Durante la peste a Milano, nel 1576, visitò personalmente e coraggiosamente i colpiti. Diceva: «Tutte le vostre cose si facciano nella carità e così avremo le forze per generare Cristo in noi e negli altri»
Carlo Borromeo nacque il 2 ottobre del 1538 ad Arona (in Piemonte), da Margherita Medici di Marignano e Gilberto II Borromeo. Fece gli studi universitari a Pavia. Nipote del papa Pio IV, fu da lui nominato cardinale e segretario privato quando aveva poco più di vent'anni. In tale veste partecipò ai lavori del Concilio di Trento (1562-1563). Divenne prete nel 1563.
Dopo la morte dello zio, nel 1566 prese possesso dell'arcidiocesi di Milano, nella quale da circa ottant'anni mancava un arcivescovo residente. Si impegnò molto nella formazione del clero e fu instancabile nel visitare le popolazioni affidate alla sua cura pastorale e spirituale. Diede un forte impulso all’apostolato dei laici. Nel 1576 a Milano ci fu una epidemia di peste e Carlo visitò personalmente e coraggiosamente i colpiti dal terribile morbo.
Morì a Milano il 3 novembre 1584 e l'intero suo patrimonio venne lasciato in eredità ai poveri. Fu proclamato beato nel 1602 e canonizzato il 1º novembre del 1610. Lo si ricorda il 4 novembre.
Di nobile origine, condivise i suoi averi con i poveri
Discendente per parte di padre di una nobile famiglia milanese e nipote di Papa Pio IV per via della madre, riuscì a non lasciarsi sedurre dalla tentazione del potere e della ricchezza e divenne un pastore al servizio del popolo che condivise i suoi averi con i poveri.
Chiamato giovanissimo a Roma dallo zio Papa, alla morte di quest’ultimo liquidò i suoi averi: distribuì le opere d’arte, rese i titoli d’abate agli ordini religiosi e si trasferì come arcivescovo a Milano, una diocesi immensa che estendeva la sua giurisdizione anche su parte della Liguria, del Veneto e del Canton Ticino.
Aveva 28 anni ma si rivelò un organizzatore geniale e un lavoratore instancabile! La diocesi venne suddivisa in 12 circoscrizioni: 6 per la cinta cittadina e 6 per la campagna, le quali poi erano suddivise in vicariati foranei. Visitava personalmente le parrocchie, venendo a contatto diretto con i suoi preti e con il popolo. Si spese per la preparazione dei sacerdoti, secondo le direttive del Concilio di Trento, fondando il seminario maggiore a Milano e seminari minori a Como, Bergamo, Arona e nel Canton Ticino.
Andò ad assistere gli ammalati di peste
La vicinanza al popolo gli fece capire le varie esigenze e quindi aprì orfanotrofi, ospizi, asili notturni per i mendicati, mense popolari.
Riportò l’ordine e la disciplina nei conventi, con un tale rigore da subire un attentato alla sua vita.
Nel 1576 scoppiò la peste a Milano e mentre il governatore della città fuggiva con tutta la sua famiglia, Carlo che si trovava in visita pastorale fuori dalla città, si affrettò a rientrarvi, organizzando i soccorsi, impegnando tutte le risorse della diocesi e vendendo beni del suo patrimonio familiare, oltre ad assistere personalmente gli ammalati.
A causa della sua attività pastorale senza sosta, dei frequenti viaggi, delle continue penitenze, la sua salute peggiorò rapidamente fino a che la morte lo colse a soli 46 anni. La sua azione instancabile per la Chiesa è un modello ancora attuale per i vescovi e non solo!