Foto di Alessio Zamboni
Si sta tenendo la 58° sessione ordinaria del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite, un'occasione importante in un momento storico dove i diritti umani sono messi a rischio per molte persone a causa dei conflitti, della povertà e delle emergenze climatiche. Ecco cosa aspettarci da questa sessione del Consiglio.
Dal 24 febbraio al 4 aprile si svolge a Ginevra la 58° sessione ordinaria del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite. Si tratta del più alto consesso internazionale per la tutela e la promozione dei diritti umani, in cui rappresentanti dei governi e della società civile provenienti da tutto il mondo, insieme ad esperti ed esponenti dell'ONU, approfondiscono e si confrontano sulle violazioni dei diritti umani e sugli strumenti del diritto internazionale per prevenirle, monitorarle ed affrontarle. La sessione di marzo (una delle tre sessioni regolari annuali) è il primo degli appuntamenti centrali nel fitto calendario annuale di iniziative che il sistema delle Nazioni Unite dedica ai diritti umani.
Ma cosa possiamo aspettarci nel 2025 da questo sistema? Nell'anno dell'80° anniversario dell'ONU, l'evoluzione del contesto geopolitico con i suoi repentini e drammatici cambiamenti non sembra offrici aspettative molto incoraggianti. Le disuguaglianze continuano ad aumentare a tutti i livelli, gli effetti dei cambiamenti climatici sono sempre più violenti e imprevedibili, le guerre divampano con la popolazione civile ormai obiettivo principale in tutti i conflitti armati...
La necessità di un approccio multilaterale per risolvere i conflitti
Il sistema multilaterale sviluppato dalla fine della 2° Guerra Mondiale è sotto attacco e appare sempre più inadeguato e non in grado di rispondere alle sfide che ci minacciano. Eppure, sono proprio le conseguenze di questa sua fragilità che ci fanno capire quanto ne abbiamo bisogno!
L'unico approdo possibile che non sia conflitto permanente e violenza sistematica, infatti, è un rinnovato multilateralismo che funzioni, un sistema di regole globali basato sulla forza dello stato di diritto piuttosto che sul diritto del più forte. Ma più che la precaria volontà dei governi, sono la spinta e l'impegno che vengono dal basso, dai cittadini, dalla società civile che potranno riempire di senso e prospettiva un multilateralismo così indebolito, e metterlo davvero al servizio dei diritti umani, della pace e della solidarietà.
Come Comunità Papa Giovanni XXIII, partecipare attivamente e costruttivamente al sistema multilaterale dell'ONU (e in particolare al Consiglio Diritti Umani, come regolarmente facciamo da più di 15 anni) è un contributo concreto che abbiamo la responsabilità di offrire a questa prospettiva di bene comune, una risposta alle speranze di riscatto e giustizia di chi incontriamo quotidianamente alle frontiere dell'emarginazione.