60.
Sono esattamente 40 anni che don Nevio ha aperto la struttura di Sant'Aquilina, in via Valverde, sulle prime colline di Rimini, vicino la strada consolare che porta alla Repubblica di San Marino. Una casa che è un punto di riferimento per il territorio e l'intera Regione.
Ospita circa 70 persone, tra coloro che risiedono in forma residenziale e semi-residenziale. Qui da 40 anni vengono accolti gli ultimi tra gli ultimi, spesso i casi più disperati, quelli che le hanno provate tutte. Persone con dipendenze patologiche, alcune con disabilità e problemi psichiatrici, nonché diversi carcerati che finiscono di scontare la pena in comunità.
Grazie alla sua tempra don Nevio, autorevole e amorevole al medesimo tempo, riesce dove altri hanno fallito. È anche il cappellano del carcere di Rimini dove ha la possibilità di incontrare i detenuti e proporre loro, quando possibile, un percorso rieducativo espiando la pena fuori dalle sbarre.
Il capannone bruciato era utilizzato dagli ospiti della comunità. Qui erano ricoverati gli attrezzi, i trattorini a disposizione dei ragazzi per le attività del loro programma terapeutico che comprende la cura dell'orto, dei frutteti, dell'uliveto, del giardino presenti nel vasto campo che circonda la casa bianca di via Valverde. Qui venivano trasformati i prodotti, come la passata o la marmellata, ad uso interno della casa che ad ogni pasto mette in tavola quasi un centinaio di persone tra accolti, operatori e volontari.
Il capannone era uno spazio vitale per la comunità. Adesso queste attività si sono fermate. E con esse si ferma – o meglio si dovrà modificare – una parte del programma terapeutico di questi ragazzi.
È bruciato anche il camioncino con cui si andava a ritirare la “provvidenza”, le eccedenze alimentari dei supermercati, doni delle aziende vicine, vestiti. Tutto quello che il territorio dona ai ragazzi di don Nevio.
Tante persone hanno visitato questa casa, le cui porte sono sempre aperte, pronte ad accogliere chiunque bussi. E chiunque entri resta colpito dai tanti volti, un'umanità ferita, che questo prete accoglie instancabilmente da 40 anni, insieme ad una decina di collaboratori, sulle orme di don Benzi. «Se lo chiede don Nevio, lo faccio» ripetono.
Ieri don Nevio non proferiva parola mentre guardava il suo capannone bruciare. Alcune lacrime gli rigavano il volto. Pensava ai suoi ragazzi. Adesso dovrà ancora una volta tendere la mano per dare una speranza a quelli che bussano alla sua porta.
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